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Nuova tesi sulla Gioconda: dipinta in una villa sull'Adda




Siamo alle solite, e c’è di mezzo il più famoso dipinto del mondo, la Gioconda, che non è su tela come molti credono, non è neanche grande, ma piuttosto un piccolo quadro, un ritratto misterioso sì ma non più di tanti altri eseguiti da Leonardo da Vinci, su una tavola di rovere.


La Gioconda è il quadro ed il “mistero” per antonomasia, ignota ancor oggi la donna ritratta, ignoto il suo significato, indecifrabile, lei ci guarda immobile da cinquecento anni, comprata da Francesco I re di Francia direttamente dall’erede di Leonardo, poi rubata, restituita, dimenticata e diventata icona pop, ancora una volta diviene oggetto di elucubrazioni e pretese “scoperte”. L’ultima, ma soltanto in ordine di tempo, ci giunge da Lecco, ed è una tesi sostenuta da Luca Tomio, storico dell’arte e grande appassionato del maestro fiorentino. Secondo lo studioso, Leonardo dipinse il quadro a Vaprio d’Adda tra il 1511 e il 1512, ritraendovi Isabella d’Aragona Sforza, con il velo da lutto perché rimasta da poco vedova. Dietro di lei il paesaggio montano, dai più ritenuto una ricostruzione ideale, o di fantasia dell’artista, sarebbe invece il monte Resegone.


Il prossimo 4 ottobre, a palazzo Isimbardi a Milano, Tomio stesso illustrerà le sue tesi in un convegno dedicato proprio ai paesaggi lombardi di Leonardo, coadiuvato nell’analisi dello sfondo della Monna Lisa, da Carmelo Petronio un geologo della Sapienza di Roma, che avrebbe rilevato con certezza come le montagne presenti del quadro appartengano alle Prealpi lombarde più che a paesaggi toscani, così come avevano ritenuto invece altri studiosi in precedenza. La tesi proposta avanza ancora un’ulteriore ipotesi e cioé che il dipinto sia stato eseguito nella Villa Melzi di Vaprio d’Adda dove Leonardo ed il suo più amato allievo, Francesco Melzi, hanno soggiornato a partire dal dicembre 1511.


La Gioconda si rivela così, ancora un’ennesima volta di essere il campo d’indagine perfetto per le più vaste teorie e ipotesi, essendo semplicemente eternamente fuggevole ad ogni reale tentativo d’impadronirsene, anche intellettuale.



DPF

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