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Paura in Sicilia: scoperta una montagna di rifiuti interrata, sequestrata un'ex cava



Ora Ragusa ha paura. Per la bontà delle sue acque e per l’aria che si respira. E’ stata scoperta una montagna di rifiuti. Ma al rovescio: non elevata ma interrata. E’ la più importante operazione portata a termine di carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Catania competente anche per la località nel mirino di Piano Guastella di Vittoria, nell’area ragusana, in Sicilia. Ma, potenzialmente, è anche il blitz più pericoloso, foriero di seri rischi per la salute pubblica. In numeri, si tratta di trentamila tonnellate, 15 mila camion da trasporto che avrebbero riversato in una ex cava della provincia catanese polveri provenienti da termocombustori e dalle canne fumarie di impianti elettrici. Robaccia potenzialmente tossica che sarà analizzata dall’Agenzia regionale protezione ambiente di Ragusa. Tre gli indagati dalla Procura del capoluogo di provincia siciliano e beni sequestrati per un valore di oltre un milione di euro compresi nel provvedimento di sequestro firmato dal Gip del Tribunale siciliano. Le accuse sono di associazione per delinquere e traffico illecito di rifiuti.


GLI INVESTIGATORI: QUELLE CENERI VENGONO DA ALTRE REGIONI

La linea seguita dagli investigatori non si ferma ai confini dell’isola. Va oltre. Secondo i primi accertamenti, in Sicilia non ci sono termocombustori. Quindi, le polveri della bruciatura dei rifiuti proverrebbero da fuori regione, da altri siti la cui posizione ora è tutta da verificare. Invece, più ambigua appare la condotta dei tre indagati. Uno è titolare dello stabilimento dove le ceneri finiscono per essere inertizzate prima di essere regolarmente smaltite. Mentre gli altri due sono i responsabili della ex cava dove è stata trovata la montagna di polveri tossiche. “Nell’anno 2016 – hanno ricostruito i carabinieri del Noe diretti dal colonnello Michele Cannizzaro – i gestori dell’area avevano ottenuto dall’Assessorato Territorio ambiente della Regione siciliana l’autorizzazione ad effettuare un cosiddetto piano di recupero morfologico ambientale con il quale – hanno proseguito - si è autorizzati a ‘riempire’ una cava di materiali (in genere terre e rocce provenienti da altri scavi) non pericolosi… al fine di riportare l’area al piano originario, senza conseguenze per l’ambiente e per le falde idriche sottostanti”. Cosa che invece non sarebbe accaduta. “I titolari – hanno continuato i militari - una volta ottenuta l’autorizzazione, avrebbero consentito il conferimento (protratto per almeno due anni) di un enorme quantitativo di rifiuti provenienti da un’altra attività di recupero e trattamento rifiuti presente in provincia di Ragusa, materiali aventi caratteristiche fisico-chimiche tali da essere ritenuti rifiuti speciali pericolosi ed assolutamente non autorizzati né compatibili con le attività di recupero morfologico-ambientale autorizzate”. Le indagini non sono finite.


di Fabio Di Chio

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