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Pd, obiettivo di superare i 5Stelle non è più alla portata, tutti i guai e gli infortuni in casa Dem



Il Pd sta vivendo un momento difficile. Nei sondaggi – riservati, dato che non si possono pubblicare – non sfonda e l’obiettivo di superare l’M5S non è più a portata di mano. Del resto, i 5Stelle coprono tutto il terreno che va dal centro alla sinistra, l’antifascismo e l’antirazzismo militante non aiutano perché sono facile preda di partiti e movimenti ben più radicali del Pd, Salvini e la Lega occupano tutto il resto dello spazio politico possibile e immaginabile, Forza Italia quello moderato e centrista come pure, in parte, +Europa.


Tutti i guai e gli infortuni del Pd

Inoltre, ci sono messi anche dei veri e propri infortuni mediatici, a complicare la vita al Pd, come le due proposte di legge del tesoriere dem, Luigi Zanda: la prima, quella sul finanziamento pubblico ai partiti, non è stata ritirata. La seconda, quella che equipara lo stipendio dei parlamentari italiani a quelli europei, è stata, invece, ritirata, ma il segretario Zingaretti ha continuato a difenderla in ogni sede. Due proposte ‘da Casta’ che, in tempi di antipolitica, non aiutano e che hanno dato luogo a pesanti attacchi dei 5Stelle. Infine, ecco le diverse, e devastanti, inchieste giudiziarie che, dall’Umbria alla Calabria, hanno decapitato ben due governatori e giunte democrat. Su questo fronte, Zingaretti è riuscito, dopo molto penare, a far dimettere la governatrice dell’Umbria, Catiuscia Marini– ma non il governatore della Calabria, Mario Oliviero a sua volta finito sotto indagine dalla magistratura.

Ciliegina sulla torta, lo scoop, di qualche giorno fa, del Fatto quotidiano sul fatto che l’ex ministro Dc, Paolo Cirino Pomicino, avrebbe offerto i suoi servigi (e i voti suoi e dei suoi amici napoletani) al Pd di Zingaretti. Insomma, un quadro desolante, per il Pd, e appunto, una campagna elettorale per le Europee mai decollata.


Finalmente arrivano le dimissioni della Marini…

Ma si diceva dell’Umbria. Catiuscia Marini ha confermato stamane le sue dimissioni da presidente della Regione Umbria. Lo ha fatto stamani con una lettera inviata alla presidente dell’Assemblea legislativa, Donatella Porzi. Eppure, solo sabato scorso, l’Aula aveva approvato, con il voto determinante proprio della Marini, un documento della maggioranza che chiedeva alla presidente di ritirare le dimissioni presentate in seguito all’inchiesta sui concorsi all’ospedale di Perugia in cui lei è indagata.

Marini ha confermato con una comunicazione ‘Pec’ a Porzi le dimissioni presentate “ai sensi dell’articolo 64, comma 3 dello Statuto regionale, già comunicate in data 16 aprile” e parla di “percorso dettato esclusivamente da ragioni istituzionali, e non certo da ragioni personali”.

Proprio ieri il leader del Pd, Nicola Zingaretti, ospite a Mezz’ora in più, da Lucia Annunziata, su Rai 3, aveva parlato di un “grave errore politico” da parte di Marini. L’ex premier Paolo Gentiloni invece aveva definito il ripensamento della Governatrice “incomprensibile”.

Tutto è bene quel che finisce bene, si potrebbe dire, ma la vicenda Umbria si porterà con sé molti veleni, nel Pd. I Giovani turchi, il cui leader è Matteo Orfini, hanno criticato Zingaretti per non essere stato ‘chiaro’ nelle sue richieste e i renziani hanno cercato di difendere, fino all’ultimo, la Marini. In Umbria si tornerà a votare presto (a novembre, con Emilia-Romagna e Calabria) o al più tardi nel 2020 (a marzo) e il Pd rischia di perdere un’altra roccaforte rossa. Anche la Calabria, di fatto, il Pd la dà già per persa come pure molti comuni dove si voterà il 26 maggio, insieme alle Europee, e il Piemonte, dove pure Chiamparino è in risalita.


Torna sulla scena politica Matteo Renzi

Come se non bastasse, ecco che – sulla scena politica – ricompare Matteo Renzi, in carne e ossa. “Sei peggio di Matteo Renzi, più arrogante” dice Di Maio a Salvini. “Volete tornare al governo con Renzi”, dice Salvini. “Prima di insultarmi sciacquatevi la bocca e soprattutto provate a governare come ho fatto io”, ribatte lui,Matteo Renzi, oggi senatore ‘semplice’ del Pd, e – in ogni caso – “se il governo cade, dopo c’è solo il voto”. Non c’è che dire, l’ex leader e segretario dem ‘è tornato’.

Dopo mesi di silenzio, intervallati da alcune rare interviste, l’ex premier ed ex leader del Pd si riprende la scena pubblica e quella politica. Certo, in fondo non se n’era mai andato, ma è tornato a fare capolino sui mass media italiani, dopo qualche mese di, appunto, volontario autoisolamento. Del resto, l’uomo è fatto così: non riesce a fare Cincinnato, il condottiero romano che si ritirò in campagna in attesa che la Repubblica lo richiamasse a sé, non riesce a stare lontano dalla pugna, specie quando sente forte “l’odore del sangue”.

Ma dato che il governo gialloverde sembra sul punto di esalare i suoi ultimi respiri, ecco che Renzi si riprende la scena e, guarda caso, lo fa proprio mentre il Pd di Zingaretti non riesce più a decollare non solo nei sondaggi, e nella percezione dell’opinione pubblica, figurarsi sui media. Impossibile dire se, come pare abbia detto ad alcuni amici, “se ci fossi stato io, al timone, non gliene avrei fatta passare una. Sarebbe stato il Pd al centro della campagna elettorale” (frase forse vera, forse mal riportata, forse pure ingenerosa), ma certo è che ‘tutti’ – nota con soddisfazione malcelata – “devono fare i conti con me, dentro e fuori il partito”.


Renzi fissa molto in alto l’asticella, al 25%

E così, ecco che spunta prima un’intervista a Repubblica in cui l’ex leader promette “lealtà” al nuovo segretario e poi, però, forse maliziosamente, fissa molto alta l’asticella del risultato del Pd alle Europee: “il 25%”, dice Matteo Renzi, che è molto distante dal 18,7% preso da lui alle Politiche (e, quindi, sarebbe un successone), ma anche dai sondaggi che, pur vietati, girano e che vedono il Pd fermo al 21-22%. E se il 25% non arriva? Renzi potrà sfoderare un suo classico “ecco, avete visto? Non ero io il problema del Pd…”. Insomma, ‘senza di me’ il partito non recupera, sarà – anzi, in parte già è - il mantra dei renziani, dentro e fuori il Pd. Poi, in due giorni, arrivano ben due appuntamenti che vedranno Renzi protagonista. Il primo si è tenuto sabato e ha visto Renzi ritirare fuori dalla naftalina un progetto a cui aveva creduto molto, e cui aveva dato molto peso, ma che – da quando è arrivato Zingaretti sulla tolda di comando – si era perso nelle nebbie: quello dei giovani Millennials.


L’iniziativa con i Millennials a Roma

“Think Europe” è il logo (in inglese, ci mancherebbe pure) dell’iniziativa più sottotitolo lungo come una Quaresima. A due anni dalla loro nascita (e, si presumeva, dalla loro morte), i Millennials “hanno deciso di riunirsi in un unico grande evento che vede la partecipazione di ragazzi e ragazze provenienti da 18 regioni diverse”. Tutto bello, molto bello, ma l’annuncio dell’iniziativa porta, come sempre, in cauda venenum. Infatti, all’iniziativa, oltre allo stesso Renzi, partecipano ‘solo’ alcuni specifici candidati alle Europee, quelli della lista ‘Pd-Siamo Europei’ (il suffisso che Carlo Calenda ha preteso fosse inserito). Quelli che, cioè, sono renziani di provata fede, fedelissimi doc.


L’ex leader tira la volata solo ai candidati renziani

Sono, nella circoscrizione Centro, Simona Bonafé e Nicola Danti, entrambi europarlamentari uscenti e, la prima, segretaria del Pd toscana rieletta con una messe di voti. Non mancano i deputati dem – renziani fino al midollo - Anna Ascani e Luciano Nobili, la prima umbra e vestale del renzismo (e dello ‘giachettismo’, nel senso dell’unico candidato che Renzi ha riconosciuto come suo, al congresso, Giachetti), il secondo romano e ‘turborenziano’ della prima ora (dopo lontani trascorsi ‘gentiloniani’). Insomma, spazio per esponenti politici del Pd che non siano in odore di renzismo, all’incontro di oggi, proprio non c’è. Pochi (anzi, si contano sulle dita di una mano) i candidati che Renzi sponsorizza nel resto d’Italia: il capolista nel NordEst, Carlo Calenda, che incontrerà a Milano lunedì, il candidato nel NordOvest Enrico Morando, capofila dell’area liberal del Pd, la ex renziana Pina Picierno al Sud. Renzi, finora, ha partecipato solo a un’altra iniziativa pubblica, per le Europee: guarda caso a Firenze, casa del suo sindaco – e successore – Dario Nardella, che si gioca la partita, sempre il 26 maggio, per mantenere a sé la città, sempre con Bonafé e Danti, oltre che Frans Timmermans.


Albano&Romina: la reunion di Renzi e Calenda

Lunedì sera, cioè oggi, Matteo Renzi sarà a Milano con Carlo Calenda. L’ex ministro dello Sviluppo economico ha annunciato l’evento su Twitter definendolo una ‘reunion’ storica. Renzi ha replicato da par suo: “Addirittura storica? E che sarà mai, Albano e Romina?!”, ma la sfida a Matteo Salvini, nella sua Milano, è lanciata. “Io e Renzi lunedì saremo assieme a Milano perché ce lo ha chiesto Irene Tinagli. Lei è una brava (del resto, è stato Calenda a volerla in lista, ndr.) e noi gli daremo una mano - spiega - Ma non faremo un partito insieme. Quando stavamo nel governo ce ne siamo date di santa ragione, ero uno dei pochi che non gliele mandava a dire, ma non metto Renzi nella damnatio memoriae come si fa a volte nel Pd”. Ecco, appunto, il Pd.


Renzi punta alla “partita di ritorno”…

“C’è chi pensa che in questa fase io sia arrabbiato, nervoso. E’ invece questa è una fase in cui ho il tempo per imparare” dice Renzi, tanto per sgombrare il campo dagli equivoci. Certo, sottolinea, “non ci dimentichiamo di quello che ci hanno fatto. Siamo stati insultati, sparati alle spalle. Hanno creato le condizioni per mandare al governo questi scappati di casa. Ma noi come rispondiamo? Con la lealtà. Perché noi abbiamo voglia di futuro e -insiste – c’è ancora da giocare la partita di ritorno”. Quella, cioè, delle Politiche.

E la partita di ritorno potrebbe non essere troppo lontana. “Dicevano che doveva governare per 30 anni, ma il tempo di Salvini è già agli sgoccioli”, incalza Renzi. E se le cose precipitano l’ex-premier è d’accordo con Nicola Zingaretti per il voto subito: “Non esiste un piano B per il governo”, dice ai giornalisti, confermando di “essere orgoglioso” di non aver fatto l’accordo con i 5 Stelle, dopo le elezioni, accordo che molti maggiorenti del Pd di Zingaretti (da Andrea Orlando a Dario Franceschini) invece volevano. “Lo rivendico con forza”, dice sorridendo e assicurando che, ora, la ruota sta già girando: “Il palloncino populista si sta sgonfiando. Di Maio dice che non voterà mai una manovra che aumenta debito. Tranquillo ‘Giggino’, lo hai già fatto... Lui gioca a fare il leader serio e istituzionale ma cambia idea continuamente. Anzi non ha idee, le prende in prestito e le cambia continuamente”. Quelli con Salvini sono “finti litigi per prendere più voti possibile ma hanno la stessa cultura dell’odio a legarli”, sostiene il senatore dem.


I comitati civici ‘Ritorno al Futuro’ lavorano in apnea

Poi ci sono i comitati civici legati a lui e nati nel suo nome. Lavorano sottotraccia, ma lasciano importanti indizi e segnali di dove vogliono andare a parare. Coordinati da Ivan Scalfarotto, all’inizio, poi affiancato da Ettore Rosato (“Serviva un organizzatore e un mulo, ed eccomi qua…”, dice lui schermendosi), sono già diventati quasi un migliaio, in tutta Italia, e attirano elettori del Pd e – soprattutto – ‘non’ elettori del Pd, ma entusiasti di Renzi. I comitati hanno già lanciato la raccolta firme per una proposta di legge sullo ius culturae (evoluzione dello ius soli) e ora ne faranno un’altra, appunto, per chiedere una commissione d’inchiesta sulle fake news. Appuntamento nazionale (il secondo, dopo uno, clandestino, a gennaio) a giugno. Poi, ovviamente, tutti alla Leopolda, a ottobre. Sono, in nuce, l’embrione di un nuovo partito personale, ovviamente da Renzi guidato? Dipende da molti fattori. Innanzitutto, da quando si voterà. Se si andrà alle urne anticipate in autunno, è evidente che “non si fa in tempo”, dice un renziano di stretta osservanza, e che “faremo la nostra battaglia nel Pd”, pur sapendo che Zingaretti opererà una ‘pulizia etnica’, nelle candidature alle future Politiche, liberandosi il più possibile di tutti i parlamentari ‘renziani’. Se, invece, la legislatura durasse, allora ecco che il progetto di un ‘partito di Renzi’ (ma non, anche, di Calenda) potrebbe prendere piede e corpo, battendo l’Italia palmo a palmo, con i Comitati civici come sua ossatura primigenia. Si vedrà. Una cosa è certa: nelle chat e le pagine Facebook dei renziani – sia i parlamentari che i membri dei Comitati – l’indicazione è di votare ‘solo’ per i candidati renziani, gli ortodossi del renzismo e non anche per gli altri candidati.


di Ettore Maria Colombo

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