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Patty L’Abbate Senatrice 5 stelle e il suo libro “Una nuova economia ecologica”



Sotto il cielo grillino c’è chi tesse le lodi del dialogo: parla Patty L’Abbate, ambientalista e senatrice 5 Stelle, che ha dato alle stampe il libro “Una nuova economia ecologica”


Se vi aspettate la grillina d’antan avete sbagliato indirizzo. A rimandare indietro la pellicola che la riguarda non si trovano né “vaffa” né pose alla Robespierre. Ma nemmeno folgorazioni sulla via di Damasco del potere, euforia malcelata per macchine blu e via governando. Il curriculum politico di Patty L’Abbate, senatrice 5 Stelle di Polignano a Mare parla piuttosto di studi e ancora studi e di una continuità nell’impegno politico a favore dell’ambiente. Laurea in Economia Ambientale presso l’Università di Bari e specializzazione in Sviluppo e Gestione sostenibile del territorio all’Università di Pisa, L’Abbate è membro della 13a Commissione permanente (territorio, ambiente, beni ambientali), nonché della Commissione di vigilanza sulla Rai. E quando parla dei colleghi degli altri partiti la parola che più usa è «dialogo» e «confronto». Insomma, una grillina anomala. Almeno ad oggi. L’Abbate ha appena sfornato un interessante libro, “Una nuova economia ecologica oltre il Covid-19 e il cambiamento climatico” per le (manco a dirlo) Edizioni Ambiente. E dal libro partiamo.


Il paese e il parlamento si accapigliano sulla proroga dello stato di emergenza e lei esce in libreria con un libro che parla di economia ed ambiente. Dica la verità, le piace stare fuori dalle risse.



Risata squillante. «Che vuole che le dica. Io penso alla forza del logos piuttosto che a chi urla più forte. Non mi appartiene la politica dei pugni, ma quella del confronto. Quanto al libro è assolutamente azzeccato nei tempi. Viviamo un momento straordinario e le opportunità di cambiamento vanno colte, pena la deflagrazione delle nostre società e dell’ecosistema. Il libro è partito prima di tutto come un testo più scientifico per gli studenti di Economia o Economia gestionale, ma visto il momento particolare che stiamo vivendo, in cui parole come transizione ecologica, economia ecologica, economia circolare, resilienza, cambiamento climatico, sono entrate nel lessico comune, e il più delle volte anche a sproposito, ho sentito il bisogno di scrivere un manualetto che spiegasse bene quello di cui si parla. Ne è venuto fuori un volume che può essere di supporto agli studenti universitari ma anche ai non addetti ai lavori. Anzi le diro di più: l’ho scritto pensando ai tanti giovani, i cosiddetti Millennial, che si chiedono con angoscia cosa fare, quali percorsi di studio affrontare, per diventare i green manager del futuro. Molti lavori spariranno dopo il Covid, altri nasceranno ed è importante che i nostri ragazzi sappiamo leggere il presente e interpretarlo per attrezzarsi al futuro. Ci troviamo in un momento di transizione che l’emergenza Covid-19 ha reso manifesto anche ai più distratti. E’ chiaro a tutti che questo modello economico deve essere cambiato per adeguarsi alle nuove problematiche del tempo che sono problematiche di tipo globale e necessitano quindi di un approccio differente rispetto al passato».



Sta dicendo che la storia del mondo è a un punto di svolta?



«Vede, prima noi avevamo una economia di tipo lineare. Avevamo dei modelli, come quello keynesiano ad esempio, e alcuni si muovevano su quei binari dell’economia lineare, come si muove una vecchia carrozza ferroviaria su un percorso senza scossoni. In ogni caso fino a pochi anni fa nessun modello economico aveva variabili ambientali al suo interno. L’ambiente si vedeva a parte, era quasi una questione secondaria. Oggi per fortuna l’approccio è cambiato, è un approccio sistemico proprio perché la complessità della natura dei problemi che affrontiamo ci deve poter aiutare a capire dove sbagliamo, dove correggere il tiro. Per dirla diversamente oggi si guarda al “sistema Terra” nel suo insieme».


Dunque ambiente e non solo, ma anche lotta alla povertà alle diseguaglianze di genere. Gli stessi auspici dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile?


«Esatto. Con Agenda 2030 si è superata l’idea che la sostenibilità sia unicamente una questione ambientale, a favore di una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo. E perciò economia, ambiente, società, istituzioni. Il sociale è una cosa da non dimenticare mai. Quando nel mio libro parlo degli indicatori circolarità lo faccio partendo dal presupposto che devono essere collegati al sociale. Le aziende che usano la circolarità non deve creare solo capitale monetario ma capitale sociale. Il futuro è questo: ristabilire i legami che si sono persi e rifondare un’unica comunità».




Che ruolo può svolgere il nostro Paese nella sfida dell’economia sostenibile?


«Intanto per sfatare il falso mito degli italiani ultimi in Europa sottolineo che il principio dello sviluppo sostenibile è presente nel nostro ordinamento dal lontano 2006 quando venne inserito tra i principi generali del “Testo unico ambientale”. Ma quello che mi preme evidenziare è che la realtà italiana non può e non deve essere dissociata dalla realtà europea e mondiale perché questi obiettivi, l’abbattimento dell’inquinamento così come la lotta alle diseguaglianze economiche e sociali, si possono conseguire solo se l’Italia e i paesi europei lavorano all’unisono con il resto del mondo. Ma fermandosi al caso italiano e al New green deal, ebbene dobbiamo essere consapevoli del fatto che le aziende, le associazioni ambientaliste, le pubbliche amministrazioni, i cittadini, gli stakeholder sono tutti altrettanti anelli di una stesa catena che ci deve portare ad una transizione verso un nuovo modello di sviluppo nel migliore modo possibile. Questa è la strada per rendere le nostre aziende competitive in un mercato globale. La sfida è grande: non si tratta “solo” di tutelare l’ambiente, si tratta di tutelare e innovare il tessuto delle piccole e medie imprese italiane che si trovano in un mercato internazionale e devono eco-innovarsi per essere pienamente negli standard richiesti e livello europeo e mondiale».


A sentirla parlare si ha l’impressione che il vostro cavallo di battaglia, la decrescita felice, come Marx per i socialisti dei primi del Novecento, sia finita in soffitta.


«Alle parole non si deve mai dare un solo significato, altrimenti si crea confusione quando non propria mistificazione. Decrescita, certo è una parola bruttina, però attenzione, quello che sta accadendo nella realtà è qualcosa di molto serio e di molto critico. Allora esplicitiamo meglio il senso di questi due termini, decrescita felice, su cui molto si è ricamato anche con l’intento di denigrare il Movimento: noi dobbiamo far crescere quello che è il vero benessere di una popolazione. Il vero benessere significa chiaramente ridurre gli sprechi, a valle e a monte. Ridurre gli sprechi va fatto non perché lo dico io o Di Maio, ma perché da tempo tutti gli scienziati del mondo ci stanno dicendo che le risorse sono limitate e abbiamo molta CO2 nell’atmosfera. Serve insomma, qui e ora, un modello che riduca gli sprechi e nello stesso tempo aumenti il benessere complessivo delle società. Lo sa perché l’Italia ha affrontato bene il Covid: perché abbiamo capito che dovevamo aiutarci l’un l’altro».


E’ un invito che farebbe anche per la classe politica? Perché sinceramente non è che sembriate molto attrezzati al dialogo.


«Come nelle famiglie non è che tutti i giorni puoi avere la collaborazione piena, però io sono positiva. Collaborare è un beneficio non solo per chi governa ma per tutti. Lo vedo in commissione, dove lavoriamo benissimo e non c’è lo steccato maggioranza-opposizione, ma si cerca di tenere conto dei pareri di tutti per andare verso una direzione positiva».


Senatrice L’Abbate, è cambiato il Movimento 5 Stelle in questi anni?

«Quelli ambientali sono sempre stati tra i temi portanti dei 5 Stelle. Quando si è al governo è giusto cercare la quadra e il confronto con tutti. Quello che ho imparato in questi due anni è che non si governa da soli. Si governa insieme. Si dice che nella vita si può andare avanti solo se ci si adegua alle situazioni. Sono d’accordo. E’ così. Con una avvertenza però: che sia un adeguamento corretto e trasparente. Ed è quello che stiamo vivendo adesso. Non bisogna mai essere rigidi ma valutare volta per volta la cosa più giusta da fare anche per gli altri».


Roma 29 Luglio 2020

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