L’Italia è stata spesso, nella sua storia, il riceviamo di interessi internazionali e il “campo di battaglia” dove si combattevano i conflitti della geopolitica internazionale. Anche questa volta, il braccio di ferro che si è instaurato tra Bruxelles e il governo giallo-verde, va al di là dei numeri del Def, il Documento di economia e finanza, come pure dell’aumento del deficit al 2,4% o dello stravolgimento della riforma Fornero. Fermo restando che l’aumento dello spread, che le polemiche tra Italia e UE, sta determinando, può essere un fattore di preoccupazione per i partner europei (siamo in un sistema di mercati integrati) ma c’è qualcosa di più dietro la visita in gran fretta del Commissario Moscovici e i toni duri con i quali ha messo in guardia Conte, Salvini e Di Maio. Lungi dal voler fare del complottismo, è un dato di fatto che Moscovici è in corsa per una poltrona nel riassemblement che seguirà alla scadenza dei vertici delle istituzioni europee. Mentre Lega e 5 Stelle sono impelagate a litigare, a rincorrersi e a strapparsi la scena mediatica, in Europa i giochi per le nomine marciano a pieno ritmo. Dietro le quinte, Germania e Francia stanno lavorando alacremente per spartirsi le poltrone. In ballo ci sono soprattutto le presidenze della Bce e della Commissione europea, che sono le postazioni più strategiche. Moscovici ha già reso noto che non si presenterà come Spitzenkandidat del Partito socialista alle prossime elezioni europee, cioè come leader unico del Pse. E questo a causa dei disaccordi all’interno del suo partito sulla sua linea politica e la strategia per l’Europa. Questo però non significa che se ne andrà in pensione. Anzi il suo obiettivo è spiccare il volo verso traguardi più alti. Ha detto chiaramente che “l’Europa ha bisogno di proposte nuove e ambiziose” e che intende “portare avanti l’agenda politica per la quale ho combattuto come commissario, lavorare su queste proposte e ad esprimerle con forza”. Ovvero, tradotto, ribadire la linea del rigore. Quindi quale migliore occasione che farsi campagna elettorale sul suolo italiano. L’obiettivo di Moscovici è chiaramente la Bce e sia Francia che Germania non hanno mai fatto mistero di considerare la politica di Mario Draghi troppo accomodante e indulgente verso l’Italia. Berlino sembrerebbe avere più a cuore la presidenza della Commissione europea ma non per questo lascerebbe campo libero alle decisioni sulla Banca Centrale.
Tutto questo cosa c’entra con l’Italia. C’entra, eccome. I toni durissimi di Moscovici che, va notato, non ha mai speso una parola sul surplus tedesco (un danno per l’economia comunitaria) o sullo sforamento dei target di deficit di Parigi e nemmeno sulla manovra economica generosa che Madrid si appresta a varare, sono proprio in odore di accreditamento per la poltrona della Bce. Sulla politica italiana in sostanza si stanno facendo le prove generali della campagna elettorale europea. E Moscovici vorrebbe proporsi come l’uomo giusto a difesa dei principi del rigore “annacquati” secondo il pregiudizio dei rigoristi, da Draghi, e ancor più minacciati dai populisti europei.
Picchiare duro sull’Italia quindi, vuol dire proporsi come l’alfiere di quanti vogliono proteggere l’Europa dall’onda montante dei critici del rigore. La partita quindi è più alta, più che economica è politica. Ma il governo sta a guardare e subisce rischiando anche di restare fuori dai giochi delle poltrone europee.
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