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Primarie dem: i renziani si spaccano, il grosso andrà con Martina e ticket Giachetti-Ascani



“Una tragedia”. “No, peggio: una ignobile farsa”. I commenti dei renziani, all’uscita dalla riunione che ha visto anche quello che restava in piedi dell’area legata all’ex leader Renzi (un centinaio di parlamentari tra Camera e Senato, 700 delegati in Assemblea nazionale, 120 membri circa in Direzione) che ieri si è trovata in un assise infinita nelle stanze del gruppo dem a Montecitorio, al IV piano, restituiscono il senso di quella che, prima ancora di una sconfitta politica, è una vera e propria debacle storica, quella del renzismo militante e di un'area che, nel bene come nel male, ha segnato un’epoca. Infatti, mentre Renzi pensa e si concentra solo sulle critiche all’esecutivo gialloverde ("Un governo di incapaci" dirà a Porta a Porta) e al docufilm su Firenzeche presenterà, inpompa magna, giovedì nella sua città (il docufilm andrà in onda sabato sera sulla tv Nove), ma anche a fondare quello che, da ‘movimento’ (i comitati “Ritorno al futuro” nati alla Leopolda) diventeranno, presto – data probabile di lancio, gennaio 2019– un vero nuovo partito, dell’esito della riunione tra i renziani è presto detto. Ieri, peraltro, Renzi si è limitato a dire, sempre intervistato da Bruno Vespa, e con il suo consueto tono sprezzante, che "fare opposizione vuol dire stare sui contenuti, presentare emendamenti, opporsi al governo degli incapaci, non mettersi a dire 'il Piddì, il Piddò'...".


L'ex leader dem nega per l'ennesima volta di voler fondare un nuovo partito, ma intanto lavora alla road map della sua cosa 'civica': annuncia, per fine gennaio, il lancio non solo dei comitati ma anche di una web-tv collegata ai comitati stessi e un tour in giro per il Paese per presentare il suo nuovo libro-manifesto, edito da Marsilio. Dopo ore di dibattito e ben 25 interventi - assente Luca Lotti, il ‘gran tessitore’ del renzismo che fu (si trova in viaggio negli Usa), e assente anche Maria Elena Boschi, sempre più, ormai, orientata a uscire dal Pd al seguito di Renzi- la maggioranza dell’area, preso atto del ritiro della candidatura di Marco Minniti dalla competizione, ha deciso di affidare a Lorenzo Guerini (l'ex ‘Forlani’ di Renzi) il compito di ‘esplorare’ (cioè, in soldoni, di trattare) presso l’ex segretario del Pd(l'ultimo, almeno in ordine temporale), Maurizio Martina, l’appoggio del grosso dell’area renziana alla sua candidatura. Una 'esplorazione' che si terrà nei prossimi giorni, cioè a presentazione delle candidature già chiusa, e una candidatura che già gode del supporto – in questo caso, però, convinto dall’inizio – di tre pezzi della (ex) galassia renziana: il capogruppo alla Camera, Graziano Delrio, forte soprattutto in Emilia, il deputato modenese, ed ex ‘rottamatore’ Matteo Richettie il capofila dei Giovani Turchi (forti in Piemonte, Umbria, Lazio e Sicilia), Matteo Orfini, presidente uscente del Pd. Insomma, con l’apporto di truppe renzianedi seconda fila e non della prima ora, ma dotati di robusti pacchetti di voti, specialmente al Sud (Campania, Basilicata, Calabria), la candidatura di Martina– che di suo ha truppe radicate solo nel Lombardo-Veneto– acquisterebbe forza e spessore fino al punto, forse, di renderla ‘competitiva’ (come, fino a oggi, invece non è mai stata) con quella di Zingaretti. Anche se proprio Zingaretti e proprio oggi ha incassato il ritiro di uno dei candidati minori alle primarie, l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, passato armi e bagagli (la piccola corrente dei 'Laburisti dem') con lui, ma che presenterà una lista autonoma a sostegno della candidatura del governatore del Lazio.


E proprio nell'area di Zingaretti, si dice, con malcelata perfidia, che "ormai la candidatura di Martina è quella di un Renzi mascherato", dato il numero di renziani ed ex renziani che lo appoggiano, e anche - come sibila Andrea Orlando a un paio di renziani stanchi e avviliti - che "qualsiasi cosa voi facciate (una lista per Martina o il ticket, ndr.) ci fate un favore e lavorate, di fatto, per noi...". Sulla posizione dell’appoggio alla candidatura di Martina si sono schierati quasi tutti i principali maggiorenti dell’area, dallo stesso Guerini al toscano Antonello Giacomelli allo stesso Lotti (raggiunto via telefono) e a tutti i 'lottiani', Minniti compreso pur se assente. Il guaio – visto con gli occhi di chi nel renzismo ha creduto almeno fino a oggi – è che una forte minoranza dell’area che ormai si può apertamente definire ‘ex’ renziana si è invece prodotta in una serie di interventi (tra gli altri, hanno parlato il romano Roberto Giachetti, l’umbra Anna Ascani, il romano Luciano Nobili, i toscani Stefano Ceccanti e Andrea Romano) che hanno chiesto di avanzare, comunque, o – come si dice a Roma – “a dispetto dei santi” – una candidatura autonoma dell'area. Ma essendo il nome di Guerini indisponibile per sua precisa volontà (“Arrivati a questo punto appare molto difficile sostenere una candidatura d'area”) e quello della ex cigiellina Teresa Bellanova non giudicata all’altezza, il grosso dell’area ha risposto picche preferendo accasarsi in extremis da Martina.

Gueriniha cercato di riportare, in tutti, la ragione dal sen fuggita e il capogruppo al Senato, il renzianissimo Andrea Marcucci pure (“Due sono le opzioni sul tavolo: per un candidato di bandiera è francamente troppo tardi, l’altra soluzione è andare con Martina per rafforzare la dose di riformismo dentro il Pd”). Su questa linea si sono detti disponibili a lavorare anche molti ex renzianid’ordinanza, da Alessia Morani a Simona Malpezzi fino a Lele Fiano, mentre il vicepresidente della Camera, Ettore Rosato, confida a un amico: "Rispetto, ma non condivido, la scelta di alcuni di noi di presentare una candidatura autonoma. Penso che, però, noi dobbiamo trattare con Martina, pur senza abiurare le nostre idee, e vedere se il nostro profilo riformista troverà, nella sua candidatura, piena cittadinanza".


Ma i pasdaran del renzismo perinde ac cadaver hanno detto, in diversi interventi, di voler andare avanti, da soli, con una candidatura di bandiera, appunto, come dire 'andar a cercar la bella morte'... Prima è circolato, di nuovo, il nome della Bellanova, poi è spuntato fuori un’altra idea, assai ‘geniale’: quella del ticket tra Giachetti e la Ascani, appoggiata – oltre che dai due renziani medesimi – da pochi (se non pochissimi) altri, tra cui Nobili, Ceccanti, Romano. I quali ultimi due, però, fino alla fine non sanno neppure se appoggeranno davvero, o no, il presunto nuovo ticket per la segreteria dem e annunciano di stare, invece, “riflettendo”. E così, mentre Renzi era del tutto assente e lontano ma già minacciante di voler tornare a usare “il lanciafiamme” (“Più che il lanciafiamme ci vorrebbero ago e filo per ricostruire” gli ha risposto, secco, Martina intervistato su Radio Capital) come di certo dirà – e, in futuro, farà – quando, stasera, parlerà, ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta (Rai1) e mentre diversi sondaggi danno un suo - possibile - nuovo partito intorno al 10% dei voti (lasciando ilPdal palo su un altro 10%...), i suoi fedelissimi hanno proposto di presentare un nome ‘altro’ e dal profilo ‘schiettamente riformista’. Da qui in poi, e cioè con il passar dei minuti, più che delle ore, l’idea del ticket Giachetti-Ascani subito prende quota (i due hanno anche lanciato una diretta Facebook live alle ore 18) mentre Andrea Romano prova a salvare capra e cavoli, sostenendo non essere “incompatibili” le due scelte emerse nell’area renziana (il sostegno a Martina e il ticket). Il guaio è che il termine per la presentazione di candidature e firme a sostegno di un qualsivoglia (nuovo) candidato, scade domani alle ore 18 e che, per presentarlo, servono tra le 1500 e 2000 firme raccolte in almeno 5 regionie in almeno tre circoscrizioni elettorali, tenendo come base quelle delle elezioni europee, oppure il 10% dei membri dell’Assemblea nazionale, il che equivale a circa 100/120 firmeda far sottoscrivere in seno a quell’organismo.


Oggi Francesco Boccia, uno dei sei aspiranti candidati ha detto, in polemica proprio con il ticket Giachetti-Ascani che "Finalmente oggi è la giornata della presentazione ufficiale delle candidature. Io sono andato a raccogliere le firme fisicamente in ogni angolo d'Italia. Giachetti e la Ascani hanno dato una mail, non è regolare, non esiste una raccolta di firme via mail", dice. "Limitare il renzismo a candidature estemporanee mi sembra anche riduttivo per lo stesso Renzi- aggiunge – Renzi non sa che fare? Ho la sensazione che si vogliano avvelenare un po' i pozzi". E poi attacca nel merito: "La candidatura di Giachettimi sembra una cosa che arriva così all'ultimo momento... La questione è sui contenuti? Io mi candido per cancellare il jobs acte il decreto dignità di Di Maio. Giachetti e la Ascani che cosa possono dire sulla scuola? Che la buona scuola è stato un successo? La scuola deve diventare la priorità". Insomma, di firme si può anche 'morire', nel senso che il numero richiesto è abbastanza considerevole e che gli ultimi pasdaran del renzismo potrebbero anche non trovarle. Da oggi, dunque, se non ci saranno novità dell’ultima ora, i candidati alla segreteria del Pd(primo giro tra gli iscritti, secondo giro primarie ‘aperte’, già fissate al 3 marzo 2019) saranno di certo tre (Zingaretti, Martina e Boccia), forse quattro con l’outsiderCorallo (ma si dubita, al Nazareno, che trovi le firme necessarie) e potrebbero salire a cinque solo se Giachetti e la Ascani riusciranno a trovarle in una notte. Sempre che, come sfotte Antonello Giacomelli rivolto al suo ex capo corrente, Dario Franceschini, "non gli faccia un favore tu a loro, caro Dario, trovandogli le firme". Perché è chiaro che il ticket Giachetti-Ascani, ove si materializzasse, indebolirebbe di fatto la candidatura di Martina e rappresenterebbe un elemento di disturbo utile alla corsa di 'Zinga'.


di Ettore Maria Colombo

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