Associazione a delinquere finalizzata alla commissione di condotte corruttive e di una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione. Sono queste le accuse che ruotano attorno al nuovo stadio della Roma, il progetto faraonico tanto voluto dal sindaco Virginia Raggi. Il nuovo impianto sportivo, destinato a sorgere a Tor di Valle, ancora esiste solo su carta, ma già è finito sotto la lente della Procura capitolina. Alla prime luci dell’alba i carabinieri del Nucleo Investigativo di via In Selci hanno eseguito nove ordinanze di custodia cautelare, nell’ambito dell’operazione denominata “Rinascimento”.
Tra gli arrestati, sei finiti in carcere e tre ai domiciliari, ci sono nomi che pesano. C’è il presidente di Acea, Luca Lanzalone, super manager grillino e braccio destro della Raggi. Ci sono il vicepresidente del Consiglio regionale, il forzista Adriano Palozzi, e l’assessore all’Urbanistica della giunta Zingaretti, Michele Civita, del Pd. Poi il costruttore Luca Parnasi.
Tra gli indagati nella maxi inchiesta, inoltre, ci sarebbe anche il capogruppo dei 5 Stelle in Campidoglio, Paolo Ferrara, che all’inizio dello scorso anno aveva partecipato alla trattativa, con il gruppo Parnasi, per la modifica della prima stesura del progetto.
“Chi ha sbagliato pagherà, noi siamo dalla parte della legalità”, ha commentato il sindaco Raggi. “Se è tutto regolare, spero che il progetto stadio possa andare avanti», ha aggiunto. Le indagini, però, sembrano complesse e, molto probabilmente, la nascita del nuovo stadio subirà ritardi. D’altronde sono molte le condotte illecite che gli inquirenti dovranno accertare. Secondo la Procura gli indagati avrebbero agito in un sistema corruttivo basato su reati contro la pubblica amministrazione in cambio di favori e varie utilità, come l’assunzione di parenti.
La AS Roma ha fatto sapere di “non essere coinvolta in alcun modo” nel uovo terremoto giudiziario che si è abbattuto sulla Capitale.
Rita Cavallaro
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