Edoardo Sylos Labini, attore e regista italiano, in un’intervista a Spraynews, oltre a presentare le nuove date del suo spettacolo “Il Sistema”, che si terrà prima a Roma, dal 21 al 25 settembre, presso il Teatro Sala Umberto (https://www.salaumberto.com/spettacoli/stagione-2021-2022/il-sistema/) e poi a Milano il 29 e 30 settembre al Teatro Manzoni (https://www.teatromanzoni.it/manzoni/spettacoli/il-sistema), interviene sulla perizia psichiatrica richiesta per Berlusconi, sulle suppletive di Roma, dove è coinvolto l’autore del Sistema Luca Palamara e sul compito che la scuola dovrebbe avere nel trattare tematiche rilevanti, come quelle relative alla giustizia.
A suo parere, Palamara, autore del libro da cui nasce il suo spettacolo teatrale, è candidato alle suppletive a Roma. Ritiene possa vincerle?
«Sta facendo una campagna elettorale come non si vedeva da anni, porta a porta. Va ovunque, parla con la gente e soprattutto non ha social. Trovo questa sua intuizione straordinaria. La politica non si fa sui social, ma nei quartieri, tra le persone, proprio come si faceva un tempo».
Un modus operandi, dove i partiti svolgono un ruolo di secondo piano, potrebbe avvantaggiare l’ex togato?
«Il voto oggi è fluido. E’ vero, poi, che il consenso non è legato alle forze politiche, ma ci sono tanti esponenti che appoggiano la candidatura di Palamara».
Il centrodestra non ha avuto il coraggio di esporsi a riguardo...
«In questo caso, è in atto una vera e propria guerra interna alla coalizione o meglio ancora una piccola parte di Forza Italia ha voluto imporre un nome. Allo stesso tempo, però, sappiamo benissimo, come d’altronde è scritto nel “Sistema”, che stiamo parlando di una battaglia che va oltre gli schieramenti, ovvero quella per fermare una piccola parte do magistratura che vuole continuare a condizionare le scelte del Paese».
Come giudica, ad esempio, la richiesta di perizia psichiatrica nei confronti di Berlusconi?
«E’ una vergogna. Stiamo parlando di una persona di 85 anni e si tira fuori il Ruby ter. Pensino quei giudici ai veri problemi e non a spendere migliaia e migliaia di euro per intercettazioni o meglio ancora tutto è quanto ben raccontato da Palamara nel suo libro, ovvero l’uso del troyan per cene e vita privata. E’ roba vecchia, che non la legge più nessuno. Anche alcuni giornali, protagonisti della famosa regola del tre, che mette insieme appunto uno strumento di comunicazione amico, una figura che indaga e un politico che fa la sponda, devono sapere che nessuno casca più alle bugie. Gli elettori non sono così stupidi come pensano i protagonisti del sistema».
Nel caso di Palamara, simboli della lotta al correntismo, vicende, come l’ultima che ha toccato Berlusconi, potrebbero avvantaggiarlo nella sua corsa verso Montecitorio?
«Una piccola parte della magistratura attaccando una sola parte politica alla fine finisce col fortificarla. Chi scaglia i dardi, infatti, vuole coprire i suoi problemi. I moralisti e i giustizialisti, però, abbiamo già visto quale triste fine abbiano fatto. La parabola di Manipulite sta esaurendo, man mano, il suo potere».
Come si può incrociare questa battaglia con l’arte e lo spettacolo?
«Gli artisti devono avere il coraggio di raccontare non dalla solita angolatura quello che succede nei propri tempi. Il mio è uno spettacolo di teatro civile, che non ha nulla a che vedere con quello partigiano, che ha narrato le vicende di una sola parte politica. Racconta i fatti. Il libro il “Sistema” ha riaperto un vaso di pandora che ci riporta a quella corruzione, a quella sete di potere e a quel tradimento che fanno parte dell’essere umano. Ecco perché lo spettacolo, così come il racconto di Palamara, diventano quasi un classico come lo può essere Shakespeare perché mettono in luce una delle caratteristiche dell’essere umano».
Quale è stata la reazioni degli spettatori dopo aver assistito allo spettacolo?
«Spesso rimangono quasi allibiti. La prima reazione è chiedersi se davvero è successo tutto quanto raccontato. Fa paura. Le persone si domandano in che mani siamo. Allo stesso modo, però, poi c’è un applauso liberatorio. Non a caso dedichiamo l’omaggio finale a Falcone, a Borsellino e a tutti quei magistrati onesti, che per fortuna sono la maggioranza nel nostro Paese. A loro va l’appello di questo spettacolo, ovvero quello di alzare la testa e andare contro il sistema correntizio. Gli spettatori vogliono riconoscersi in una giustizia giusta. Non è un caso che il libro ha venduto trecentomila copie, così come i referendum stiano raccogliendo migliaia di firme».
La sua opera può dare un contributo anche in tal senso?
«I referendum sono partiti un po' anche grazie al lancio del libro di Palamara e perché no dello spettacolo. Un’opera d’arte, uno spettacolo teatrale possono valere più di cento comizi perché la gente si emoziona e vive con più semplicità quello che gli viene raccontato».
La scuola e in modo particolare il ministero competente dovrebbero investire di più su iniziative come questa?
«Si può fare educazione civica tramite l’arte e il teatro. In un Paese civile dovrebbe essere la normalità. In Italia, purtroppo, non sempre accade, soprattutto quando si tratta di spettacoli di critica, particolarmente forti, che danno fastidio ad alcuni gangli del potere».
Di Edoardo Sirignano
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