È Confimprese ad avere commissionato a Bain & Company uno studio sulle ripercussioni economiche per la chiusura dei negozi per 40 domeniche l'anno, come ipotizzano i 5 Stelle. Dallo studio si evince che il settore dovrà sopportare una flessione del 13 per cento, pari a 34 miliardi in meno di fatturato annuo. Buste paga più leggere inoltre per gli addetti che non verrebbero licenziati: due domeniche lavorate al mese portano, grazie alla maggiorazione del 30 per cento per il lavoro festivo, 370 euro l'anno in più, che diventano 750 se le domeniche in negozio diventano 4.
Sul fronte occupazionale le cifre fanno impressione: si parla di 70 mila lavoratori in esubero nel commercio al dettaglio, addetti alla vendita nella grande distribuzione o negli esercizi minori, oltre a 10 mila persone nel commercio all'ingrosso e altre 10 mila nell'indotto, che riguarda il minor afflusso di persone nei centri commerciali con dirette conseguenze nella ristorazione, nel trasporto pubblico, nella logistica, nella vigilanza e nelle pulizie. Con i conti in rosso, si cercherà di tagliare i rami secchi delle aziende, i punti di vendita marginali rischieranno la chiusura.
Lo studio, presentato al ministro dello Sviluppo Economico Luigi di Maio lo scorso 1 dicembre dal presidente di Confimprese Mario Resca, davanti al suo omologo di Confindustria, Vincenzo Boccia. Resca, intervistato dal Sole 24 ore, chiede al governo: «Non fatelo. In un Paese a un passo dalla recessione economica come si fa a far ripartire i consumi con una misura che ci fa tornare indietro di 20 anni?».
Una misura che sembra scritta e pensata per favorire l'e-commerce, quegli acquisti on-line che con lo stop delle 40 domeniche l'anno porterebbero a casa una crescita intorno al 35 per cento, arrivando a 20 miliardi, con ricadute occupazionali modeste perché l'e-commerce preferisce utilizzare robot e sistemi automatizzati.
Il settore, in attesa di una decisione del governo, rimane alla finestra; ma non è una buona notizia, perché nell'incertezza del futuro sono in molti a rivedere al ribasso i piani d'investimento. Lo conferma proprio Resca: «All'incontro con Di Maio abbiamo chiesto un rapido ripensamento proprio perché le nostre aziende, che aprono 1200 punti vendita l'anno, stanno già limando al ribasso i propri piani di sviluppo per il prossimo anno. È inevitabile, non si può investire in un Paese che guarda indietro invece di sostenere un settore vitale per il rilancio dei consumi».
E se da una parte i pentastellati annunciano l'arrivo in Parlamento della proposta per il prossimo gennaio, il governatore della Liguria Giovanni Toti raccoglie l'allarme di Confimprese: «Scherziamo col fuoco! Già il Paese sta rallentando, i consumi restano fragili, le leggi e i controlli che imbrigliano il nostro commercio fanno danni alla nostra crescita. Chiudere i negozi la domenica vorrebbe dire perdere centinaia di milioni di Pil e decine di migliaia di posti di lavoro».
Intanto per i 300 mila addetti alla distribuzione, proprio sotto l'albero di Natale e dopo 6 anni di attesa arriva il rinnovo del contratto di lavoro. I sindacati prevedono 85 euro di aumento, con altri 24 euro per allinearsi agli altri contratti, con due una tantum da Federdistribuzione che arrivano in tutto a 900 euro.
di Paolo dal Dosso
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