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Primavera Meridionale, Morano: «Una nuova idea metapolitica nel segno di Fanfani»

Aggiornamento: 11 nov 2021



Sabino Morano, a margine della presentazione del volume “Le origini dello spirito capitalistico”, tenutasi al ristorante Carter Oblio e a cui hanno preso parte esponenti del mondo politico e accademico, come il deputato Gianfranco Rotondi, il docente universitario Sergio Barile, il dirigente dell’Asi Ettore De Conciliis, Giorgio Ciardi, già consigliere comunale nella capitale, parla di “Primavera Meridionale”, associazione che sarà presentata nel Sud Italia e non solo, che si distinguerà proprio per essere un’alternativa ai partiti tradizionali.


Ha curato uno dei primi libri di Fanfani, come “Le origini dello spirito capitalistico”. Da dove nasce questo interesse?


«Abbiamo voluto riscoprire il Fanfani studioso, ovvero quello precedente alla sua attività politica. Quando scrisse quest’opera era giovanissimo. Aveva circa 25 anni ed era già al suo secondo libro. Nel suo lavoro, egli si inserisce in una polemica a distanza con alcuni dei grandi del tempo immediatamente precedente come Weber e Sombart sullo spirito capitalistico come motore della storia, in visione antitetica a quella di Karl Marx che vedeva il capitale come il principale attore».


Perché oggi è importante un approfondimento su tale figura?


«In questo momento storico in cui l’incertezza del modello produttivo, che nei fatti ha messo da parte il sistema capitalistico che ha caratterizzato il secolo scorso, riscoprire studiosi che si sono dedicati in maniera approfondita sull’argomento può essere una bussola per chi voglia approcciarsi allo studio economico e ancora di più per chi intenda interessarsi dal punto di vista della politica attiva».


A suo parere, come Fanfani avrebbe giudicato l’attuale classe imprenditoriale?


«Aveva una visione in cui lo Stato era ancora protagonista delle vicende. L’attuale e assoluto caos sarebbe stato sicuramente censurato».


Come avrebbe visto, invece, un tecnico al governo, come Mario Draghi?


«Penso molto male perché è il contrario concettuale del suo modo di vedere le cose. La sua visione vede lo Stato al centro come elemento regolatore rispetto a una mancanza di fiducia che traspare da tutta l’opera fanfaniana. Tra l’altro anche nell’attività politica, in particolare rispetto alla capacità di autoregolamentazione del mercato».


Ha parlato di mancanza di fiducia, un po' come quella che in tanti hanno oggi nei confronti della classe dirigente odierna. L’ex premier che posizione avrebbe avuto rispetto a un fenomeno come l’antipolitica?


«I 5 Stelle sono l’opposto di Fanfani, cioè là abbiamo una dimensione teorica molto robusta, che assume i tratti di un’azione metapolitica rispetto a quella che sarà poi la modalità di azione politica pratica, come dimostrato dal piano casa piuttosto che con la legge della montagna del 1952. Dall’altra parte, invece, il caso dei pentastellati è proprio il classico esempio di assoluta mancanza di teoria che inevitabilmente si riverbera nella prassi, creando disastri».


Fanfani in quale forza o coalizione si sarebbe riconosciuto?


«I partiti non riescono a esprimere una vera dimensione metapolitica e non hanno delle linee che nascono da una visione teorica, anzi ci vorrebbe molta più metapolitica. Di ciò ci stiamo occupando, in questi giorni, con la nascita dell’associazione “Primavera Meridionale”, che abbiamo creato con degli amici e che presenteremo a breve in varie città d’Italia».


Primavera Meridionale, quindi, non sarà l’ennesimo simbolo o cartello…


«Non è un partito e non nasce come tale. Ce ne sono già troppi. Vogliamo fare, invece, quello che non riesce alle attuali forze in campo, ovvero creare una dimensione teorica. Intendiamo selezionare classe dirigente, influenzare la politica attiva, formare degli uomini. Deve essere appunto un momento di costruzione metapolitico. Non deve andare in concorrenza con l’azione dei partiti. Non ne sentiamo il bisogno, considerando che già ci sono troppi simboli e nessuno funziona».


Come vi posizionate rispetto all’attuale esecutivo?


«Il problema non è stare contro o a favore di un governo, ma di visione. Ho detto tante volte che uno come Draghi non avrebbe potuto avere per legge la possibilità di un incarico, ciò non toglie che salutai anche con favore la nascita del suo movimento perché faceva uscire l’Italia da una situazione ancora peggiore. Più che farci la domanda se sostenere o meno quest’esecutivo, l’interrogativo vero è se si può immaginare di continuare in un contesto dove la visione politica è assente come quello attuale che poi porta a soluzioni di questo genere, che in alcuni casi sono addirittura necessarie o salvifiche, ma sono concettualmente aberranti».


Di Edoardo Sirignano

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