Le lunghe falcate della scienza sono, probabilmente, l’unica giustificazione a quello che crediamo e chiamiamo progresso. Il resto, in confronto, è un esercizio di stile retorico. Sono ore storiche e fondamentali per la salute mondiale e per la ricerca sulle malattie rare. Un pool di scienziati americani ha scoperto quello che a tutti gli effetti è un nuovo tipo di sclerosi multipla: si chiama “mielocorticale” e ha la particolarità di uccidere i neuroni pur senza distruggere la mielina, ovvero la guaina protettiva che li avvolge e che compone la sostanza bianca cerebrale, come specifica Adnkronos.
Come per tutte le maggiori scoperte scientifiche, vi è uno studio pubblicato, in questo caso su “Jama”, che testimonia dettagliatamente di cosa stiamo parlando. Il team di ricercatori, guidato da Bruce Trapp della Cleveland Clinic, un vero esperto internazionale di sclerosi multipla, con all’attivo centinaia di pubblicazioni autorevoli, ha affermato, tramite le parole del proprio portavoce, che si tratta di un lavoro che «apre una nuova arena nella ricerca sulla sclerosi multipla». Lo studio effettuato nasce dall’indagine postmortem su alcuni pazienti, ovvero dall’analisi microscopiche dei tessuti di cento malati di sclerosi multipla che hanno donato il cervello alla ricerca; di questi in dodici di essi sono state identificate le caratteristiche del sottotipo mielocorticale e quindi i tratti della “nuova” malattia. Ovviamente il team di Trapp è al lavoro per riuscire a diagnosticare questo tipo di sclerosi a pazienti vivi e quindi poter iniziare delle cure, servendosi di un lavoro più dettagliato e potente, su tecniche di risonanza magnetica più sensibili, capaci di agire maggiormente in profondità sul malato. «L’importanza di questa ricerca è duplice», commenta Daniel Ontaneda, direttore clinico del programma di donazione del cervello presso il Mellen Center for Treatment and Research della Cleveland Clinic, la stessa di Bruce Trapp, «da un lato l’identificazione di questo nuovo sottotipo di sclerosi», dall’altro, prosegue Ontaneda, vi è il fatto che la scoperta «sottolinea la necessità di sviluppare strumenti più sensibili per diagnosticare e comprendere la malattia. Siamo fiduciosi che i risultati porteranno a nuove strategie di trattamento su misura per i pazienti che vivono con diverse forme di Ms».
E.R.
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