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Milanese: «Non temiamo il fattore tempo, raccoglieremo le firme per abolire il green pass»


Olga Milanese, tra i promotori del referendum per abolire il green pass, in un’intervista a Spraynews, presenta l’iniziativa che sta trovando il sostegno di sempre più persone contrarie alla misura adottata dal governo. L’avvocato sostiene come neanche il fattore tempo preoccupa un’iniziativa che nasce dal basso e che non ha colori politici.


Da dove parte l’idea del referendum per abolire il green-pass?


«Da una serie di incontri, dialoghi avuti con i professori Luca Marini e Francesco Benozzo, parlando delle varie possibilità per contrastare queste misure. Abbiamo, poi, valutato la possibilità di proporre il referendum, anche se i tempi erano stretti perché stiamo parlando di decreti emanati nel pieno dell’estate. Pur avendo visto tutto ciò, abbiamo deciso di provarci ugualmente e di proseguire su una strada, mantenendo aperte pure le altre già in corso, come quelle legali e giudiziarie. Proviamo a utilizzare tutti gli strumenti che l’ordinamento ci mette a disposizione per contrastare provvedimenti, che a nostro avviso, sono lesivi per la dignità dei cittadini, per i principi di uguaglianza e di non discriminazione, tutelati dalla Costituzione».


Come hanno reagito le persone alla proposta?


«Abbiamo avuto una grande risposta. Il sito ha avuto un boom di accessi. Le persone ci contattano con entusiasmo, offrendo aiuto. La riposta è positiva. L’unica difficoltà è il fattore tempo e il dover concludere in neanche un mese, quello che solitamente per gli altri referendum si fa in tre».


Non era più semplice rendere obbligatorio i vaccini?


«La strada dell’obbligo vaccinale è un po' complessa dal punto di vista giuridico. Sono trattamenti farmacologici che hanno un’autorizzazione limitata, non completa, in quanto la disciplina europea prevede che per avere un’autorizzazione definitiva qualsiasi tipo di farmaco deve essere sottoposto a una serie di studi con dati che devono essere forniti nel corso di cinque anni. Solo una volta che siano state verificate le informazioni nel quinquennio è possibile ricevere l’autorizzazione per il commercio del farmaco. Questo ovviamente non è potuto accadere con i vaccini poiché vi sono stati studi limitati nel tempo ed è venuto meno pure il gruppo placebo. Ritengo, comunque, che un obbligo fondato su questo tipo di provvedimento sarebbe difficile da giustificare».


L’Italia rispetto al resto d’Europa come si sta comportando?


«C’è una sostanziale difformità tra l’Italia e l’Europa. L’unico Paese che ha previsto l’uso del green pass, in modo così esteso, è la Francia, dove comunque pare non via sia questo grande appoggio alla misura. I cittadini non solo scendono in piazza, da mesi, a manifestare, ma si rifiutano di accettare il green pass, così come di richiederlo nelle località dove dovrebbe essere obbligatorio. Da quello che sappiamo c’è un vero e proprio rifiuto ad applicare la misura».


Mentre si permettono di fare manifestazioni di piazza dove si creano assembramenti senza chiedere nulla, si obbliga una coppia di fidanzati che va in un ristorante, dove i tavoli sono distanziati, a mostrare il certificato. Non le sembra un controsenso?


«Deve rivolgere la domanda a chi chiede il green pass. L’idea è che i cittadini, nel momento in cui lo fanno, è per rispettare una normativa. Le manifestazioni servono appunto a palesare il dissenso verso un qualcosa ritenuto illegittimo. E’ un modo del tutto civile e democratico per tentare di avere un dialogo con le istituzioni».


A causa del green pass, quanto sono state danneggiate le imprese italiane?


«I numeri sono chiari. L’Istat ci dice che nel 2020, se ricordo bene, abbiamo avuto 5 milioni in più di nuovi poveri. Sono fallite tantissime imprese. Il danno è stato enorme ed è connesso non solo all’emergenza, ma anche al tipo di soluzioni adottate per superarla».


La vostra è quindi una battaglia politica?


«Non siamo stati contattati da nessuna forza. E’ un’iniziativa che nasce da studenti e cittadini comuni, tanto è vero che non abbiamo associazioni, comitati o partiti alle spalle. Tentare, quindi, di delegittimare l’iniziativa, come qualcuno sta facendo, vuol dire che evidentemente si ha paura della risposta degli italiani. Per quanto riguarda i soggetti politici, ritengo sia un dovere sostenere la proposta referendaria. Se c’è qualcuno che è contrario alla misura, dovrebbe aiutarci nell’utilizzare uno strumento offertoci dalla Costituzione. E’ un modo concreto per manifestare, nei fatti, la contrarietà al green pass. Se c’è una forza che realmente crede che serva voltare pagina, può attivarsi, come tutti i cittadini, nell’aiutarci a raccogliere le 500mila firme necessarie».


Come ha già sostenuto in precedenza, non crede che il tempo sia troppo poco e le firme possano essere raggiunte quando il Covid, per fortuna, sia stato già battuto…


«Il green pass è istituito con leggi o con atti aventi forza di legge. Ecco perché, pure se finisce l’emergenza, il provvedimento rimane. Bisognerà, poi, capire i prossimi provvedimenti legislativi come estenderanno la misura in termini di tempo e modalità. Per la prima volta giochiamo di anticipo rispetto al governo».


Avete pensato anche a qualche iniziativa per aiutare le vittime del green pass?


«Tutti i colleghi che stanno portando avanti le battaglie giudiziarie, è chiaro che si occuperanno pure di chi ha ricevuto danni. Porteranno le loro istanze davanti ai giudici che sono gli unici deputati a valutare se effettivamente ci sono state delle penalizzazioni e in che misura. Stiamo parlando di strade parallele e che non si escludono tra loro».


Di Edoardo Sirignano


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