Roberto Speranza, segretario di Mdp, vuole aprire all’M5S, come dice oggi in un’intervista all’Huffington Post: “Dobbiamo aprire al dialogo con loro e a Zingaretti dico, diamoci una sveglia. Organizziamo gli Stati generali dell’alternativa”. Parole, quelle di Speranza, che – a dirla tutta – arrivano molti mesi (anzi, anni) in cui l’ex leader del Pd, e poi tra i fondatori di Mdp, Pierluigi Bersani, non ha fatto altro che coltivare identico sogno, ‘aprire ai 5Stelle’, al punto da aver testardamente cercato di farci un governo insieme in tempi non sospetti, nel lontano 2013, anche se, allora, venne sbugiardato e vilipeso in diretta streaming.
Speranza, come già Bersani, ‘apre’ al dialogo con l’M5S
Molti, dentro la segreteria di Zingaretti, vogliono, a loro volta, aprire al ‘dialogo’ con i 5Stelle. Il mentore del segretario del Pd, Goffredo Bettini, la teorizza apertamente, e da tempo, l’apertura ai 5Stelle, ‘popolo’ e suoi dirigenti. Zingaretti si limita a dire, per ora, che vuole ‘dialogare’ con il ‘popolo’, appunto, e cioè con gli elettori dei pentastellati e, già che c’era, ci ha aggiunto anche il fronte dei moderati. La novità, però, è che, al dialogo con i Stelle, ora si stanno approcciando, pur tra mille cautele, anche i renziani dem. Sì, proprio loro, gli strateghi – Matteo Renzi dixit – della “strategia del popcorn”, del “godiamoci lo spettacolo mentre loro vanno a sbattere”, quelli del “mai coi 5Stelle!”.
Zingaretti, timidamente, apre. Ora arrivano i renziani
Ebbene, prima arrivano piccoli segnali del loro ‘disgelo’ verso quello che era il nemico pubblico numero 1, Renzi. Il capogruppo al Senato, Andrea Marcucci, renzianissimo, invita il presidente della Camera, Roberto Fico, in quel di Barga, amena località toscana dove Marcucci è di casa, per commemorare un senatore del Regno d’Italia, il garibaldino Antonio Mordini. Un’occasione istituzionale, si capisce, che Fico ha accettato di buon grado, ma la cosa è curiosa. I due – Fico e Marcucci – si sono poi intrattenuti in una piacevole conversazione in un bar dal nome Scacciaguai. Anche in Parlamento, dove le truppe renziane (ex, post, neo et similia) sono ancora oggi la stragrande maggioranza dei deputati e dei senatori del partito democratico, i movimenti e gli ‘annusamenti’ non mancano. Gli zingarettiani, si sa, hanno provato a ‘gettare l’amo’ sui “temi”: i 5Stelle presentano la legge sul salario minimo o salario di dignità? Il Pd fa lo stesso, anche se prova a farlo in modo diverso. I 5Stelle avanzano, come arma contundente contro la Lega, una legge sul conflitto d’interessi? Anche il Pd ne ha una. E via così. Ma i renziani – più numerosi e più esperti di leggi e pandette – l’amo lo buttano dove l’M5S è più sensibile.
Ceccanti ‘tratta’ con i 5Stelle sul ‘pacchetto Fraccaro’
Quelle riforme istituzionali che la Lega, di fatto, osteggia, ma che il Pd di Renzi, ai tempi, provò davvero a fare. Personaggio-chiave, nel merito, è il professore di Diritto costituzionale ed esperto di leggi elettorali Stefano Ceccanti (renzianissimo, a sua volta, ma ‘moderato’, Base riformista, oggi, cioè area Guerini-Lotti, ‘renziani sì, ma non così…’). Prima, Ceccanti si mette, di fatto, d’accordo con i 5Stelle per “migliorare” il testo base, ministro Fraccaro proponente (in quanto titolare alle Riforme) sul referendum propositivo e, in parte, pur se minima, ci riesce pure. Poi, Ceccanti, un po’ osteggia e un po’ incalza i 5Stelle sulla loro riforma chiave e simbolo, il taglio del numero dei parlamentari. Formalmente, il Pd si oppone perché – sostengono Ceccanti e altri – il “combinato disposto” del taglio dei parlamentari e della legge elettorale, il Rosatellum, renderà i collegi elettorali, specie al Senato, “enormi, abnormi, ingestibili”. Infatti, mentre FI e FdI votano a favore, il Pd vota contro, ma non si può certo dire che abbia fatto le “barricate”. Ieri, poi, ecco l’intesa che non ti aspetti: la relatrice pentastellata Corneli, fa approvare in commissione Affari costituzionali, l’allargamento del voto anche ai diciottenni per il Senato. Ceccanti – che di tale riforma è sempre stato fautore – annuncia il voto favorevole del Pd. Presto il testo andrà in Aula, alla Camera, e dovrebbe passare senza grandi paure. “Basta cambiare un articolo della Costituzione, si fa veloci” annuncia, soddisfatto, Ceccanti, il quale – naturalmente – nega che, dietro l’accordo, ci siano “strani accordi politici”. “Noi chiediamo anche l’abbassamento dell’elettorato passivo (l’età a cui si può diventare senatori, ndr.) da 40 a 25 anni, oltre che l’abbassamento dell’elettorato attivo (l’età a cui si possono eleggere i senatori, ndr.) da 25 a 18, per ora non hanno risposto, ma potremmo anche spuntarla”. Morale, l’accordo – di fatto – tra Pd e 5Stelle c’è e regge. Certo, Fraccaro (e Di Maio) tengono molto al ‘cuore’ delle loro riforme istituzionali, il taglio drastico dei parlamentari (da 630 a 400 alla Camera, da 320 a 200 al Senato, il ddl), che, dopo essere stato licenziato già due volte dalle Camere, è atteso al voto finale, quello definitivo (trattasi, appunto, di ‘doppia lettura’ in quanto è una riforma costituzionale). Al Senato il provvedimento è stato calendarizzato il 9 luglio. Alla Camera, a seconda del calendario, dovrebbe arrivare a fine luglio o inizi o, al massimo, entro i primi di settembre. Il ddl Fraccaro, dati i numeri ballerini del Senato, rischia, in realtà, di non passare, ma ove mai ciò accadesse potrebbe succedere solo nel caso la Lega faccia mancare i suoi voti, il che aprirebbe, di fatto, alla crisi di governo e alle urne. Ma questa è un’altra storia e come finirà si vedrà presto.
I ‘favori’, indotti o casuali, del Pd ai 5Stelle alla Camera
Intanto, però, qualche ‘favore’ il Pd ai 5Stelle lo fa, e per nulla nobile come, in fondo, è il tema delle riforme. Sul voto di fiducia al decreto Crescita, cui Di Maio teneva molto, l’opposizione democrat si è volatilizzata, in Aula, con pochissimi deputati presenti. Ora, vero è che le vistose assenze dentro i ranghi del Pd hanno fatto uscire fuori dai gangheri Zingaretti, che ne ha chiesto conto al capogruppo dem alla Camera, Graziano Delrio, assente a sua volta, ma certo è anche che il ‘favore’, dai 5Stelle, è stato ben notato. Per non dire del ‘pasticcio brutto’ sui minibot, dove i renziani – capitanati, in quel caso, dall’ex consulente economico a palazzo Chigi nei governi Renzi, il deputato Luigi Marattin e da un'altra renziana, Silvia Fregolent – sono riusciti nella “nobile impresa” di votare a favore di una mozione parlamentare che propone di introdurli perché – ahi loro – “non avevano capito” (sic) “esattamente che cosa stavano votando”. Un regalo, insieme, a M5S e Lega.
Le parole di Giacomelli, ‘pesce pilota’ di possibili intese
Ma il vero e proprio ‘cuore’ della nuova entente cordiale tra renziani e grillini sta nei – articolati e raffinati – ragionamenti che il toscano Antonello Giacomelli, uno degli (ex) colonnelli di Renzi e oggi una delle colonne di “Base riformista” (l’area Lotti-Guerini che terrà la sua prima assise nazionale di corrente o area il 6-8 luglio in quel di Assisi) va facendo da qualche tempo nei corridoi di Montecitorio. Ragionamenti che, poi, Giacomelli ha anche reso espliciti in un’intervista, sempre sull’Huffington Post. Al di là del titolo, che Giacomelli ha giudicato “forzato” (“Il Pd apra a M5S”) vale il concetto che in sintesi è questo: “C'è il proporzionale, nella legge elettorale, esistono tre poli, di cui noi siamo il più piccolo, e anche con una strategia mirata di alleanza, da soli non avremo mai il 51%, quindi dobbiamo rivolgerci a qualcuno, se vogliamo aspirare a governare e non a restare nell’eterno limbo dell’opposizione dove il Pci è rimasto per 50 anni...”. Più chiaro di così, oggettivamente, si muore. E dato che ‘Zinga’ vuole recuperare alla ragione, non potendo farlo con i renziani più ‘estremisti’ e ‘pasdaran’, quelli dell’area Giachetti-Ascani, almeno la parte dei renziani dialoganti, ecco che il cerchio si chiude, si torna alla domanda iniziale.
Cosa farà Zingaretti? Dipende molto da quando si vota
Vuole, davvero, il Pd ‘aprire’ al dialogo con i 5Stelle, il segretario del Pd? Zinga, nella prima riunione della nuova Segreteria, ha lanciato il suo estote parati, cioè “stati pronti perché Salvini sfascerà tutto e ci porta presto a votare”. I renziani hanno sempre accusato Zingaretti di volerlo fare, e aprire, il dialogo con i 5Stelle, e ne accusano pure Gentiloni, ma sostengono che non hanno ‘le palle’ per farlo. Ora lo vogliono pure loro. Cosa succederà? Se il Paese non precipita a urne anticipate, nulla, si andrà avanti così, tra ammiccamenti e sorrisi. Ma ove mai Salvini facesse ‘saltare il banco’ e i 5Stelle – orfani di Di Maio, che dovrebbe fare, per forza, un passo indietro – presentarsi, al voto anticipato, con ‘volti nuovi’ (Dibba? Fico? Conte? Sicuramente Conte piace molto dentro il Pd, specie agli ex ‘ministeriali’, a partire da Paolo Gentiloni), beh, allora potrebbe succedere davvero di tutto. Compreso che il Pd – e i 5Stelle – provino a dare vita, specie nei collegi uninominali, quelli che, dato l’attuale Rosatellum, determinano la vittoria o la sconfitta di una coalizione, forme di ‘desistenza’ elettorale, più o meno mascherata. In fondo, nel piccolo Molise, alle ultime amministrative, così è andata: il Pd, nel capoluogo di regione, Campobasso, è andato a votare in massa il candidato dei pentastellati, il quale ha surclassato, al secondo turno, quello della destra, in nome, tanto per cambiar, della pregiudiziale antifascista. Ora, al di là del fatto che, nella piccola Termoli, pure andata al voto, i grillini non hanno restituito il favore e, dunque, ha vinto il centrodestra, resta forte la tentazione. Certo è che, in questo momento, una fase in cui i 5Stelle sono squassati da polemiche interne dilanianti e infinite, dare loro un ‘aiutino’, forse non è il massimo della vita. Ma nel Pd sono fatti così: amano andare in soccorso dei deboli. Senza dire – come ridacchia un colonnello renzianissimo – che “a noi se in un altro partito nascono le correnti e si azzannano tra di loro proviamo subito un moto di simpatia e di empatia. Vuoi mettere dialogare, invece che con un partito-monolite, con un partito ‘sfaccettato’ e ‘sfrangiato’ come il nostro? I modi per andare d’accordo, tra partiti cosi, si trovano…”.
di Ettore Maria Colombo
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