Sergio Pizzolante, Fabrizio Cicchitto ha sostenuto che il reiterato arresto di Giancarlo Pittelli vada ascritto nella storia della colonna infame. Nel frattempo, ad aggravare la sua condizione fisica e morale, Pittelli è stato trasferito, di gran carriera e in gran segreto, dal carcere di Catanzaro a quello di Melfi. Non le sembra troppo per uno che ha solo scritto una lettera a un parlamentare?
Fabrizio Cicchitto ha assolutamente ragione. Una lettera non nascosta, ma inviata con raccomandata e ricevuta di ritorno, il contrario, quindi di un pizzino, a un parlamentare, ha riportato in galera una persona, che era già stata ingiustamente detenuta, con un atteggiamento da parte della Procura assolutamente inaccettabile. Mesi di galera, senza mai un interrogatorio. E’ una vicenda che appartiene, a buon diritto, alla colonna infame di un Paese che, al di là del corso delle vicende giudiziarie, ha smarrito ogni senso di umanità e di giustizia.
Come è possibile che accadano queste cose? Siamo tutti potenziali Pittelli?
Sì, siamo tutti a rischio di finire nel tritacarne, come Pittelli. Sino a pochi anni fa, le richieste di arresto erano rivolte al Parlamento, in virtù di un teorema, secondo il quale il parlamentare aveva meno diritti dei comuni mortali. Ora, con ogni evidenza, siamo passati dalla teoria del privilegio alla pratica del dileggio del parlamentare, in quanto persona. Nelle richieste di arresto i pubblici ministeri, in un tempo recente, sostenevano che, essendo il parlamentare ancora in carica e, quindi, in grado di esercitare influenza, doveva andare in carcere per non reiterare il reato, che era, per l’appunto, quello di influenza. Per un lungo periodo in Italia i parlamentari sono andati in carcere, in quanto parlamentari. Questa scena disgustosa e macabra si è interrotta. Ora vai in galera, se non sei più un parlamentare, ma scrivi a un parlamentare. E’ la deriva giustizialista di Procure, che non hanno più il senso della legge e della giustizia.
di Antonello Sette
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