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Orfeo grande vecchio del Tg1, la De Santis inadeguata ingolfa la Rete e scontenta la Lega



Ma chi comanda davvero al Tg1? Il direttore incaricato, Giuseppe Carboni, oppure uno dei suoi sette vice? Sette, mica uno eh. I quali, a rotazione, vanno sostenendo che il telegiornale lo fanno loro e non il timoniere ufficiale. “Il mio telegiornale”, è la battuta imperante. A Saxa rubra, la cittadella operativa della tv pubblica, la storiella dei sette samurai del Tg1 è diventata l’argomento preferito dei chiacchiericci, tanto nei corridoi quanto al bar. Dove nessuno fa mistero di trattare l’argomento. Del resto del Tg2 non si può dir nulla visto la perfetta sintonia con la rete e l’applicazione del piano editoriale presentato da Sangiuliano. Carboni, di contro, ha ottenuto un gradimento a maggioranza, neppure troppo ampia. Ma la domanda vera che tutti si fanno nei crocchi è chi conta realmente fra i sette vice.


Con sorprendente lucidità chi segue le cose di casa Rai da tempo suggerisce una pista da seguire: chi è diventato improvvisamente grillino, dopo essere stato a lungo piddino, almeno la metà dei sette, e chi mantiene ottimi rapporti con Mario Orfeo, ex direttore del Tg1, ex direttore generale, oggi semplice caporedattore ma con super ufficio al settimo piano, quello dove lavorano il presidente Macello Foa, l’amministratore delegato, Fabrizio Salini, e i consiglieri di amministrazione. Da quello che viene definito il Pentagono della Rai, passi felpati, uscieri che controllano chi viene e chi va, il giornalista-manager, in stretti rapporti con la Boschi ma anche con i colonnelli pentastellati, muove le sue pedine, da ordini, riceve politici di riferimento, tesse trame. Come dimostrano i fatti. I contratti di Sanremo e quello di Fabio Fazio portano la sua firma. Nonostante ciò il vertice aziendale non riesce ancora a trovare un posto adatto per Orfeo, in modo da rimuoverlo dal settimo piano. Tutto questo circo Barnum del Tg1, molto antileghista visto che dedicata particolare attenzione all’area ribelle del Movimento 5 Stelle, quella che fa capo al presidente della Camera Roberto Fico, finisce per partorire un telegiornale molto sbilanciato, a tratti lontano dalla realtà.


Carboni che vanta un rapporto personale con la terza carica dello Stato, non riesce a rimettere in pari la bilancia e questo irrita la Lega. La quale vorrebbe controbilanciare tutto ciò i prodotti della rete. Ma per ora il direttore di Rai Uno, Teresa Se Santis, non ha portato molta acqua al mulino del Carroccio, che si aspettava risultati migliori. La scelta di nomi sbagliati e di programmi non proprio adatti a far salire gli ascolti hanno fermato tutti i progetti, con buona pace dei grillini. Ai quali preme molto affrontare la campagna elettorale per le europee con il Tg1 schierato come un sol uomo. Ma con i sette samurai non sarà affatto facile. Anzi l’impresa rischia di rivelarsi così ardua da trasformarsi in un boomerang. Per la disunione è talmente evidente da incidere anche sugli ascolti, salvo solo per consuetudine dei telespettatori. Resta il fatto che i grillini hanno deciso di occuparsi militarmente della Rai. “Seguiamo con grande attenzione la mobilitazione dei lavoratori Rai che chiedono il rilancio del Centro di produzione televisivo di Napoli e la difesa dei valori del servizio pubblico”, sostengono in una nota congiunta, i componenti pentastellati della Commissione di Vigilanza Rai: Alberto Airola, Patty L'Abbate, Sabrina Ricciardi, Felicia Gaudiano, Carmen Di Lauro e Conny Giordano. I parlamentari sottolineano che nei prossimi giorni sarà presentato il Piano industriale per il rilancio della Rai, “l’auspicio è che la più importante azienda culturale del Paese rafforzi se stessa valorizzando la sua capacità produttiva soprattutto in quella parte del Paese, il Sud, che si è sempre contraddistinta per esprimere talento e creativita'". Altrimenti Di Maio e Fico che ci stanno a fare? E meno male i partiti fuori dalla Rai.


di Alberto Milani

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