«La qualità di una democrazia si misura dalla forza delle opposizioni e dalla loro capacità di dare filo da torcere al governo» recita un vecchio adagio del parlamentarismo oltremanica, cioè britannico. Ecco, come sono messe le opposizioni parlamentari al governo ‘gialloverde’ Conte, stabilito che, senza un’opposizione seria e consapevole, si mette a rischio, appunto, la tenuta democratica di un Paese? Male, o malino, di certo non benissimo specialmente di fronte all’atto più qualificante di un governo, la manovra economica, appunto. Ma vediamole, queste opposizioni, partendo ovviamente dalle due forze principali (Pd e FI) per scendere poi ‘pe’ li rami’ di quelle minori (LeU e FdI). Stabilito che i due partiti principali oggi all’opposizione, FI e Pd, possono contare su un numero di parlamentari limitato (105 alla Camera e 52 al Senato il Pd, 111 alla Camera e 61 per Forza Italia), davanti a una forza (almeno nei numeri) davvero impressionante che regge il governo, le recenti ‘mosse’ delle due opposizioni ‘democratiche’ sono assai discutibili. Prendiamo il Pd. Il gruppo dem al Senato ha deciso di denunciare alla Consulta, con un conflitto di attribuzione di assai dubbia natura (un gruppo parlamentare può costituirsi in giudizio davanti la Corte costituzionale?), la supposta ‘prevaricazione’ degli organi costituzionali in quanto il governo ha fatto votare la manovra economica senza prima permettere che si svolgesse la regolare prassi in seno alla commissione Bilancio. Ora, al di là del fatto che, casomai, andrebbe sanzionato il comportamento della presidente del Senato e dell’ufficio di presidenza, oltre che quello della conferenza dei capigruppo, la polemica sa tanto di ‘manovra di Palazzo’ che la ‘gente’ comune capirà poco.
La seconda mossa del Pd è stata quella di convocare un ‘presidio’ democratico (manifestazione sarebbe dire troppo) davanti alla Camera per domani, giorno del voto finale. Ma non si tratterà, appunto, di una manifestazione ‘di massa’ e, in ogni caso, una volta rientrato lo scontro con l’Europa e persino il raddoppio della tassazione al mondo del no profit, sarà difficile spiegare al proprio elettorato che l’attuale manovra è ‘lacrime e sangue’ perché, appunto, non lo è. Forza Italia – e, per la precisione, il suo ex capogruppo, Renato Brunetta – è invece incorsa in una vera e propria gaffe istituzionale, chiedendo un incontro al Quirinale per protestare contro la manovra. Per di più, la richiesta è stata subito sconfessata dagli altri partiti (dal Pd a LeU a FdI) e il Colle non ha affatto gradito la ‘mossa’ dato che, per dovere, la legge di Bilancio ‘deve’ firmarla. Certo, le capigruppo azzurre, Bernini e Gelmini, hanno tuonato a palle incatenate contro la manovra, ma attaccando ‘solo’ i 5Stelle e tralasciando del tutto la Lega con cui FI deve chiudere una serie di importanti dossier, a partire dalle elezioni regionali. Insomma, se l’opposizione del Pd sembra incerta e agitata, quella di Forza Italia appare contraddittoria e pericolante.
Certo che entrambi i partiti appaiono indeboliti e in affanno sia perché, dentro il Pd, si preoccupano solo – e tutti – del congresso che deciderà, il 3 marzo 2019, chi dovrà guidarlo e sia perché, dentro FI, la – possibile? Auspicabile? Realistica? – ‘guerra di successione’ al leader Berlusconi si svolge sottotraccia ma mette a dura prova le menti di tutti. Infine, la debolezza ormai congenita di entrambi i partiti, registrata da tutti i sondaggi, non aiuta a fare opposizione. Le due opposizioni ‘minori’ (LeU e FdI) sono, e non sembri un paradosso, più agguerrite e battagliere. Da un lato sono più abituate a fare, appunto, ‘opposizione’ in Parlamento, dall’altro hanno minori problemi interni. FdI è un gruppo granitico raccolto intorno alla sua leader, Giorgia Meloni, che non ha paura di sparare a palle incatenate sul governo, mentre LeU, pur ridotta a vivere come due separati in casa, tra Mdp (Speranza e Bersani) e SI (Fratoianni e Vendola), se impegnata in uno scontro frontale contro un governo di destra dà, come sempre in questi casi, il meglio di sé.
In definitiva, se vedere le opposizioni ridotte in uno stato di debolezza cronica ed endemica non aiuta la democrazia, la ‘colpa’ è anche di chi, appunto, pensa più ai propri guai interni a ogni partito che a fronteggiare il governo in carica. Ecco perché, appunto, Lega e M5S fanno davvero tutto tra loro – maggioranza e opposizione a seconda dei temi - e occupano così per intero il proscenio della contesa politica.
di Ettore Maria Colombo
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