Il reddito di cittadinanza è un business per i Caf che vale minimo 13 milioni di euro. Come ogni misura assistenziale, i benefici non vanno solo alla platea di coloro che hanno i requisiti ma anche a tutto ciò che ruota attorno a queste persone. Favoriti dall’eccesso di burocrazia, di una disintermediazione mai effettuata, da regole complicate ma anche dalla possibilità che dietro ogni norma si possa trovare l’escamotage per accedere al beneficio senza averne diritto, ecco che chi svolge l’attività di assistenza all’ente pubblico, l’Inps, ne trae vantaggio. I Caf dopo essersi aggiudicati la consulenza per le dichiarazioni dei redditi e di una serie di incombenze previdenziali e assistenziali, accedono ora a questo lucroso business.
La Consulta dei Caf, l’organizzazione che li rappresenta, ha definito un accordo con l’Inps che li autorizza a ricevere le domande da parte dei diretti interessati. Riceveranno dall’istituto di previdenza 10 euro, Iva esclusa, per ogni pratica. A cui si aggiungeranno altri 5 euro in caso di integrazione della domanda già presentata. Il tetto massimo di spesa è pari a 15 milioni di euro. Il governo prevede che il reddito di cittadinanza dovrebbe essere richiesto da 1,3milioni di persone. Questo significa un incasso per i Caf pari a 13 milioni di euro.
È probabile che le pratiche siano superiori alle previsioni perché in molti tenteranno di accedere al beneficio pur non avendo i requisiti o pensando di aggirare i paletti fissati dal governo per evitare abusi. Il calcio d’inizio di questa operazione è fissato per mercoledì prossimo, 6 marzo. Da questa data si potranno presentare le domande. I Caf non sono l’unico sportello. La richiesta può essere presentata anche agli uffici postali, oppure in via telematica attraverso il sito internet dedicato. Ma sappiamo la ritrosia delle persone per questi canali.
Inoltre il rapporto tra i cittadini e I Caf si è consolidato nel tempo. Basti pensare che si occupano di lavorare il 90% delle dichiarazioni dei redditi. Il numero di precompilate usate direttamente dai cittadini via internet è ancora esiguo e la stragrande maggioranza delle pratiche continua a passare per i Caf. Le pratiche del reddito di cittadinanza vanno accompagnate da quelle per l’Isee, l’indicatore della situazione economica che sancisce il diritto o meno al contributo. Anche di questo se ne occupano i Caf che riceveranno 102 milioni di euro. L’Isee serve anche per avere accesso a una serie di servizi pubblici come gli asili nido e le mense scolastiche e da ultimo per la pace fiscale. Durante il governo Renzi, l’Inps aveva chiesto che il contributo pubblico per la compilazione dei moduli Isee non ricadesse più sul suo bilancio, ma su quello di Comuni, Regioni e Asl, cioè coloro che effettivamente richiedono le dichiarazioni ai cittadini per l’accesso alle prestazioni pubbliche. Non se ne fece nulla. Gli enti locali, già in difficoltà di bilancio, si opposero a questa ennesima spesa. Inoltre l’allora ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, non volle aprire un fronte conflittuale con le amministrazioni locali in una stagione politica delicata per il Pd.
di L.D.P.
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