Se fossimo in un film western (o a Casoria la notte di capodanno) la notizia andrebbe accolta con un cerimoniale di fucilate verso il cielo e grida di giubilo. La legittima difesa, per strenua volontà della Lega e del suo principale esponente – con buona pace dei 5S che l'hanno sottoscritta – è legge dello Stato, senza se e senza ma. C'è anche da dire, per quanto poco di sociologico si possa trarre da un "Per un pugno di dollari" qualsiasi, che nell'ambientazione western non si necessita di alcun iter democratico per sparare qualche pallettone addosso al ladro di bestiame che, furtivo nella notte, si addentrasse nella nostra sacra, inviolabile, proprietà. In quanto al principio di proporzionalità tra offesa e difesa e per quanto riguarda la necessaria oggettività di turbamento affinché si possa parlare di situazione di grave pericolo che necessiti dell'autodifesa in sostituzione di quella già garantita dallo Stato, per un Clint Eastwood qualsiasi (o il suo omologo di Vicenza) sono bazzecole da dottori in legge. Venendo però a mancare (Dio ce ne scampi e liberi), nella nostra società così lontana dai set di Cinecittà, il principio che la legge coincida con il più forte e brutale del branco, quello cioè in grado di farla rispettare a revolverate, la questione del provvedimento tanto agognato da Matteo Salvini, in difesa di quelle che lui chiama "vittime dello Stato" – cioè cittadini che dopo aver sparato o ucciso un ladro sorpreso nella propria abitazione o attività lavorativa sono stati condannati da un Tribunale a risarcire la vittima o i familiari –, diventa un po' più articolata.
Il lungo e sanguinoso dibattito che ha accompagnato i lavori parlamentari per la stesura della nuova legge è stato essenzialmente caratterizzato dalla contrapposizione di chi teme pericolose derive giustizialiste e una conseguente proliferazione, in stile Usa, delle armi nel cassetto del comò e chi ritiene il provvedimento un netto passo avanti nella strada della giustizia, che è sempre dovuta nei riguardi delle vittime di furto o di qualsiasi intrusione non gradita nei luoghi della sfera privata. La normativa, nella sua sostanza, va a rivedere, in favore dell'aggredito, il principio di proporzionalità, tenendo in debita considerazione lo stato di trauma interiore vissuto dalla vittima in una situazione certamente extra ordinaria. In particolare, per tutta quella serie di reati derivanti da un "eccesso di difesa" non congruo all'offesa subita, il legislatore è intervenuto delineando come necessario (e non punibile) lo stato di "forte agitazione e turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto".
È proprio su questo necessario turbamento che ci si interroga. Un conto, infatti, è la legge nella sua forma scritta e teorica, tutt'altro mondo quello della realtà in cui va ad insistere. La speranza è che questa ulteriore garanzia non sfoci nella violenza indiscriminata (e mai tollerabile), ma che funga semmai da deterrente per ladri e ladruncoli e porti a un'effettiva diminuzione dei reati. Ma ben più importante è che tale stato di turbamento venga riconosciuto e delineato in maniera assolutamente oggettiva da un giudice e non delegato alla soggettiva esperienza del malcapitato di turno. Sembra un'ovvietà, eppure anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel promulgare ufficialmente la legge, ha tenuto a fare questa esplicita precisazione al governo, affinché non passi l'idea che la giustizia personale possa in qualche modo sostituire quella ordinaria costituzionalmente prevista. Paletti, giuridici e di principio, ma pur sempre paletti che il primo difensore della Costituzione non poteva non palesare, soprattutto visto il clima non propriamente zen che sta attraversando in lungo e in largo la Penisola. Da parte sua il ministro degli Interni Matteo Salvini, ha dichiarato di ascoltare «con interesse estremo i rilievi del capo dello Stato, ma la legittima difesa è legge dello Stato e i rapinatori da oggi sanno che se entrano in una casa, un italiano può difendersi senza rischiare di passar anni davanti a un tribunale in Italia». Difendersi, appunto. Non sostituirsi all'autorità predisposta. Uomo avvisato…
di Alessandro Leproux
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