Luca Palamara, candidato alle suppletive nel collegio romano lasciato libero dai 5 Stelle, in un’intervista a Spraynews, spiega le motivazioni della sua discesa in campo, che non sono legate esclusivamente ai temi della giustizia, su cui intende portare avanti la propria battaglia in Parlamento, iniziata con le rivelazioni pubblicate nel libro “Il Sistema”, ma anche a dar voce a una parte di città troppo spesso dimenticata da chi dovrebbe rappresentarla.
Quali sono le ragioni della sua candidatura e soprattutto perché avviene in un momento così delicato della sua vita, considerando che quotidianamente è sotto i riflettori dell’opinione pubblica per via delle rivelazioni sul funzionamento delle correnti all’interno della magistratura?
«Ho sentito la necessità di raccontare e chiarire tutto quello che mi era accaduto per un semplice motivo. Avendo ricoperto cariche amministrative importanti all’interno della magistratura associata e al Csm, era mio dovere, sia di fronte ai cittadini che ai magistrati, parlare di quanto succede in un mondo poco conosciuto all’esterno, in modo particolare sul versante delle nomine e della carriera dei togati. Non pensavo mai, però, che il mio libro potesse riscuotere tanto successo. Dal mese di marzo ho avuto la possibilità di partecipare, ovviamente su invito, a incontri pubblici in piazza e tante persone mi chiedevano di portare avanti la mia denuncia, in modo da offrire un reale contributo a una riforma per la magistratura e non contro, per equilibrare i rapporti tra quest’ultima e la politica e correggere tutto quanto non ha funzionato fino a ora. Da qui è nato il mio impegno in politica».
La sua candidatura non ha niente a che vedere con le forze politiche tradizionali?
«Non sono stato individuato da un vertice di un partito. Ho cercato con il mio simbolo e nome di relazionarmi direttamente con i cittadini che sono i reali interlocutori della politica, confrontandomi con loro sui temi che hanno destato interesse».
I suoi sfidanti Pasquale Calzetta, indicato da Forza Italia e Andrea Casu, segretario cittadino del Pd non appaiono in pubblico tanto come lei. Perché?
«Non deve chiederlo a me. Per quanto mi riguarda, sono consapevole dell’importanza di avere un contatto diretto con la gente perché devo spiegare e far capire quanto accaduto, che se da un lato ha suscitato l’attenzione dell’opinione pubblica, dall’altro ha dato una rappresentazione molto critica della magistratura. I fatti successivi, infatti, hanno dimostrato come luoghi simbolo come la Procura di Milano e togati importanti siano finiti addirittura sotto indagine. Ho dovuto raccontare la mia esperienza diretta, ma ora voglio guardare avanti».
In che modo intende farlo?
«Contribuendo da un lato ad affrontare in ambito istituzionale il tema della giustizia e dall’altro instaurando un rapporto diretto con una parte importante della capitale, ovvero la periferia, come qualcuno la definisce, di Roma nord. Quest’ultima è certamente una sfida nuova: rappresentare delle persone e un territorio per troppo tempo dimenticato da chi governa. Stiamo parlando di una realtà che soffre, di grandi problematiche da risolvere. Da quando mi sono candidato si parla sempre di più di quartieri e questioni fino a ora nemmeno nominate e già questo per me è un importante risultato».
Ritornando al suo impegno per la magistratura, già prima della sua candidatura aveva dato un importante contributo sui referendum della giustizia…
«Sono stati promossi dal Partito Radicale e poi portati avanti dalla Lega. Ritengo che in un momento del genere cercare di rendere il cittadino parte attiva del discorso sulla giustizia, su temi quali la separazione delle carriere, l'obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale, della carcerazione preventiva, sia fondamentale. Stiamo parlando di argomenti che ormai vanno fuori dalle aule di giustizia e dai convegni tra magistrati e avvocati, ma interessano gran parte della popolazione. Ciò deve essere uno stimolo per attivare quel processo riformatore, che purtroppo tarda ad arrivare».
Tale modo di pensare, nonostante il centrodestra abbia il cosiddetto candidato di bandiera, le ha fatto ricevere un plauso da parte di numerosi esponenti di quella coalizione, come lo stesso Salvini, Becchetti, Sgarbi e Cicchitto. L’unico che le ha mostrato una certa ostilità è stato Maurizio Gasparri, al quale ha risposto sono “l’unico imputato che non va bene a Forza Italia”. Perché?
«Non faccio polemica con nessuno. I primi inviti che ho ricevuto sono stati da militanti del centrodestra e spesso di Forza Italia. Un conto è il vertice, un altro è la base. Mi rivolgo ai cittadini. Saranno loro a stabilire se quel tema, che ha tanto interessato il centrodestra, debba essere portato all’attenzione della politica e dell’opinione pubblica. Fino a ora ho potuto constatare, nei numerosi incontri, forte attivismo da questo punto di vista e quindi poiché siamo in un momento in cui le etichette lasciano il tempo che trovano sono convinto che quella voglia di sapere che ho riscontrato nelle presentazioni del mio libro e che noto tutti i giorni nel territorio in cui mi sono candidato possa essere un ulteriore stimolo a battersi per argomenti che dovrebbero interessare questa parte politica come le altre».
Nel collegio in cui è candidato ci saranno tre schede elettorali. Ciò non potrebbe creare confusione?
«Nel collegio uninominale in cui ho scelto di presentarmi ci sarà una scheda rosa perché il seggo si è reso vacante, avendo il precedente parlamentare ricevuto un incarico. Con il sistema maggioritario, quindi, bisogna nuovamente votare. I cittadini di questo collegio, pertanto, riceveranno tre schede: una per il sindaco, una per la municipalità e un’altra per la Camera di colore rosa. Su quest’ultima chiedo di scrivere il mio nome».
Dopo lunedì, cosa farà, a prescindere dal risultato?
«Mi piace fare le cose un passo alla volta. Arriviamo a lunedì. Vediamo come va e poi si deciderà. E’ chiaro, però, che ormai mi sento partecipe delle problematiche del territorio e quindi non ho alcuna intenzione di abbandonarlo».
Quale appello si sente di lanciare al prossimo primo cittadino della capitale?
«Chi diventerà sindaco dovrà necessariamente tenere conto dei problemi di quest’importante parte di Roma, senza se e senza ma».
Di Edoardo Sirignano
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