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Procedura di infrazione Ue, dall'Italia cauto ottimismo ma ancora non c'è l'intesa M5S-Lega


Per il governo italiano la via d'uscita c'è. L'esecutivo sta infatti facendo di tutto, ma è solo l'impressione di palazzo Chigi, per evitare che la Commissione europea apra la procedura d'infrazione contro l'Italia per debito eccessivo e inosservanza delle regole. Si sta lavorando per portare la quota del deficit-Pil dal 2,4 per cento al 2, proprio come vuole Bruxelles. Anche se poi l'Europa pone la sua attenzione sulle misure che hanno portato a quel 2,4 per cento, cioè i progetti di bandiera dell'alleanza giallo-verde: reddito di cittadinanza e pensioni a quota 100.

Il nodo è politico, per questo le aspettative sono accentrate sul vertice di oggi a palazzo Chigi, con Matteo Salvini che si rifiuta «di pensare che per uno zero virgola scattino procedure o sanzioni».

Si ammorbidisce anche l'Europa, o almeno quella parte che vuole un compromesso per l'Italia, ma che lo fa essenzialmente pensando ai problemi di casa propria, che potrebbero imporre ad esempio alla Francia, a chiedere più flessibilità per accogliere le richieste dei gilet gialli che stanno letteralmente devastando il Paese. Nei week-end. O la Stagna, che condivide la linea italiana dello stop al rigore e del via libera a misure espansive (leggi: spesa pubblica), ma solo perché a sua volta vuole negare alla Commissione la possibilità di correggere il bilancio iberico. Ma anche la Polonia, paese falco nel chiedere il rispetto delle regole, ora appoggia l'Italia: Varsavia teme il conto più salato per l'Europa se l'Italia chiedesse uno sconto sui propri versamenti, ora 5 miliardi in più rispetto a quanto ottiene.

Giuseppe Conte, andando a Bruxelles a incontrare il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Junker, pensa anche a salvare la faccia, se non la sua quella del Paese, e il governo è unito nel dire che le misure non si cambiano, semmai si rimodulano. E a pensarci inizia l'iter della legge di bilancio che si apre oggi pomeriggio in commissione Finanze al Senato, dove dovrebbero arrivare gli emendamenti che sono stati evitati accuratamente alla Camera. Fa pensare il taglio alle pensioni d'oro la dichiarazione di Salvini: «Secondo me, la cosa che si può fare senza ricorsi e controricorsi, più che il taglio secco, si può bloccare l'adeguamento delle pensioni extra-ricche. Innanzi tutto, non deve essere coperta dal contributivo e poi, almeno da 5000 euro netti in su. Sicuramente, se uno prende 3000 euro di pensione non è straricco. Una pensione da 2500-3000 euro non è una pensione alta». Parole che non soddisfano l'alleato a 5 Stelle e che fanno intuire che molto si giocherà sul vertice di oggi. L'accordo a palazzo Chigi è difficile: bisognerebbe tagliare 8-9 miliardi, quasi l'importo delle nuove misure bandiera dei due partiti al governo, che finora, stringendo la cinghia, si sono detti disposti a rinunciare a 4 miliardi per reddito di cittadinanza e quota 100 sulle pensioni. Dicono che il resto si otterrebbe con tagli alla spesa pubblica orchestrati da un'apposita spending review. Il dubbio è d'obbligo.


di Paolo dal Dosso

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