Non è che sia proprio crisi crisi. Se dovessero scrivere di cosa sta succedendo tra loro su un social, di sicuro metterebbero "rapporto complicato". Ma è un po' come quando mamma e papà litigano, o quando la coppia esterna tutti i suoi nodi davanti agli amici più stretti, magari a una serata tra i "sempre quelli" che invece sarebbe dovuta essere divertente: imbarazzo, amici che si schierano inconsciamente dietro l'uno o l'altro, figli scioccati che ricominciano a fare la pipì a letto.
Diamo il ruolo "yin" al Movimento 5 Stelle, perché la Lega è inoppugnabilmente "Yang": sono ormai corsi e ricorsi storici quelli che intercorrono tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, come plasticamente ha illustrato lo street artist TvBoy, al secolo Salvatore Bonintende, il primo in un angolo romano vicino alla Camera dei Deputati, il secondo a Milano, in corso di Porta Ticinese. E se nel lungo periodo post-elettorale si arriva all'alleanza con quel bacio che nemmeno Klimt poteva meglio illustrare, ormai siamo alla Kramer contro Kramer: di spalle e ognuno col suo telefonino, a chattare con chissachi.
Matteo yang avanza a testa bassa sul disegno anticorruzione, è cosa di due giorni fa, e ordisce la trama che porta il governo ad andare sotto sull'emendamento per il peculato. E Di Maio yin urla, strepita, e insulta magari proprio l'alleato, magari di persona o nel salottino televisivo Vespiano; e Salvini che lo fa sfuriare per poi reinnescare il discorso. Da manuale.
Il contratto ormai non sembra più bastare per dirimere i litigi, che sono già stati tanti e su temi tutti controversi, non inezie: vaccini, ponte di Genova, abolizione dei vitalizi e pensioni, d'oro e quota 100. Per passare poi ai temi veramente divisivi: Tav, decreto con manina che modifica la Pace fiscale, reddito di cittadinanza. E ancora inceneritori in Campania e decreto sicurezza. Questo non è un paese per vecchi. Altro che gli States!
Tra peones e deputati di lungo corso si tasta il polso ai pentastellati: accelerato e temperatura in rialzo, tanto da promettere che questa è stata proprio l'ultima, alla prossima game over. E non è il catartico no dei senatori De Falco, Nugnes, Fattori, La Mura e Mantero, e nemmeno la mail espiatoria con cui in 18 chiedono di modificare il decreto Sicurezza. La tentazione di pensare che siano solo piccole ribellioni è forte, difficile pensare che si possa arrivare al "ti lascio prima io così non mi lasci tu". Anche perché il pericolo del "salto della quaglia", come ormai lo chiamano tutti, è dietro l'angolo: la tentazione per Salvini di staccare la spina e non lasciar mangiare nemmeno il panettone a questo governo potrebbe essere forte, visto anche l'andamento dei sondaggi che vede i leghisti praticamente raddoppiare i voti presi alle elezioni del 4 marzo. L'ultimo vede il Carroccio al 32,7 per cento e il Movimento al 26,4.
E così vai con il totoalleanze possibili e futuribili: con Berlusconi, col Pd, con Berlusconi e il Pd, con un folto gruppo di grillini "responsabili" che tornerebbero a impossessarsi dello stipendio intero. O da soli per arrembare a palazzo Chigi con elezioni anticipate solitarie o unite alle europee. Salvini continua a mettere l'accento sulla sua credibilità, sulla fedeltà alla parola data, ma non si può proprio dimenticare che ci fu chi rimase "uccellato" proprio in un'alleanza col leghista: si chiama Berlusconi e da mesi continua ad avvertire tutti.
di Paolo dal Dosso
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