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Proposta di legge sui sindacati militari, l’ex ministro Trenta: «Serviva più coraggio»


«Serviva più coraggio». Sono le parole dell’ex ministro alla Difesa Elisabetta Trenta, che in un’intervista a Spraynews, rispetto alla proposta di legge sui sindacati militari, l’altro ieri approvata a Palazzo Madama e che dovrà tornare alla Camera.


Occasione persa da Pd 5 e 5 Stelle?


«Si poteva arrivare a fare qualcosa di veramente utile e innovativo per la difesa. Non c’è stato il coraggio di andare fino in fondo. Sono stati fatti sindacati militari che forse valgono meno della rappresentanza militare in un certo senso. Serviva più coraggio».


Perché, a suo parere, è venuto a mancare?


«Probabilmente il nostro Paese non è pronto e c’è stata sin dall’inizio molta paura che i sindacati potessero mettere in pericolo la coesione delle forze armate. Ritengo, però, che non sia così, perché dovrebbero essere un punto di forza, soprattutto nel creare unione. C’è sempre stato il timore che le associazioni di categoria fossero un’organizzazione che nasce contro le linee di comando. In realtà devono essere a disposizione di tutti e dovrebbero essere utilizzate nel modo migliore anche da queste ultime. E’ uno strumento per la funzionalità della difesa, la sua efficienza. Contribuisce a migliorare il rapporto col personale che si sentirà più tutelato».


Il pluralismo anche all’interno del sindacato, come d’altronde dice la Costituzione, dovrebbe aiutare in un certo senso la democrazia…


«Certamente! Per tanto tempo i militari non hanno avuto la possibilità di avere dei sindacati e quindi la sentenza della Corte Costituzionale per la prima volta li ha riconosciuti. In qualità di ministro, dando seguito a quanto deciso da quest’ultima, li avevo avviati con delle circolari, ma occorreva una legge per regolarli. Questa normativa doveva essere un po' più coraggiosa. In realtà i sindacati militari sono molto limitati, sia nelle materie che devono essere trattate, sia nell’organizzazione. Il fatto, per esempio, che esista un’organizzazione centrale e locale, ma non ci sia la possibilità per i rappresentanti sindacali del territorio di parlare direttamente col loro comando è una grande limitazione».


Possiamo dire che il lavoro iniziato quando lei era ministro, oggi è stato buttato?


«Non è così. Intanto i sindacati esistono e in questi due anni hanno cominciato a lavorare. Hanno avuto anche delle piccole vittorie. Hanno cominciato a fare esperienza. E’ stato un periodo utile. Nulla è servito a niente. Neanche questa legge è inutile. E’, comunque, un grande punto di partenza. Serviva una normativa già operativa, che riconoscesse una piena libertà sindacale, che non significa diritto di sciopero, ma tutela vera dei militari. Nonostante ciò, la legge ci sarà quando passerà alla Camera e da lì probabilmente immagino, attraverso altri ricorsi alla Corte Costituzionale e di Giustizia, piano piano si arriverà a quel provvedimento ottimale che avremmo potuto fare in minor tempo».


Cosa significa?


«E’ necessario, purtroppo, più tempo per cambiare la cultura all’interno della difesa».


I sindacati, però, sono più maturi rispetto a prima?


«Ripeto, hanno maturato due anni di esperienza, hanno cominciato a capire quali possono essere i problemi. Sicuramente non è stato tempo perso».


E’ disposta a collaborare qualora le venisse chiesto un contributo?


«Guerini sa dal momento in cui gli avevo detto quello che avevo fatto e che c’era da fare che doveva avere la massima attenzione per la legge sui sindacati militari. Questa, però, non è sotto il controllo totale del ministro, ma passa per il Parlamento. Sono disposta, quindi, a collaborare con tutti coloro che intendono fare qualcosa per migliorare la vita del personale della difesa. La base di ogni organizzazione e l’elemento più importante è quello umano».


Di Edoardo Sirignano


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