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Palamara a 'Il Dubbio' :“Io, Luca Palamara, vi dico: ero garantista anche quando indossavo la toga"

La replica di Palamara al corsivo del Dubbio: "Vidi quell'imputato piangere disperato. Risultò innocente e questa cosa mi cambiò per sempre"




Egregio direttore, mi pregio rappresentarLe che sul tema del garantismo sono in totale coerenza rispetto alle mie posizioni del passato, che intendo ribadire con ancora piu’ forza e passione. Nella mia esperienza venticinquennale di pubblico ministero, dapprima presso la Procura di Reggio Calabria e poi di Roma, mi sono sempre ispirato a due principi: quello del giusto processo diventato principio della nostra Costituzione dal 2001;quello della necessità che anche nella fase delle indagini preliminari dovessero essere ricercati elementi a favore dell’imputato, così come scrive la norma di legge art.358 del Codice di Procedura Penale. Per queste ragioni non mi sono mai voluto appiattire sulle informative della polizia giudiziaria, nemmeno durante i c.d. “turni arrestati”, o sui generici racconti di chi denunziava fatti di reato, ma ho voluto sempre approfondire al fine di riscontrare probatoriamente quanto mi veniva riportato. Anche con riferimento all’istituto della custodia cautelare in carcere, ho sempre ritenuto che essa dovesse essere maneggiata con cura, in quanto tale misura costituisce – così come scrive il nostro codice di rito – una extrema ratio e come tale non deve trasformarsi in una anticipazione della condanna definitiva, perché – come insegna l’art.27 della Costituzione – è solo il passaggio in giudicato della sentenza che segna la parola fine su qualsiasi vicenda penale, salvi i casi ovviamente in cui può essere impugnato il giudicato.


Questo anche nell’ottica di evitare che lo Stato italiano debba essere condannato a risarcire ingenti somme di denaro nei confronti di chi è stato ingiustamente detenuto. Dico questo non scordando mai la faccia di un imputato in stato di custodia cautelare che a Regina Coeli, durante un interrogatorio di garanzia di fronte al Gip, piangeva a dirotto invocando la sua innocenza. I fatti poi gli hanno dato ragione: era innocente. Quell’episodio mi ha segnato per sempre. Da quel giorno ho ritenuto e ritengo che quando si priva un individuo della propria libertà personale è sempre meglio pensarci un attimo in più che un attimo in meno. Questo mio convincimento mi ha portato sempre ad avere una schietta e leale collaborazione con la polizia giudiziaria, a non appiattirmi sui “teoremi” accusatori ma mi ha portato anche a serrati confronti nella consapevolezza che bisognasse assicurare alla giustizia non degli , ma imputati nei confronti dei quali fosse sostenibile l’accusa in giudizio, anche perché più le indagini erano fatte bene, maggiore possibilità ci sarebbe stata di ricorrere ai riti alternativi.


Non ho mai pensato di avere di fronte a me presunti colpevoli, ma mi sono ispirato sempre alla necessità di andare a verificare fino in fondo se i fatti effettivamente si fossero svolti nel modo che mi veniva rappresentato. Ricostruire i fatti, verificarli, dimostrarli per me rappresentano l’essenza dello spirito garantista. Questa e’ la funzione che dal mio punto di vista deve svolgere il processo penale, facendo sì che lo stesso possa avere un proprio e riconosciuto carattere di autonomia e non debba svolgere una funzione servente ad altri fini. Nel 1993 il Parlamento decise di abolire l’autorizzazione a procedere facendo venir meno la linea di confine tracciata dai nostri Costituenti tra politica e magistratura. Conseguentemente, a partire da Tangentopoli, è accaduto che le doverose e – sottolineo doverose – indagini della magistratura nei confronti del potere politico venissero strumentalizzate, trascinando la magistratura stessa su un terreno di contrapposizione politica che evidentemente non le può appartenere.


Sono stato, sono e sarò sempre fermamente convinto della necessità che i poteri dello Stato debbano svolgere la loro funzione senza travalicare i loro limiti.Applicherò i principi che le ho detto anche alla mia vicenda. Il tempismo perfetto del deposito della decisione delle Sezioni Unite nel giorno in cui la sezione disciplinare del CSM sconfessava la Procura generale della Cassazione sulle vicende milanesi, mi ha convinto ancor di più a portare il tema delle garanzie violate in Europa, al fine di verificare le ragioni per cui: non mi è stato concesso di ascoltare i testimoni a mia discolpa; sono state utilizzate intercettazioni ricavate da altri procedimenti con accertamenti su un server occulto tuttora in corso; non sono stato giudicato da un organo terzo ed imparziale visto che alcuni componenti della sezione disciplinare non si sono volontariamente astenuti.

So di essere innocente e per questo porterò la mia vicenda dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.


Per tutti questi motivi mi candido alle Elezioni Suppletive per il Collegio Uninominale Camera di Roma Primavalle, non solo per essere testimone civile della battaglia garantista, che è propria di tantissimi pubblici ministeri in Italia, ma anche per recuperare un rapporto diretto con i cittadini sui quesiti referendari che rappresentano linfa vitale per pungolare il legislatore a procedere con la riforma della Giustizia. Sono sicuro che le mie ragioni saranno le ragioni di molti, senza pregiudizi, che spero almeno in questa vicenda vengano messi da parte in nome di una giustizia giusta.

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