La SIMG prosegue con successo le iniziative volte ad aggiornare i Medici di Famiglia con la collaborazione di specialisti e istituzioni.
L’insorgenza delle nuove varianti di SARS-CoV-2e la presa in carico del paziente con COVID-19.
L’IMPORTANZA DELL’ AGGIORNAMENTO SCIENTIFICO IN TEMPO DI PANDEMIA – Gli ultimi sviluppi della pandemia hanno nuovamente mutato lo scenario. La variante Omicron ha avuto un effetto dirompente, con un notevole incremento dei contagi che sta mettendo a dura prova l’attività dei medici di famiglia. Per far fronte a questo quadro in continua evoluzione, la SIMG – Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, in qualità di società scientifica, sta portando avanti un progetto di formazione continuo della medicina generale attraverso corsi di aggiornamento online serali realizzati periodicamente, strumento veloce ed efficace per stare al passo con i tempi. Una mission pienamente condivisa con le istituzioni e le autorità sanitarie, sempre presenti con esponenti di alto profilo. Nel recente webinar “Omicron: la variante diversa” sono stati presenti ben 1700 collegamenti in grado di distribuire la corretta informazione scientifica a milioni di italiani, desiderosi di acquisire aggiornamenti su un tema delicato e soggetto a continue novità. In questa occasione sono stati infatti analizzati nuovi aspetti sull’insorgenza delle varianti ed è stato delineato il corretto comportamento del Medico di Medicina Generale nel processo di diagnosi, gestione ed avvio del paziente a terapie specifiche. Per l’occasione, oltre ai rappresentanti della SIMG, sono intervenuti diversi specialisti, rappresentanti dell’Istituto Superiore di Sanità e Andrea Siddu, Direzione Generale della Prevenzione sanitaria, Ministero della Salute.
“Servono nuove indicazioni ai Medici di Medicina Generale, che stanno lavorando al massimo del loro sforzo professionale – sottolinea il Prof. Claudio Cricelli, Presidente SIMG – Stiamo affrontando i problemi relativi a questa variante Omicron sin dalla sua comparsa, avvalendoci della collaborazione di numerosi specialisti e delle autorità sanitarie. Una riflessione in questo preciso momento storico ci consente di intervenire su conoscenze maggiormente sedimentate e al contempo di offrire strumenti per comprendere i fenomeni legati all’evoluzione pandemica, producendo report giornalieri sull’andamento della situazione a livello territoriale: dai contatti stretti ai malati sintomatici e non”.
“L’approccio al paziente positivo al SARS-CoV-2 parte da concetti consolidati come il triage telefonico e la telemedicina, utili per diagnosi e monitoraggio – spiega il Dott. Ignazio Grattagliano, Coordinatore SIMG Puglia – Segue immediatamente una stratificazione del rischio utile per prendere decisioni clinico-terapeutiche, e che rende la medicina sempre più ad personam: vanno valutati durata e severità dei sintomi, la capacità di un ambiente domestico e dei fattori sociali per capire se sia possibile contenere l’infezione a casa oppure si debbano valutare ricovero o approcci terapeutici differenti. In caso di infezione asintomatica sarà sufficiente semplicemente osservazione e monitoraggio. In caso di malattia lieve si procede alla stratificazione del rischio: se è assente o basso si mantiene il solo monitoraggio; se invece fosse alto, scatta l’allerta e si valuta una terapia specifica. Se la malattia è già di grado moderato-severo si passa direttamente al ricovero”.
LA STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO – “L’impatto clinico del Covid è molto spesso proporzionale alla quantità di fattori di rischio presenti e che rendono il soggetto vulnerabile – aggiunge il Dott. Grattagliano – Si parte dalla storia e dalla sintomatologia del paziente. Un primo elenco di variabili si può delineare con età, sesso, presenza di malattie respiratorie, malattie dell’apparato cardiocircolatorio, diabete mellito e altre malattie metaboliche, obesità, insufficienza renale cronica, tumori, insufficienza surrenalica, malattie degli organi emopoietici e emoglobinopatie, epatopatie croniche, malattie infiammatorie croniche o autoimmuni, malattie da immunodepressione (anche causate da farmaci immunosoppressori)”.
“L’importanza della vaccinazione parte proprio da questo schema che è stato varato nella prima fase della pandemia ma tuttora ancora valido – conferma il Dott. Alessandro Rossi Coordinatore SIMG Umbria – Oggi si sono aggiunti i dati relativi alla vaccinazione: il tipo di vaccino, le dosi somministrate, la distanza temporale dalla vaccinazione. Il vaccino resta infatti sempre il principale baluardo per arginare gli effetti più gravi dell’infezione e la contagiosità del virus”.
MONOCLONALI E ANTIVIRALI: IDENTIKIT DEI PAZIENTI – Di fronte a un paziente positivo a rischio di evoluzione si possono prescrivere gli anticorpi monoclonali, disponibili in Italia da febbraio 2021, o gli antivirali, di recente approvazione.
“In base alle indicazioni di AIFA, l’identikit del paziente che può essere soggetto ai diversi approcci terapeutici oggi disponibili per gran parte coincide – evidenzia il Dott. Grattagliano – In entrambi i casi ci si rivolge a un paziente che presenti le seguenti caratteristiche: indice di massa corporea >30kg/m2 oppure >95 percentuale per età e per genere; insufficienza renale cronica, incluse dialisi peritoneale o emodialisi; diabete mellito non controllato o con complicanze croniche; broncopneumopatia cronica ostruttiva e/o altra malattia respiratoria cronica (come asma, fibrosi polmonare, necessità di ossigenoterapia per ragioni differenti da SARS-CoV-2); malattia cardio-cerebrovascolare (inclusa ipertensione con concomitante danno d’organo); immunodeficienza primitiva o secondaria. I monoclonali (che devono essere somministrati nei primi 3-5 giorni dall’infezione e non oltre i primi 10, altrimenti perdono di efficacia) si indirizzano specificatamente anche a chi abbia più di 65 anni, a pazienti affetti da epatopatia cronica, da emoglobinopatie, da patologie del neuro sviluppo e patologie neurodegenerative. I nuovi antivirali si contraddistinguono per rivolgersi a chi abbia più di 18 anni e pazienti con patologia oncologica/oncoematologica in fase attiva. Nel caso in cui il medico di famiglia ravvisi i fattori di rischio adeguati, provvederà a segnalare il paziente al centro specialistico più vicino che avvierà il trattamento opportuno”.
VARIANTE OMICRON E ANTICORPI MONOCLONALI – “Gli studi realizzati nel corso del 2021 hanno certificato una riduzione del rischio di ospedalizzazione tra il 70% e l’80% mediante la somministrazione di anticorpi monoclonali nei primi giorni dell’infezione in soggetti con covid paucisintomatico – ha sottolineato il Prof. Andrea Antinori, direttore UOC Immunodeficienze Virali INMI Spallanzani, Roma – Secondo il report AIFA del 4 gennaio, sono più di 30mila le persone trattate in Italia con gli anticorpi monoclonali. Quanto avvenuto in questo ambito nel 2021 è una storia di successo, che vede protagonista la Medicina Generale che ha ben selezionato e indirizzato al trattamento i pazienti. E’ tuttora in fase di valutazione la reale efficacia di questa terapia nell’infezione da variante Omicron”.
L’EVOLUZIONE DEL VIRUS E LE NOVITA’ DI OMICRON – Le varianti sono un fenomeno fisiologico dei virus, i quali, al contrario dei batteri, mutano solo se replicano. “Il nostro obiettivo è evitare che il virus si replichi, aumentando patogenesi e capacità di mutazione – evidenzia il Prof. Carlo Federico Perno, Direttore di Microbiologia, Ospedale Bambin Gesù di Roma - Non a caso, Omicron è nata in un Paese dove il tasso di vaccinazione è molto basso. Sul fatto che Omicron rappresenti un’evoluzione benigna non abbiamo ancora alcuna evidenza. Sicuramente sui soggetti vaccinati è meno patogenetica, ma resta più replicativa. L’effetto di queste due tendenze potrebbe essere negativo se l’aumento della replicazione fosse di gran lunga superiore rispetto alla diminuzione della patogenicità”.
“Quello che si è compreso in tutte le varianti che si sono succedute, è che una che abbia una maggiore diffusività e trasmissibilità consente al virus un vantaggio selettivo – ha concluso la Dott.ssa Paola Stefanelli, Dipartimento Malattie Infettive, Istituto Superiore di Sanità - In Omicron vi è una virulenza intrinseca legata al maggior numero di casi che può determinare. L’ISS da più di un anno realizza periodicamente delle survey: al 6 dicembre si stimava una prevalenza di Omicron sul territorio nazionale dello 0,2%, divenuto del 21% al 20 dicembre, mentre nei dati del 3 gennaio che saranno a breve disponibili è destinata a diventare prevalente. Tuttavia, c’è ancora una presenza di Delta e reinfezioni con Omicron. Bisogna capire se in uno scenario con un’elevata copertura vaccinale Omicron sarà in grado di prevalere e di soppiantare la Delta e quali saranno le possibili conseguenze future”.
Di Daniel Della Seta
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