1. D’Alema sta per abbandonare LeU al suo destino
Con chi si schiererà l’ex premier ed ex leader del Pds-Ds, Massimo D’Alema, al prossimo congresso del Pd? Al fianco di Marco Minniti, cui lo lega un’antica e mai disconosciuta amicizia trentennale, o con Nicola Zingaretti, candidato cui guarda un pezzo di LeU (Mdp)?
La domanda sembra peregrina, oltre che assurda. Il lettore – almeno quello informato – ha lasciato D’Alema dentro LeU. E cioè come uno dei dirigenti, leader maximo o meno che ancora sia, la formazione politica che si è presentata alle ultime elezioni politiche unificando tre partiti, Mdp-SI-Possibile, e candidando Pietro Grasso come front runner. L’ex premier, come si sa, non è risultato eletto nel suo collegio, quello di Lecce-Gallipoli, anche perché, con sovrano sprezzo del pericolo, ha fatto… ‘il D’Alema’: si era candidato, cioè, solo nel collegio uninominale, senza voler avere – anzi, rifiutandolo con sdegno a differenza di tutti gli altri big del suo partito – il ‘paracadute’ del listino proporzionale. Dopo le elezioni, però, e dopo la sonora batosta subita da tutta LeU (3,4% e una manciata di parlamentari eletti, tutti e solo nel proporzionale) D’Alema ha preso sempre più le distanze da LeU, riservando alla ‘creatura’ che aveva contribuito a fondare la sua freddezza. Del resto, il progetto stesso di LeU è finito, per dirla in francese, ‘in vacca’. Mdp e Sinistra Italiana, dopo aver vissuto mesi da ‘separati in casa’ che si guardavano pure in cagnesco, hanno ora deciso per un’inevitabile separazione. Mdp (cioè Speranza, Bersani, i loro colonnelli) ritornano al loro partitino originario, in attesa – e nella speranza – che il congresso del Pd lo vinca Zingaretti mentre SI (Fratoianni e, dietro di lui, Vendola) daranno vita a uno pseudo-polo ‘rosso-verde’ che, sotto la regia del sindaco di Napoli De Magistris, si presenterà alle prossime elezioni Europee con una lista ‘di sinistra-sinistra’ vicina ai partiti e ai movimenti radicali a loro affini (Podemos, Syrizia, etc.). D’Alema, ovviamente, si tirerà fuori da questi giochi, non potendo – per carattere e per storia – aderire né a un piccolo partitino privo di futuro né a un polo di sinistra ‘radicale’. Ma cosa farà, dunque? La tentazione di ‘Baffino’ – che nei giorni scorsi ha detto “la Sinistra non vince perché non sa fare autocritica”, cosa che lui, peraltro, non ha fatto, come veniva chiamato un tempo - è quella di rientrare nel Pd, ma, ovviamente, per uno come lui, che continua a mantenere una molto alta considerazione di sé, dalla porta principale.
2. In teoria D’Alema si occupa di ‘Italiani-Europei’…
In teoria, D’Alema si occupa ‘solo’ della sua Fondazione, l’ormai storica – ha compiuto proprio quest’anno venti anni di vita – Italiani-Europei che pubblica l’omonima rivista e che celebrerà il suo compleanno il prossimo 22 novembre con un’iniziativa pubblica all’università LUISS di Roma. Evento dove D’Alema e il board della Fondazione e della rivista (direttore di Italiani-Europei è, da alcuni mesi, l’ex direttore dell’Unità, Peppino Caldarola) hanno invitato, oltre a una lunga teoria di studiosi (Orsina, Prospero, Quagliariello, etc.), anche tutti e tre – e questa era notizia fino a oggi riservata – anche i tre principali candidati alla segreteria del Pd, e cioè Zingaretti, Minniti e Martina. Inviti curiosi e singolari dato che, appunto, o in teoria, D’Alema nulla avrebbe a che spartire con il Pd. E invece…
3. Il ‘bacio della Morte’ ovvero D’Alema, il ‘Rieccolo’.
I più cattivi, tra i renziani, ma anche tra i zingarettiani lo chiamano “il bacio della Morte”. Se, cioè, D’Alema appoggerà – come molti elementi lasciano presumere – la corsa di Minniti, questi di certo non ne trarrebbe vantaggio, considerando che la popolarità di ‘Spezzaferro’ (altro ex soprannome di D’Alema) non è mai stata alta, dentro il Pd. Ma anche se appoggiasse Zingaretti, sarebbe lo stesso. E così l’‘ombra’ di D’Alema – che non scherza, in quanto a carattere e a forza evocativa – ritorna, come si diceva, ai tempi della Dc, di Fanfani, noto come ‘il Rieccolo’.
4. I D’Alema boys. Tre indizi che fanno una prova…
Ma con chi starà, se si schiererà, l’ex premier? Alcuni indizi sono quantomeno rivelatori e, come diceva Agatha Christie, due indizi sono una coincidenza, tre una prova. Vediamoli. D’Alema: era in prima fila quando Minniti ha presentato il suo libro, Sicurezza e Libertà, in pompa magna a Roma e i due mantengono, da sempre, ottimi rapporti. In una cena, in realtà, proprio D’Alema avrebbe sconsigliato Minniti di presentarsi alle primarie, o almeno così si dice (“A me fate tutti schifo, il Pd è finito” sarebbe stato il suo giudizio, come al solito tranchant), ma il ‘richiamo della foresta’ si fa largo, quando c’è da pugnare. Una ‘pugna’ cui gli (ex?) dalemiani sono abituati. Gente, i D’Alema boys, che, se c’è da combattere, non si tira mai indietro. Non a caso – ecco il secondo indizio – quelli che venivano chiamati i quattro Lothar di palazzo Chigi, quando su quella poltrona sedeva proprio lui, D’Alema (Nicola Latorre, Claudio Velardi e Fabrizio Rondolino, il quarto era, ovviamente, Minniti…) sono fan sfegatati di dell’ex ministro dell’Interno e della sua corsa alle primarie. E se Latorre è già diventato, insieme ad Achille Passoni (ex re della macchina Cgil quando ne era leader Cofferati), il coordinatore della campagna di Minniti, ‘il compagno Marco’ ha già arruolato e voluto con sé e altri due ex dalemiani d’area (Enzo Amendola e Antonio Manciulli) dentro la macchina organizzativa che sta mettendo a punto.
5, Minniti cerca di allontanare da sé ‘l’amaro calice’…
Insomma, tutti gli indizi fanno pensare che D’Alema darà il suo appoggio a Minniti. Certo, l’ex ministro dell’Interno, nella sua prima uscita pubblica, quella di domenica scorsa, ha tenuto a precisare che “politicamente siamo lontanissimi con D’Alema, abbiamo scelto strade del tutto diverse”, ma non ha potuto negare che “con D’Alema abbiamo vissuto pezzi di vita indimenticabili. Si può essere su posizioni politiche diverse, ma restare amici”. E’ un caro compagno e un caro amico”, ma che “al momento non vuole tornare”, ha ripetuto Minniti. Ecco, appunto, ‘al momento’…
Eppure, c’è anche chi dice che, invece, prestò parteciperà a un’iniziativa per Zingaretti. “Quella di D’Alema è una polpetta avvelenata che mettono in giro quelli di Zingaretti” ribattono i renziani che smadonnano anche solo a sentirne pronunciare il nome. E non è un caso che si tratti di quelli tra i renziani che non hanno già preso armi e bagagli per andarsene nei ‘Comitati civici’ di Gozi (e di Renzi…), ma che vogliono dare battaglia dentro il Pd. Lavoreranno pancia a terra per Minniti, ma non vedrebbero con piacere l’ombra di D’Alema che si allunga su di loro. Gente come Guerini, Fioroni e molti altri esponenti dem provenienti dalla Margherita sono lontani anni luce dalla ‘ex Ditta’ e, anche se Minniti perdesse e vincesse Zingaretti, farebbero fatica a seguire Renzi e ad andarsene da un partito che, hanno costruito e sostenuto, e cioè il Pd. Come finirà, dunque? Con chi si schiererà, D’Alema? Ancora un paio di settimane e, sicuramente, lo si saprà. Se poi si tratterà di un ‘bacio della Morte’ o meno si vedrà.
di Ettore Maria Colombo
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