Il disegno di legge costituzionale recante “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” è passato oggi nell’aula di Montecitorio senza nessuna modifica rispetto al testo licenziato da palazzo Madama. E questo nonostante i giuristi e professori di diritto costituzionale, auditi in questi mesi abbiano messo in guardia da una legge che taglia drasticamente il numero dei parlamentari (da 600 a 400 i deputati e da 315 a 200 i senatori) finendo inevitabilmente per incidere sulla rappresentanza. Anche per i parlamentari eletti all’estero poi la sforbiciata è notevole: una volta che la legge fosse approvata i rappresentanti dei milioni di italiani sparsi per il mondo sarebbero una pattuglia striminzita, otto deputati e 4 senatori. Ma la strada è ancora lunga e prevede, come prescrive la Costituzione, una seconda lettura da parte delle Camere. Ne parliamo con la parlamentare di Forza Italia Fucsia Nissoli, eletta nella circoscrizione estero sia in questa che nella precedente legislatura, che in questi giorni si è battuta con forza per provare ad introdurre elementi migliorativi al testo.
Quattro senatori e otto deputati eletti all’estero in rappresentanza del dieci per cento della popolazione. Onorevole Nissoli, con la proposta di legge costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari la maggioranza gialloverde ha fatto strame dei principi della democrazia. Che senso ha una rappresentanza così esigua? E’ pura ipocrisia politica. Non sarebbe a questo punto più corretto eliminarla e trovare altre modalità per permettere agli italiani all’estero di partecipare ai processi democratici?
«Ridurre la rappresentanza degli italiani all’estero in Parlamento in un momento in cui l’emigrazione aumenta e gli iscritti Aire sono cresciuti del 56% dall’istituzione della Circoscrizione estero è una offesa agli italiani all’estero, significa dare meno peso ai loro diritti politici, alla loro cittadinanza. Io ho detto nell’Aula di Montecitorio che questa proposta evidenzia una chiara volontà di eliminare la rappresentanza dall’estero e se così realmente è che avessero almeno il coraggio e proponessero di abolire gli eletti all’estero facendo votare gli iscritti Aire per i candidati dei luoghi di origine in Italia».
L’iter della legge è per fortuna lungo e richiede una doppia lettura. Spera che nel prosieguo del dibattito la questione del voto all’estero possa essere stralciata?
«Io mi sono battuta per questo e continuo a lottare affinché ciò possa avvenire spiegando la specificità della Circoscrizione estero».
Si parla di razionalizzazione e di risparmi, ma in realtà i risparmi derivanti dalla riforma sarebbero irrisori. In compenso la macchina del parlamento con una contrazione del numero dei parlamentari così sostanziosa rischierebbe di bloccarsi. Non trova che in generale, e non solo per quel che riguarda gli italiani all’estero, questa riforma sia pericolosa?
«Il problema di questa riforma è che è fatta con la fretta di dover dire che si è tagliato qualcosa senza capire come far funzionare meglio il meccanismo di produzione legislativa, bilanciando la rappresentanza con la funzionalità del Parlamento. Il fatto che abbiano tagliato il numero degli eletti all’estero senza chiedersi che cosa rappresentano e quanti cittadini rappresentano, un numero decisamente superiore a quello dei colleghi eletti sul territorio nazionale, sta a dimostrare quanto ho affermato».
Non crede che una riforma del voto all’estero sia oggi più che mai urgente e necessaria, visto che così com’è strutturato non solo non garantisce appieno la segretezza del voto ma comporta costi notevoli? Di riforma del voto si parla da anni ma oltre le enunciazioni non si è mai andati. Come mai?
«La riforma delle modalità di voto all’estero è urgente e ormai matura dopo il lungo dibattito che vi e’ stato in questi anni. Bisogna capire come fare contemplando l’uso delle nuove tecnologie in modo da facilitare il voto e renderlo più sicuro. Io ritengo che bisogna inserire il voto anche con strumenti elettronici e dobbiamo fare una riflessione pacata, con l’aiuto di tecnici e guardando le ultime esperienze fatte all’estero nel settore, capirne i lati positivi e negativi (ma sembra che siano soprattutto positivi sotto ogni punto di vista). Quindi è ora che si proceda prima delle nuove elezioni e finalmente si ponga fine alle storture che tutti ormai conosciamo!».
Ai tentativi di riforma e alla manomissione della Carta costituzionale gli italiani in questi anni hanno detto no. Esemplare la bocciatura del referendum sulla proposta Renzi-Boschi. Potrebbe succedere anche in questo caso?
«Potrebbe succedere se si riterrà di sottoporre la riforma a referendum, ma non è detto che questo accada. Nel caso ciò capitasse, ho già chiesto dall’Aula di Montecitorio ai connazionali all’estero di bocciare la riforma».
di Giampiero Cazzato
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