Conto alla rovescia per la sentenza del processo che si svolge a Roma nei confronti del sindaco Virginia Raggi accusata di falso in atto pubblico per la nomina a responsabile del dipartimento del Turismo del Comune di Roma Renato Marra, fratello di quello che, all’epoca dei fatti, era il suo braccio destro e capo del personale del Campidoglio, Raffaele Marra, poi finito agli arresti per un’inchiesta di corruzione. La sentenza è attesa per la giornata di sabato, 10 novembre, e in ballo ci sono le dimissioni dalla carica di sindaco della Capitale, non per quanto stabiliscono le norme della Legge Severino, ma per il codice etico dello stesso Movimento 5 Stelle. Non si sono fatte attendere, infatti, già alcune reazioni politiche come quella del ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, che, sollecitato dai giornalisti, ha sottolineato «Non conosco l’esito del processo, ma il nostro codice di comportamento parla chiaro e lo conoscete».
L’accusa ha chiesto per il sindaco Raggi 10 mesi di reclusione al termine della requisitoria del procuratore aggiunto Paolo Ielo, che ha condotto le indagini insieme al sostituto Francesco Dall’Olio, e che si è detto convinto che il sindaco Raggi abbia mentito quando, davanti alla responsabile dell’Anticorruzione del Campidoglio, nel dicembre del 2016 riferì di aver gestito da sola e per sua esclusiva volontà la promozione di Renato Marra. Per la procura di Roma «Raggi mentì per non dimettersi poiché in base al codice etico del Movimento 5 Stelle vigente nel 2016 se avesse riconosciuto il ruolo di Raffaele Marra nella nomina del fratello si sarebbe dovuta dimettere». «Marra ci ha messo la manina ma la sindaca sapeva, ha detto il procuratore aggiunto Ielo in aula, Raffaele Marra non era come gli altri 25mila dipendenti comunali. Andava protetto perché era uomo-macchina e fondamentale per la nuova amministrazione e ne conosceva tutte le difficoltà».
La vicenda si riferisce ad una serie di nomine per rispettare la normativa anticorruzione con la rotazione di 40 dirigenti del Campidoglio tra cui Renato Marra, fratello del vice capo di gabinetto Raffaele, che da dirigente della Polizia municipale passa alla guida del Dipartimento del Turismo con un considerevole aumento di stipendio. L’udienza si è aperta con la testimonianza dell’ex capo di gabinetto del Comune di Roma, Carla Raineri, il giudice della Corte d’appello di Milano poi allontanata dopo poche settimane dall’elezione della Raggi. Raineri ha raccontato il ruolo che avevano in quei giorni i due più stretti collaboratori del sindaco: Raffaele Marra e Salvatore Romeo. «Marra non aveva nessuna delega, ha raccontato Raineri, era formalmente il vice capo di gabinetto ma era il consigliere privilegiato del sindaco. Stavano in tre in una stanza a porte chiuse, per riunioni inaccessibili a tutti se non all'allora vice sindaco Daniele Frongia. Marra aveva un fortissimo ascendente sulla sindaca». «Erano stati coniati , ha detto Carla Raineri , vari epiteti per Marra, eminenza grigia, Richelieu, sottolineando la debolezza della sindaca come quella della zarina ai tempi di Rasputin. Chiunque si fosse messo di traverso rispetto alle loro ambizioni faceva una brutta fine. Penso a me, quando dissi che intendevo sostituire Marra con un colonnello dei Carabinieri nel ruolo di vice capo di gabinetto. Di lì a poco il sindaco si fece venire dubbi sulla legittimità della mia nomina». Al termine dell’udienza il sindaco Virginia Raggi ha voluto rilasciare delle dichiarazioni spontanee per rispondere alle parole del ex capo di gabinetto: «La deposizione di Carla Raineri a tratti mi è sembrata surreale. In questo processo si parla di un mio presunto falso e per quatto ore abbiamo ascoltato parole simili a gossip».
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