In questi giorni di slogan strombazzati, di scontri a suon di "prima quello" o "prima quell'altro", di poveri contro poverissimi e deboli contro più deboli, silenzioso come solo i gesti spontanei sono davvero, l'esempio fornito da Antonio Candreva è una boccata d'ossigeno puro per menti annebbiate e asfissiate. È il bello della solidarietà, che unisce e mette a tacere sul nascere biechi tentativi di speculazione a danno degli indifesi, dei senza voce, e a netto vantaggio degli sciacalli di turno.
Certo, fosse giunto prima (non può certo essere colpa del calciatore), ci saremmo risparmiati il solito circo mediatico degli indignati e degli antropologi dell'ultima ora, e avremmo risparmiato alla bambina e alla famiglia l'onta di finire nell'occhio del ciclone per la spiacevole vicenda che li ha coinvolti. Non certo la prima e temiamo, nemmeno l'ultima.
Quel che è accaduto a Minerbe, comune di cinquemila anime del veronese, è un po' lo specchio di come va oggi anche al di fuori delle grandi città alle prese con questioni abitative e di degrado. Accade che in una scuola elementare una bambina di otto anni, mentre il resto della classe pasteggia secondo quanto previsto dal rigido protocollo per le mense scolastiche, debba mangiare tonno in scatola e crackers e questo perché i suoi genitori non sono in pari con i pagamenti della quota prevista. Meglio di nulla, si potrebbe pensare, ma è altrettanto giusto credere che una bambina debba scontare lei per prima le conseguenze dell'indigenza a cui è sfortunatamente quanto incolpevolmente soggetta? Senza criminalizzare il comportamento di nessuno, il sindaco leghista in primis, che come dichiarato a La Repubblica deve, allo stesso modo «proteggere quella scuola e quella famiglia», un occhio al cuore e uno al portafoglio, è tutto il contorno, spesso per bocca di qualche politicante in cerca di facili appigli, a disgustare per inappropriatezza o deliberata strumentalizzazione. Di che nazionalità è la bambina? Che faranno mai gli scellerati genitori già più volte sollecitati dal Comune? Per questo il gesto di Antonio Candreva, centrocampista dell'Inter e della Nazionale, assume doppio valore. Soprattutto perché mette un punto sulla vicenda, in quanto il calciatore si sobbarcherà i costi dei 30 alunni che sono nelle stesse condizioni della bambina, e perché mette a tacere la cornice di lingue lunghe che non aggiungono nulla al dibattito ma semmai lo fanno degenerare nella solita contrapposizione del "quello contro questo".
Già in altri casi, non ultimo quello di Lodi, dove ci ha pensato il Tribunale di Milano a condannare il comune per le discriminazioni compiute a danno di figli di stranieri, trattati diversamente da quelli di italiani sia per quanto riguardava il servizio mensa che quello scuolabus, una buona parte di cittadinanza si era attivata per sopperire alle mancanze del pubblico, rendendo onore al concetto di comunità, che non è far sparire i problemi ma renderli un po' meno pesanti sobbarcandoseli tutti insieme. Questa volta ci ha pensato un uomo solo, ma con le capacità economiche di una comunità, e va bene lo stesso. L'ala destra nerazzurra ha fatto il suo miglior ingresso in campo e il gol che ha segnato, se non servirà a infervorare una folla da stadio, quanto meno metterà a tacere il vociare meschino e opportunista degli indifferenti.
di Alessandro Leproux
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