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Omicidio Sacchi. Parla il padre

Antonello Sette intervista Alfonso Sacchi, padre del ragazzo ucciso a Roma





Omicidio Sacchi. Parla il padre: “Non ho dormito per due anni. Ora chiedo giustizia”


“La verità è una sola. Hanno ammazzato mio figlio a ventiquattro anni per il solo gusto di uccidere. Da quella maledetta notte, fra il 23 e il 24 ottobre del 2019, non ho più chiuso occhio. Tornare ad addormentarmi è stata una bellissima sensazione. Ho dovuto aspettare più di anni e la requisitoria, con cui la Pm Giulia Guccione ha ricostruito nei minimi particolari il corso di quella notte mostruosa e chiesto le condanne degli assassini di mio figlio”. E’ un fiume in piena Alfonso Sacchi, padre di Luca, il ragazzo ucciso a Roma, davanti al pub John Cabot alla Caffarella, con un colpo di pistola sparato a bruciapelo, senza un perché. “Mio figlio”, ripete come in uno sfogo di dolore, “aveva ventiquattro anni, tre più del suoassassino materiale. Era giovane, forte, bello e generoso. E’ morto per difendere la sua fidanzata Anastasiya, che aveva continuato ad amare e a proteggere, anche dopo che era entrata in un giro sbagliato”. Un atto di generosità pagato nel modo più atroce. Sono bastati 31 secondi per stroncare la vita, l’esuberanza e le speranze del personal trainer Luca Sacchi. Nell’udienza di ieri, i legali di Anastasiya Kylemnyk hanno ribadito il rapporto d’amore che legava la ragazza a Luca. “Lei”, hanno detto, “non ha fatto nulla di male e non ha mai tradito Luca. Anastasiya, in questa vicenda, è parte lesa”. Ad Anastasya avevano strappato uno zainetto contenente 70mila euro con cui si sarebbero dovuti comprare 15 chili di marijuana. Lo zainetto era già nelle mani di Paolo Pirino, che lo aveva difeso ingaggiando una colluttazione con Luca Sacchi e che è accusato di omicidio volontario, aggravato perché connesso a una rapina, insieme all’autore materiale del delitto Valerio Del Grosso e a Marcello De Propris, che aveva fornito l’arma del delitto all’assassino. L’ergastolo per Del Grosso, trenta anni di reclusione per Pirino e De Propris sono le richieste della Pm Guccione, che hanno restituito il sonno e un minimo di pace ad Alfonso Sacchi, se di pace si può parlare quando ti ammazzano un figlio a ventiquattro anni con l’unico perché di un “grilletto premuto con violenza gratuita”, per restare alle parole della Pm. “Sono due. anni”, ci confida Alfonso Sacchi, ”che cerco di capire e di trovare una spiegazione all’uccisione di mio figlio. Per me quello che ha organizzato tutto, la vera mente diabolica e il regista occulto era Giovanni Princi, il compagno di liceo, che ha tradito Luca. Tutti i guai sono ricominciati con la sua ricomparsa, dopo anni di distacco. Anastasiya era diventata il burattino che lui muoveva a suo piacimento. Mio figlio è intervenuto per difenderla e sottrarla a quel giogo, come già aveva provato a fare altre volte. Ad Anastasiya era rimasto legato, anche se qualche cosa fra loro si era rotto da quando, cinque o sei mesi prima che Luca morisse, nella loro vita era entrato Princi. Luca voleva che Anastasiya lo lasciasse stare. Luca ha pagato con la morte il non esserci riuscito. Poi, certo, c’è un assassino materiale. Ho sempre nelle orecchie, come un incubo, quella registrazione, in cui Valerio Del Grosso dice a un suo amico: ‘Mi piacerebbe sapere che cosa si prova a uccidere una persona’. L’ha purtroppo provato con mio figlio. Luca ha solo difeso Anastasiya. Ha visto che le avevano rubato lo zainetto. L’ha vista a terra ed è intervenuto per difenderla e portarla via da lì”.

Che cosa resta ad Alfonso Sacchi di quella notte maledetta? Un tumulto di ricordi e di dolore, a partire da quando decisero di donare ad altri gli organi di Luca. “I medici ci hanno detto”, ricorda Alfonso Sacchi, “che i suoi organi erano così puliti e limpidi, da sembrare quelli di un ragazzo di 13 anni. Luca non era come loro. Non aveva niente da spartire con il mondo balordo dei suoi assassini. Lui era per la legalità. Una volta aveva aiutato la polizia a riprendere dei ladri in fuga”. Quando Alfonso Sacchi aveva perso tutte le speranze, specie dopo che Giovanni Princi, “la mente diabolica” di un piano sfociato in tragedia, aveva ottenuto con il rito abbreviato una condanna a 4 anni di reclusione con tanto di braccialetto elettronico per restare a casa, è arrivata la requisitoria, quasi inaspettata, della Pm Guccione e le sue richieste di pesanti condanne.

“Ho pensato in quel momento che forse la giustizia esiste. Forse è vera. Ora aspetto le ultime arringhe in difesa di Marcello De Propris, Paolo Pirino e Valerio Del Grosso. Poi, finalmente, alla fine di marzo arriverà la sentenza. Chiedo e spero che sia fatta giustizia sino in fondo. Anche se tutti potranno sperare di rifarsi, prima o poi, una vita, tranne Luca, il mio adorato Luca. La morte è l’unica condanna definitiva”.


di Antonello Sette





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