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Mattarella ‘striglia’ il governo sul Venezuela, ma nel Paese si riaccende lo scontro politico



Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ‘striglia’ il governo Conte sulla posizione debole e incerta che ha preso sulla situazione in Venezuela e che si può riassumere nel classico ‘né né’: né con Maduro né con Guaidò. Il Capo dello Stato parla di Venezuela a margine, e a sorpresa, di una visita al centro Astalli di Roma che aiuta i rifugiati. Serve “chiarezza su una linea condivisa con tutti i nostri alleati e i nostri partner della Ue”, dice Mattarella. E poi: “non ci può essere incertezza né esitazione” perché la scelta è tra “la volontà popolare e la richiesta di autentica democrazia da un lato e dall'altro la violenza della forza”. Il presidente ricorda il legame “strettissimo” con il Venezuela “per i tanti italiani che vivono lì e per i tanti venezuelani di origine italiana”. Insomma, la presa di posizione del Colle è netta e chiara, anche se i suoi collaboratori provano a smussarla dicendo: non è “una critica” al governo Conte.


Certo è che la questione scotta, specialmente dopo il riconoscimento del presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana come presidente ad interim da parte di molti paesi europei (Spagna, Francia, Gran Bretagna, Svezia, Germania e Austria) che ha, di fatto, isolato l’Italia. E le parole del Capo dello Stato vengono subito interpretate, specie dalle opposizioni, come una critica all’equidistanza dell’esecutivo Conte, di fatto contrario al riconoscimento di Guaidò. Pier Ferdinando Casini ringrazia Mattarella “che con le sue alte parole ha risposto al pressante grido degli italiani a Caracas che ieri, in apertura della manifestazione popolare, si erano rivolti a lui. “Per il governo - sottolinea l’ex presidente della Camera - il tempo delle parole è finito. L’Italia non può continuare a sostenere un’inaccettabile equidistanza tra Maduro e il Parlamento”.


Ma la difficoltà del governo italiano a prendere una posizione netta è stata evidente fin dall’inizio del golpe. Infatti, le posizioni di Lega e 5 Stelle divergono. Questi ultimi, con Alessandro Di Battista, sono nettamente contrari al riconoscimento di Guaidò e si sono schierati pro Maduro. I leghisti, come ricordano fonti del partito, ritengono, invece, Nicolas Maduro “uno degli ultimi dittatori di sinistra rimasti in giro che governa con la forza e affama il suo popolo” e auspicano “libere elezioni il prima possibile”. Ma Di Battista ribadisce la posizione del Movimento: “Ci vuole coraggio a mantenere una posizione neutrale in questo momento, lo so. L’Italia non è abituata a farlo. Ci siamo sempre accodati in modo vile agli esportatori di democrazia”, scrive su Facebook. E continua: “L’Europa dovrebbe smetterla una volta per tutte di obbedire agli ordini statunitensi. Il mondo va avanti. Suggerisco coraggio e lungimiranza e soprattutto una difesa sostanziale dell’art.11 della Costituzione”. Peraltro, i senatori 5Stelle della commissione Esteri sostengono, in contraddizione almeno apparente con Di Battista, che “non riconoscere la presidenza Guaidò non significa rimanere neutrali né, tantomeno, appoggiare Maduro: significa sostenere con fermezza la strada del dialogo e della non ingerenza”.


Il Pd, intanto, reclama un voto del Parlamento sul tema. Lo fa Maurizio Martina, sottolineando che “la dittatura di Maduro deve finire. E l’Italia deve stare accanto agli altri paesi europei”. Attacca il governo anche l’ex premier Matteo Renzi che dice di provare “imbarazzo e vergogna per la posizione italiana. Stop alla dittatura di Maduro!”. Renzi, insieme a Casini e al capogruppo Pd al Senato, Andrea Marcucci, ha presentato una mozione al Senato che, “cogliendo anche l’appello del capo dello Stato”, chiede al governo italiano di “riconoscere Guaidó come presidente ad interim per convocare in tempi brevi nuove elezioni libere”. Anche Forza Italia annuncia una mozione per dire sì a Guaidò presidente e attacca: “Rifiutando il riconoscimento di Guaidò, il governo italiano appoggia un dittatore comunista” dice la vice-presidente della Camera, Mara Carfagna. Sulla stessa linea è anche Fratelli d’Italia.


di Ettore Maria Colombo

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