Latitante dal 1993, quando fece perdere le sue tracce dopo una vacanza a Forte dei Marmi, potrebbe essere al capolinea la fuga del superboss della mafia siciliana Matteo Messina Denaro. A rompere gli indugi il generale e capo della Dia Giuseppe Governale che, in occasione di un evento per il quarantennale dell'omicidio mafioso del giornalista Mario Francese, ha annunciato come «Matteo Messina Denaro sarà arrestato presto».
Mandante di un numero imprecisato di omicidi, conosciuto ai suoi come Diabolik o U Siccu (il secco), figlio di Francesco, il don Ciccio capo mandamento di Castelvetrano, comune trapanese che gli ha dato i natali nel 1962, la carriera criminale di Matteo Messina Denaro trova i suoi albori proprio sotto l'ombra del padre, da cui apprende tutto ciò che serve per comandare e per scappare: anche don Ciccio conobbe infatti un lungo periodo di latitanza, terminato nel 1998 quando il suo corpo, stroncato da un infarto, fu fatto rinvenire nelle campagne circostanti al paese. Tra i fedeli di Totò Riina, Matteo è ritenuto responsabile del sequestro e del barbaro omicidio del piccolo Di Matteo, figlio del pentito Santino, rapito per costringere il padre a ritrattare le sue confessioni sulla strage di Capaci e infine strangolato e sciolto nell'acido dopo una prigionia durata più di due anni. Capo prima a Trapani, in una scalata al potere che lo ha portato ai vertici della cosca siciliana, prima sotto Riina, in seguito agli ordini di Bernardo Provenzano, con cui scambiava "intensi" pizzini e infine voce unica di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro risulta introvabile da più di venticinque anni. Alle sue spalle una fitta rete di conoscenze e amicizie che lo hanno protetto e nascosto. C'è chi ipotizza interventi di plastica facciale e ai polpastrelli per sfuggire alle identificazioni, chi pensa che sia sotto la protezione dei calabresi. Il superboss della nuova generazione di mafiosi, in grado di accumulare un patrimonio di miliardi di euro infiltrando i propri affari nei più disparati settori, dall'edilizia alla grande distribuzione, potrebbe presto terminare la sua corsa contro la giustizia. «Non ha alcuna valenza operativa all'interno di Cosa Nostra ed è il reggente della mafia trapanese» e per acciuffarlo «lavora giorno e notte una task force di poliziotti e carabinieri», così il numero uno della Dia che ne annuncia la vicina cattura.
Ricercato per omicidio, associazione di stampo mafioso, strage, devastazione, detenzione e porto di esplosivi, furto e altri reati minori, Diabolik è riuscito negli anni a farla franca nonostante carabinieri e forze dell'ordine siano continuamente sulle sue tracce e abbiano compiuto numerosi arresti di persone a lui vicine, tra cui la sorella, che hanno favorito la sua latitanza. Molteplici anche i sequestri di beni mobili e immobili, per un valore di svariati milioni di euro, tutti a lui riconducibili. Stando alle indiscrezioni degli ultimi mesi il cerchio attorno a lui starebbe per stringersi in maniera inesorabile e i giorni lontano dalla cella sarebbero prossimi allo zero. Già quest'estate, il 5 giugno, 17 persone considerate fiancheggiatori del boss latitante, tutte già con precedenti per associazione mafiosa, venivano indagate e sottoposte a perquisizioni, ma tra i suoi protettori non si escludono personalità al di sopra di ogni sospetto, come membri e funzionari dei servizi segreti con cui, stando ad alcune indagini, avrebbe intrattenuto dei rapporti. Ora, con questa dichiarazione del capo della Dia, si attendono sviluppi e conferme per porre un punto a un'altra triste e tormentata vicenda italiana.
di Alessandro Leproux
Comments