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Pakistan, Corte suprema cancella la condanna a morte per blasfemia di Asia Bibi



Pakistan, mattina del 31 ottobre, il suo nome risuona ovunque; nelle strade, nelle piazze, nei locali. Asia Bibi, così si chiama la donna che dopo 9 anni di inferno passati in un carcere in isolamento lontana dai suoi 5 figli, finalmente viene assolta. Per aver fatto cosa poi? Che tu sia musulmano, cristiano o ebreo, non esiste che si insulti il profeta Muhammed. In paesi come questi, inutile dirlo, la libertà di espressione è un crimine da punire col plotone di esecuzione: non passa giorno senza che la stampa dia notizia di qualche impiccagione.


La vicenda è iniziata nel 2009, quando durante una discussione una donna accusò Asia di aver insultato l’Islam. Una presunta “blasfemia”, una frase buttata lì durante un battibecco che però le è costata 10 anni di vita. Asia Bibi si è sempre difesa, sostenendo di non aver mai offeso nessuno e che in quel semplice diverbio voleva solo difendere la sua fede: «Credo nella mia religione e in Gesù Cristo, morto sulla croce per i peccati dell’umanità. Cosa ha mai fatto il vostro profeta Maometto per salvare l’umanità?». Ma le sue spiegazioni servirono a poco di fronte a quella Corte che nel 2010 la condannò a morte per blasfemia. Nel 2015 poi, si aprì uno spiraglio di speranza, la Corte suprema decise di fermare l’esecuzione per studiare il suo fascicolo. In Pakistan, pese musulmano profondamente conservatore, ci furono diverse rivolte da parte di ferventi estremisti che organizzarono varie proteste affinché Asia affrontasse l’esecuzione. Interi cortei, canti, piazze affollate con cartelloni che chiedevano una pena esemplare per aver oltraggiato quella religione che ha ben poco a che vedere con la Libertà, la Democrazia e i Diritti Umani.


Considerando dunque il paese in cui vive tutt’ora Asia Bibi, troppo le è andata bene. L’assunzione è infatti giunta oggi alle 9:20 del mattino. La Corte Suprema del Pakistan l’ha dichiarata innocente ordinandone il rilascio immediato. Dopo un’odissea durata 9 anni, un brivido di commozione ha attraversato tutta la sua famiglia, il marito Ashiq e i loro cinque figli. Una felicità però che è pronta a svanire nella paura. Le reazioni degli islamisti infatti si sono subito fatte sentire: il partito politico radicale Tehreek-e-Pakistan Labbaik aveva già minacciato conseguenze pericolose se i giudici l’avessero dichiarata innocente. Centinaia di fedeli infatti, una volta assolta la donna, sono scesi in piazza bloccando le strade e chiedendo le dimissioni del primo ministro Imran Khan. Secondo alcune fonti ora Asia e la sua famiglia potrebbero essere trasferiti in Canada. Le autorità hanno intensificato la sicurezza in tutto il Paese, soprattutto nelle aree dove vivono i cristiani. Il Pakistan non è nuovo ad azioni violente di gruppi estremisti nei confronti delle minoranze. D’altronde si sa; l’Islam è la religione dell’occhio per occhio, dente per dente, ed i violenti fatti di cronaca ne sono la dimostrazione. Nel 2011 l’ex governatore Salman Taseer, fu ucciso proprio per aver difeso pubblicamente la causa di Asia Bibi. Nello stesso anno morì anche un ministro cristiano che da tempo si batteva per i diritti cristiani, tra cui il caso di Bibi. Il Pakistan ha una delle leggi sulla blasfemia più dure al mondo, legge nata per proteggere l’Islam ma che va contro ogni libertà di espressione. La storia di Bibi è una delle più conosciute nel Paese, e proprio oggi con la sua assunzione si scrive un pezzo di storia, che si spera non porti a tragiche conseguenze.


di Ilaria Proietti Mercuri


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