Tre anni e sei mesi di carcere, interdizione dai pubblici uffici e una multa di 100mila euro di risarcimento verso il Comune di Roma. È questo l'esito del processo a carico di Raffaele Marra, il Rasputin del Campidoglio ed ex uomo ombra del sindaco Raggi, arrestato nel dicembre 2016 assieme all'imprenditore Sergio Scarpellini, deceduto lo scorso 20 novembre, per il reato di corruzione. Secondo l'accusa, che nella figura del pm Barbara Zuin aveva chiesto quattro anni e sei mesi di reclusione, i due assegni circolari da 367mila euro intestati alla moglie di Marra da parte dell'imprenditore romano, serviti per comprare un'abitazione nel quartiere Prati Fiscali della capitale, rappresenterebbero la tangente con cui l'ex capo del personale del Comune di Roma avrebbe messo a disposizione del costruttore la sua posizione preminente in Campidoglio. I giudici della II Sezione penale del Tribunale di Roma hanno inoltre disposto la confisca dell'appartamento, oltre ad aver ribadito l'estinzione di qualsiasi rapporto di Marra con la pubblica amministrazione.
A distanza di anni dall'avvenuta transazione del denaro, e già a pieno svolgimento del processo, Marra avrebbe restituito l'intera somma a Scarpellini, giustificandola come un prestito tra amici. Una tesi respinta dall'accusa che, insospettita dai tempi, ha proseguito sulla pista della corruzione, strada che si è poi rivelata fondata anche secondo il parere dei giudici. Galeotta fu la conversazione telefonica intercettata dalla polizia tra il faccendiere del Campidoglio e l'allora segretaria di Scarpellini, Ginevra Lavarello, in cui Marra si definiva «a disposizione».
Una volta sequestrato il cellulare dell'ex capo del personale del Comune capitolino, gli inquirenti sono poi venuti a conoscenza di una chat sull'applicazione Telegram "quattro amici al bar" tra Marra, il sindaco Raggi, l'ex vicesindaco Daniele Frongia e Salvatore Romeo. Alcuni scambi di battute tra la Raggi e Marra sarebbero stati fondamento per l'altro filone del processo, quello sulle nomine, che ha visto il sindaco romano essere assolto «perché il fatto non sussite», dopo l'accusa di falso in atto pubblico per aver mentito circa "l'intromissione" di Raffaele per la promozione del fratello Renato Marra. Resta ancora in piedi, a riguardo, il procedimento a carico dell'ex braccio destro del sindaco, accusato di abuso d'ufficio per aver sfruttato la sua posizione in Campidoglio per favorire la carriera del fratello.
di Alessandro Leproux
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