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Paolo Poletti: Si sta sollevando un polverone inutile.


Questa è una App che sostanzialmente consente di informare che si è stati in contatto con un soggetto contagiato. Ma attenzione, non ci sono nomi e cognomi: il mio telefono registra e tiene in memoria i dati di altri cellulari con cui sono entrato in contatto, ma sotto forma di codici anonimi crittografati. Ove io risulti positivo, i sanitari mi daranno la possibilità di registrare su un server ministeriale la mia condizione: ma senza riconoscimento, bensì codice anonimo. Gli altri cellulari dotati di Immuni, “scaricheranno” dal server i codici dei contagiati: se l’App riconosce tra i codici nella propria memoria un codice di un contagiato, lo notifica al possessore del telefono. Tutto questo tramite la tecnologia Bluetooth. Quindi non ci sono geolocalizzazioni, non c’è una distribuzione eccessiva di informazioni. È chiaro che tutto sta nel fatto che questa app sia sufficientemente sicura nel suo codice sorgente, diciamo di funzionamento (e questo è un fatto che il Governo avrà sicuramente esaminato) e che sostanzialmente i dati siano trasmessi in modo sicuro. Tra l’altro i dati risiederanno sui telefonini e il sistema sostanzialmente si limiterà a rendere disponibile i dati che ciascuno mette sull’App. Quindi, non vedo francamente grandi pericoli per la privacy. Il MIT americano l’ha giudicata una delle migliori dal punto di vista tecnico, per cui una volta garantiti che i codici sorgenti di questa App siano sicuri e che la condivisione dei dati sia fatta in modo sicuro, io non vedo tutti questi rischi. Personalmente la scaricherò appena disponibile; mi auguro che lo facciano anche gli altri. Alla fine, chi è che consentirà a questa App di funzionare? Non il Governo italiano, saranno Apple o Google, proprietari dei sistemi IOS e ANDROID. Da questi dipendiamo, loro renderanno disponibili le interfacce che consentono all’App di funzionare. Ora io vorrei che la gente capisse che questa App è una piccola cosa che può aiutare nel controllo del contagio, più utile al singolo cittadino che allo Stato. Le nostre informazioni personali sono ormai in possesso di colossi tecnologici come Google, Apple, Amazon che di noi sanno tutto: sanno durante il giorno cosa faccio o cosa compro, quali sono le mie performance nell’attività motoria (vedi smartwatch) e siamo noi a fornirgli i dati. Credo che in futuro mireranno alla proprietà di banche, assicurazioni e aziende sanitarie: avendo il controllo di una massa enorme di informazioni, calcolare rischi e bisogni in quei settori sarebbe facile. È un mondo talmente interconnesso che alzare un polverone per una App, che pur deve rispettare una serie di requisiti di sicurezza, di privacy, quando le nostre informazioni sono in mano a tanti altri, francamente mi sembra eccessivo.” (Già Vicedirettore dell’intelligence nazionale e generale della Guardia di Finanza, oggi Presidente di Sicuritalia Security Solutions).

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