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Metti una sera a Sanremo: lo sketch “satanico” della Raffaele che fa gola alla politica nostrana



Ah come ci manca Sanremo! L'estasi dei sensi, il brivido della competizione, la musica a fare da sottofondo alle umanissime vicende nostrane. Il clima di festa che contagia tutti, il ballo di San Vito della polemica. Sembra già passata un'eternità (#Mahmoodchi? è già trend), eppure è roba di pochi giorni. Tornati alle "banali" vicende della vita quotidiana, al grigiore delle solite questioni, tra migranti che vogliono scendere e il Pil che non vuole salire, gli strascichi del festival più chiacchierato degli ultimi anni (formula per altro spendibile per ogni santa edizione) tornano a riaccendere, seppure per poco, giusto il tempo di sentir crescere la nostalgia, i riflettori attorno alla rassegna musicale più scordata che ci sia. Questa volta il doveroso grazie lo si deve all'associazione degli esorcisti. A loro, e in particolare al loro paladino don Aldo Bonaiuto, il merito di aver riportato almeno per qualche ora al centro del dibattito politico, che di certo non scarseggia per temi caldi, le magiche serate spese sul divano sognando, almeno per una volta in questo paese, di fare la differenza col proprio voto. L'edizione che ha messo in croce il titolare del trono di RaiUno (quella Teresa De Santis rea di aver "leghizzato" la tv nazionale) passata agli annali come l'ennesimo esempio di prevaricazione della cricca "illumino-radicalchic-sinistroide-echipiùnehapiùnemetta" sulla democratica espressione del tele-popolo da casa riguardo l'oscura vittoria del milanese (in parte egiziano) Mahmoood ai danni del romano Ultimo, potrebbe trovare una nuova etichetta: La sessantanovesima edizione del festival potrebbe passare alla storia come quella in cui una comica di successo ha evocato (con altrettanto successo) niente di meno che Satana. Il Re del male, signore oscuro degli inferi. Proprio lui. Quello che a noi "ciechi" è sembrato niente più che uno sketch ha, per qualcuno, spalancato le porte dell'Ade.

Eppure sembra esserci poco da ridere. Intendiamoci, che la questione per molte persone sia seria, vuoi per convinzioni religiose, per ignoranza, per esperienze di vita a cui non si è saputo trovare un diverso nome e cognome, è un punto di vista e come tale rispettabile. Ciò che torna di meno è la spropositata reazione della platea politica nazionale, che qualcuno crede alle prese con questioni di carattere più pragmatico e che invece non smette mai di sorprendere. Anche a loro, e più di noi, evidentemente manca Sanremo. Manca quel clima qualunquista, quella pochezza di argomenti che permette al dibattito istituzionale di trascendere sulle sorti di una gara di canto, manca la facilità di poter accalappiare consensi screditando contemporaneamente l'altra sponda, senza essere noiosi, ma arrivando alla testa (o alla pancia) dell'uditorio in un campo a lui più vicino e familiare. Manca insomma quel clima da campagna elettorale da camping estivo, in cui i nostri rappresentanti giocano a farsi la guerra coi soldatini. Ad aprire le danze, primo per importanza e popolarità, non poteva che essere il vicepremier leghista Matteo Salvini, per qualcuno il vero carro trainante dell'esecutivo, per tutti il capo assoluto dei social. Non si muove foglia senza che Salvini ne twitti, non casca briciola di pane&Nutella® senza che il nostro ministro degli Interni (e chi per lui) non si sia preso la briga di raccontarcelo, mandandoci baci e abbracci in postilla. «Capisco e condivido le preoccupazioni espresse da don Aldo Buonaiuto. Non bisogna sottovalutare il problema delle sette sataniche e serve affidarsi agli esperti che ci aiutano a combatterlo. È un fenomeno preoccupante, apparentemente lontano dalla esperienza quotidiana, eppure molto più vicino e più frequente di quanto si pensi». Questo il suo pensiero sulla questione delle dilaganti sette sataniche a zonzo per il Paese che, pur senza apertamente citarla, inchioda la fenomenale Virginia Raffaele nell'annovero delle streghe. Che poi la più blasfema di tutti, al netto delle dirette, divenga la "tradizionalistissima" Giorgia Meloni che si fa scappare un'imprecazione che da lei non ti aspetteresti, quello è un altro paio di maniche.

Ecco perché la nostra politica ama così tanto Sanremo, fosse per loro ce ne sarebbe di più, gli facilita la vita e gli concede il privilegio di fare politica parlando della fuffa. Per cui, come ogni anno, caro festival, non farti attendere troppo e sia mai che l'anno prossimo non atterrino i marziani a sovvertire il verdetto del televoto. Ah quanto ci manca Sanremo! P.s. Pape Satan, Aleppe!


di Alessandro Leproux

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