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Pignedoli difende Palamara: «Mai un’audizione del genere in Antimafia. Grasso ha paura?»


Sabrina Pignedoli, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, in seguito a un post pubblicato sulla propria bacheca facebook, che aveva fatto scalpore, in un'intervista esclusiva rilasciata a Spraynews, ritorna sul caso Palamara, commentando anche quanto successo durante l'ultima audizione della Commissione parlamentare antimafia.


In un recente post ha scritto Grasso ha paura di Palamara. A cosa si riferiva?


«Era una domanda. Mi capita di seguire da remoto molto spesso le audizioni della Commissione parlamentare antimafia e sono rimasta molto stupita del comportamento di Grasso che ha fatto continui e pretestuosi richiami al regolamento per impedire o ritardare in tutti i modi l’audizione di Palamara. Ho seguito tante audizioni e non mi è mai capitato di assistere a una scena del genere, come se Grasso non volesse sentire quello che Palamara aveva da dire. Perché? Per paura?».


Perché Grasso, a suo parere, avrebbe tanta difficoltà ad aiutare Palamara?


«Oggi Grasso, nella seconda parte dell’audizione di Palamara, ha spiegato che non voleva che si parlasse male del ruolo svolto dai magistrati, che se effettivamente il sistema è intervenuto per le nomine, lo stesso sistema non avrebbe influito sull’amministrazione della giustizia e sulla lotta alla mafia. Una motivazione che mi è sembrata abbastanza fragile e che Palamara stesso ha smontato, dicendo che lui si limita a dire come funzionava il sistema, se poi questo abbia influito sull’amministrazione della giustizia non spetta lui riferirlo. Certo è che Grasso è stato procuratore capo di Palermo e della Dna, incarichi delicati in un periodo delicato per il contrasto alla mafia. Ricordiamo che in quel periodo vennero trattati molti pentiti, ci fu la cattura di Provenzano, si fecero colloqui investigativi importanti. E ricordiamo che sia il vertice della Procura di Palermo, sia il capo della Dna sono posizioni chiave che successivamente sono poi stati al centro degli interessamenti del sistema».


Le correnti della magistratura, descritte da Palamara, secondo molti, avrebbero favorito una parte del Pd e della sinistra. E’ d’accordo?


«Sono dell’idea che occorra valutare caso per caso senza generalizzare. In alcuni casi penso che sia effettivamente successo: basta seguire nel dettaglio alcune vicende giudiziarie. Credo però anche che ci siano interessi paralleli a quelli della giustizia che vanno oltre gli schieramenti politici, più trasversali, basati su centri di potere e comitati d’affari».


La magistratura italiana in questo modo non rischia di perdere credibilità?


«Ricordo sempre che ci sono centinaia di magistrati che svolgono il loro lavoro in silenzio, con dedizione, che hanno come obiettivo primario la giustizia e non la carriera. Chiaramente lo svelamento del sistema ha minato la credibilità della magistratura, questo perché per anni si è nascosta la polvere sotto il tappeto. Ora se la magistratura vuole mostrarsi credibile deve affrontare con serietà il sistema nel suo complesso, non scaricando tutto su Palamara, perché Palamara non faceva gli accordi con sé stesso: troppo facile prima chiedere i favori e poi far finta di non conoscere Palamara. Rendiamoci conto che alcuni di quelli che lo devono perseguire sono stati beneficiari del sistema».


Quanto serve oggi la riforma della giustizia avviata dalla ministra Cartabia?


«Una riforma della giustizia seria è vitale, ce lo chiede a gran voce anche l’Unione europea. Inoltre è fondamentale riformare il Csm: il fatto che quasi la metà dell’organo di governo autonomo della magistratura si sia dimesso è significativo dello stato di salute dello stesso. Oggi Palamara in Commissione antimafia l’ha detto chiaramente: la cosa di cui avevano più paura le correnti era il sorteggio dei membri del Csm. E questo ritengo sia molto significativo».


Lega e Radicali, intanto, raccolgono le firme per il referendum. Il M5s, oltre ogni appartenenza, può dare un contributo?


«Se vi sono iniziative condivisibili, credo che sia giusto sostenerle indipendentemente dalla parte politica da cui provengono. I quesiti referendari sono molto complessi e li sto ancora soppesando, soprattutto per valutare le ricadute ad ampio raggio che possono avere sull’amministrazione della giustizia».


Altro tema, spesso poco affrontato sui media, ma rilevante è la trattativa Stato-mafia. Le sembra giusto che chi ha combattuto la criminalità come De Donno e Mori rischi la galera?


«Vi è un processo con imputazioni ben precise e con sentenze in primo grado, spetta ai giudici dell’appello ed, eventualmente, della Cassazione, non a me, valutare se De Donno e Mori devono essere condannati oppure assolti».


Di Edoardo Sirignano

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