Un piano di interesse nazionale che miri a valorizzare lo strumento del "112", il numero unico per le emergenze. Un servizio per i cittadini e per la tutela della loro incolumità che da gennaio prossimo coprirà oltre il 50 per cento della popolazione italiana, con diverse regioni che hanno aderito e altre in procinto di farlo. Uno strumento che semplificherà la presa in carico delle emergenze da parte degli enti competenti, con tempi di risposta sempre più celeri e tempestività negli interventi di soccorso che potranno salvare numerose vite.
È questo il fulcro del convegno tenutosi a Montecitorio e promosso dal deputato e capogruppo di Forza Italia nella Commissione Affari sociali alla Camera Claudio Pedrazzini, a cui hanno partecipato personalità delle istituzioni come il capo della polizia Franco Gabrielli e il prefetto Bruno Frattasi. Una presa di coscienza della politica di uno strumento di vitale importanza che andrà valorizzato negli anni per risolvere le criticità ancora presenti e lanciarlo definitivamente come vademecum per i cittadini.
Come è nata l'iniziativa di un convegno sul numero unico per le emergenze?
«Il convegno nasce con la finalità di promuovere tra le istituzioni lo strumento del 112 quale modello da conoscere, vista la moltitudine di articoli della stampa, approfondimenti e comunicati che alimentano soltanto confusione e allarmismo, foraggiati da interlocutori addetti a servizi che nulla hanno a che fare con questo strumento e che, dando informazioni errate o parziali, rischiano di minarne la credibilità e la diffusione. L'idea di questo incontro è quella di diffondere informazioni precise da fonti ufficiali e certificate, quale è il Ministero dell'Interno»
Chi è l'ente promotore dello strumento 112?
«Il numero unico, che da gennaio 2019 sarà disponibile per oltre il 50 per cento della popolazione italiana, è un progetto interamente in mano alle Regioni, che non hanno preso nemmeno un euro dal governo, che si è impegnato sostenendo con 200 milioni di euro ciascun singolo corpo delle forze di pubblica sicurezza, col fine di integrare e uniformare la piattaforma internet e digitale del numero unico. In questa fase, invece, occorre uno sforzo economico anche in favore delle Regioni per completare il percorso intrapreso»
Le risorse che lei auspica vengano investite tramite i soldi pubblici, dove sarebbero destinate?
«Innanzitutto alle Regioni, specialmente quelle più in difficoltà, per consentirgli di assumere personale qualificato e specializzato e per poterlo adeguatamente formare, così da avere un funzionamento del numero unico ad un livello di efficienza pari a quello di regioni in cui è già in essere»
Quale è la catena di funzionamento del numero unico per la presa in carico delle emergenze?
«Con grande fatica, a causa della scarsità di risorse sin qui reperibili, le Regioni stanno allestendo le centrali uniche di risposta di primo livello, ovvero i luoghi di smistamento e gestione delle chiamate. Si stanno approntando poi tutti i software necessari per la filtrazione e il passaggio delle informazioni delle stesse verso le centrali secondarie da cui parte la presa in carico effettiva dell'emergenza tramite il coordinamento di tutte le forze di pubblica sicurezza»
Parlando di efficienza, quali sono i criteri a cui si può ricondurre nell'iter del funzionamento del 112?
«Per livello di efficienza del funzionamento del numero unico si intende una serie di fattori. Primo di essi è senza dubbio il tempo medio di risposta che non deve superare i cinque secondi, seguito dall'elaborazione delle informazioni che vengono passate alla centrale secondaria. Anche un'efficace azione di filtro delle stesse è fondamentale, basti pensare al dato eclatante per cui oltre il 50 per cento delle telefonate in entrata sono inopportune, cioè affatto riconducibili a situazioni di emergenza. Se fossero tutte girate alle centrali secondarie si creerebbero situazioni di intasamento inutile e dannoso»
Quali i punti di forza del sistema unico per le emergenze?
«Oltre al già citato lavoro di smistamento per un intervento che sia più rapido e celere possibile per i casi di reale emergenza, lo strumento del numero unico dispone di un servizio di traduzione simultanea da ben quattordici lingue tra la centrale di primo livello e quella secondaria, così da garantire il servizio a qualsiasi cittadino che chiami. Il numero unico dispone inoltre di un sistema di geolocalizzazione che consente di individuare la posizione esatta anche quando il cittadino è impossibilitato a comunicarla. È un sistema informatico che si sta avviando a fornire risposte importanti per la cittadinanza»
Il servizio dell'112 porterà concreti benefici e uno snellimento del processo di presa in carico delle emergenze?
«C'è un dato abbastanza indicativo, i tempi di risposta e di presa in carico da quando il numero è in funzione in determinate regioni sono decisamente inferiori rispetto a quelli che c'erano con il sistema tradizionale. Questo per smentire gli scettici che pensano che il numero unico possa rappresentare un rallentamento nell'intervento delle forze pubbliche di sicurezza. È stato possibile analizzare i dati e le esperienze fornite da rappresentanti delle regioni in cui il servizio è già attivo, Liguria, Sicilia, Veneto, Lombardia e Lazio»
Dovendo ricavare un messaggio dall'esito di questo incontro istituzionale, quale sarebbe secondo lei?
«Il messaggio che è emerso dal convegno è rivolto a chi pensa di smontare un progetto che sta già dando delle ottime prime risposte e che altre sempre migliori potrà darne, ed è un invito alla coesione e al lavoro di gruppo per superare le criticità che non nascondiamo esistano, perché l'"112" a oggi è uno strumento che può davvero fare la differenza»
In che modo, secondo lei, si può avvicinare la cittadinanza all'utilizzo di questo strumento che tra l'altro ne semplificherebbe la vita?
«Quello di oggi è stato un incontro divulgativo rivolto però alla politica, che ha l'obbligo di conoscere questo strumento e gli impegni messi in campo da chi lo promuove. L'invito rivolto ai parlamentari è quello di approfondire al meglio la questione, anche tramite la visita di una centrale unica di risposta di primo livello loro vicina in modo da apprendere come si svolgono le attività e tutto l'iter di interazione tra i soggetti. Una volta analizzate le criticità e i punti di forza, sarà possibile la realizzazione di un processo di coinvolgimento dei cittadini ai quali vanno fornite le risposte. Quello di oggi è soltanto un primo passo, il passo della consapevolezza che renda la politica a conoscenza del fatto che la direzione intrapresa è quella giusta e che stimoli un lavoro di cooperazione di tutte le forze di pubblica sicurezza, nell'interesse generale di promuovere e non screditare modelli già funzionanti. Siamo certi che, grazie all'aiuto del governo e delle risorse che metterà in campo, riusciremo a ultimare la mappatura territoriale e poter finalmente fornire un servizio che faccia sentire più sicuri i cittadini che, componendo un semplice numero, potranno affidare a esperti professionisti la loro sicurezza»
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