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Movigroup, azienda al servizio della ripartenza: parla il presidente del gruppo, Giuseppe Gregoraci


Per toccare con mano cosa significhi resilienza, termine di questi tempi usatissimo (a volte anche abusato), bisogna parlare con Giuseppe Gregoraci, dal 2012 presidente di Movigroup, società di capitali a scopo consortile che da oltre 30 anni opera nei settori dei servizi, della logistica e degli eventi. I dipendenti a tempo indeterminato, tra Roma e Milano, sono circa 400. Numeri di tutto rispetto. D’altronde il ventaglio dei servizi di alta qualità offerto dalle società che fanno capo a Movigroup è vastissimo e va, solo per citarne alcuni, dai service video, audio e luci alle realizzazioni di allestimenti e stand fieristici, alla gestione dei teatri di posa. Per dire, una delle società che fa parte del consorzio, Movitechno, ha propri laboratori di falegnameria per la realizzazione di scenografie sia per la tv che per il cinema e il teatro, mentre Pragma Services mette a disposizione dei clienti, consulenti d’immagine (truccatori, parrucchieri, sarte, stylist ed arredatori) altamente qualificati. Insomma, un’offerta globale focalizzata sulla filiera del mondo televisivo e non solo.

Cosa c’entra la resilienza con Movigroup? Presto detto, perché nell’emergenza Coronavirus, Movigroup e il suo presidente hanno saputo reagire in maniera positiva alle difficoltà enormi che si presentavano (basti pensare che in alcuni settori, come quello del trucco, c’è stata una contrazione del lavoro del 50-60 per cento) e sono stati capaci di adattarsi alla situazione, di reinventarsi e di gestire il cambiamento. Ed oggi con l’avvio imminente della fase due Movigroup è qualificata per aiutare le imprese ad affrontare le problematiche relative alla riapertura (chi volesse ulteriori informazioni può scrivere una mail a: info@movigroup.org). «Il nostro approccio è lavorare in modo continuo al “problem solving” e nel momento storico attuale di grandi cambiamenti anche nella vita ordinaria, non vogliamo subire le conseguenze del cambiamento ma esserne parte attiva, propositiva e resiliente» spiega Gregoraci a Spraynews.


Facciamo un passo indietro, Gregoraci. A quel 23 febbraio in cui il Consiglio dei Ministri approva il decreto n. 6 che introduce misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica.

«Nel mese di febbraio ancora nessuno aveva ben chiaro cosa stesse succedendo. I nostri committenti il 20 ci chiamano allarmati chiedendoci come eravamo attrezzati per affrontare l’emergenza sanitaria».

E voi che avete risposto?

«Il giorno dopo, il 21, di mattina presto, convoco i miei collaboratori e istituiamo un comitato direttivo per gestire l’emergenza. Sono state giornate febbrili. Compulsavamo con attenzione tutte le notizie che arrivavano dalla Cina per capire come in quel Paese stavano reagendo per contrastare la diffusione del virus. Nel frattempo, alla luce del decreto governativo, ci mettiamo subito alla caccia delle mascherine per fornirle ai nostri dipendenti, soprattutto i truccatori che per il loro lavoro non potevano certo tenere il famoso metro di distanza dagli altri. Visto che i nostri clienti avevano difficoltà enormi a trovare le mascherine sul mercato e in considerazione del fatto che muovendoci subito eravamo riusciti ad aggiudicarcene un quantitativo considerevole, abbiamo deciso di fornirle anche ai nostri committenti.

E’ lì che è scattata la scintilla che vi ha indirizzati verso la ricerca di soluzioni per le aziende in vista della fase 2?

«Diciamo che da quel momento, anche in considerazione del fatto che il lavoro comunicava a diminuire, ho deciso di indirizzare il nostro impegno alla ricerca di soluzioni per le problematiche “no core” delle aziende in vista della ripresa. Abbiamo cominciato a studiare le migliori soluzioni per evitare che le persone si contagiassero, dunque dalle misure basiche come le mascherine, siamo passati alle sanificazioni degli ambienti con strumenti all’avanguardia come l’utilizzo di dispositivi all’ozono, alla realizzazioni di box scan da installare prima dell’ingresso in azienda, alla progettazione e realizzazione di barriere anti Covid».

I famosi pannelli di plexiglass?

«Esattamente. Come le ho detto all’interno di Movigroup abbiamo una società che si occupa di scenografie e che, anche se in modo marginale, lavora con il plexiglass. Insomma, le competenze e le macchine per lavorare il materiale le avevamo. Riconvertita parte di un nostro laboratorio alla realizzazione di barriere “social distance” abbiamo studiato una linea semplice, lineare sia esteticamente che in termini di ingombro e soprattutto sicura in termini di schermatura tra le persone. I primi pannelli li abbiamo fatti per quei nostri dipendenti che in ragione delle caratteristiche del lavoro svolto non potevano accedere allo smart working e dopo abbiamo pensato che potevamo offrirli sul mercato. La risposta è stata al di là di ogni nostra previsione. Un successo: in queste settimane siamo entrati in contatto con tante aziende che nemmeno conoscevo, mettendo in moto un meccanismo virtuoso che, ne sono sicuro, porterà i suoi frutti. Le dico solo che abbiamo incrementato i turni di lavoro per soddisfare le richieste che arrivano».

C’è da immaginare che ora con la fase 2, con la riapertura di bar e ristoranti, la richiesta di pannelli aumenterà ancora.

«Penso di sì e me lo auguro, non tanto per noi e il nostro business, ma soprattutto per la tutela della salute di tutti quei lavoratori che si trovano quotidianamente a contatto con gli altri».

Tra i prodotti che offrite c’è anche il box scan. Di cosa si tratta?

«Il dispositivo, progettato da noi, consente l’individuazione del Covid19 e degli stati febbrili, su persone o cose. Il rilievo è eseguito non a contatto con le persone o i beni, e può essere effettuato anche a distanze elevate in meno di un secondo. Il sistema è passivo, certificato FCC, e quindi sicuro, essendo privo di emissioni dannose. Si interfaccia velocemente con telefoni, tablet e pc. Se lo spazio lo consente, siamo in grado di realizzare una struttura concepita per dividere il percorso tra soggetti sani (autorizzati ad entrare sul posto di lavoro), e probabili sintomatici, che verranno, invece, indirizzati al medico aziendale».

Gregoraci, par di capire che vi siate davvero reinventati?

«Sì, è così, ma è nella nostra storia e nel nostro dna – da quando all’inizio degli anni 70 è nata la prima piccola cooperativa che nel tempo è diventata una realtà complessa e diversificata – la capacità di sapersi adattare alle diverse esigenze dettate dal mercato. Abbiamo costruito le nostre specializzazioni sulle esigenze dei clienti. E oggi ai nostri clienti, vecchi e nuovi, diciamo che si può e si deve ripartire in sicurezza».

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