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Romano: “Palamara deputato? Ha aperto gli occhi. Può essere utile. Lo voterei? Non lo escludo”.

Bartolomeo Romano, professore ordinario di Diritto Penale all’Università di Palermo, già membro del Consiglio Superiore della Magistratura.




Professor Romano, i mali della giustizia italiana sono sotto gli occhi di tutti. L’ex Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Luca Palamara nel libro intervista di Alessandro Sallusti ha definitivamente scoperchiato il vaso marcio delle correnti, che decidevano non solo il corso delle carriere, ma addirittura quello di alcuni processi. La cosiddetta riforma Cartabia, votata praticamente da tutte le forze politiche, è un passo importante verso il cambiamento?

Assolutamente no perché non si occupa minimamente della riforma del Csm e della magistratura, che era stata affidata alla Commissione Luciani e che al momento è chiusa in un cassetto.

Se questo è il quadro, quanto sono importanti i referendum sulla giustizia promossi dal Partito Radicale?

Sono fondamentali perché, di fronte alla pavidità delle forze politiche e all’opposizione, in parte palese e in parte sotterranea della magistratura, la voce deve necessariamente passare al popolo, che forse sarà finalmente capace di pronunciare una parola definitiva.

A proposito di pavidità e di parole mancanti, non crede che una giustizia giusta ed efficiente dovrebbe essere un anelito trasversale, senza guelfi e ghibellini gli uni contro gli altri armati. A me sembra che alcune forze politiche, come il Pd, al contrario si dimostrino, ogni giorno di più, restie ad accogliere qualsiasi istanza di cambiamento. E’ così anche per lei?

La mia impressione è che il Pd nell’attuale gestione si sia purtroppo totalmente appiattito sulle posizioni dei Cinquestelle e che abbia, quindi, perso quell’autonomia garantista che in passato lo aveva contrassegnato.

Sottomissione al M5s a parte, quale è la ragione di questa scelta di opposizione preconcetta a un cambiamento, di cui è evidente l’urgenza?

Il giustizialismo è ancora per certe forze politiche uno strumento utile per accaparrarsi i voti di vasti settori di popolazione, che non conoscono i veri problemi della giustizia e che, grazie ai referendum, potranno finalmente aprire gli occhi.

Che cosa bisognerebbe fare per cambiare le sorti e il volto oscuro di una giustizia inefficiente e inaffidabile, percorsa, come è, da lotte di potere e intrighi di palazzo?

Dal punto di vista ordinamentale bisognerebbe, innanzi tutto, riformare il Consiglio Superiore della Magistratura. Poi separare le carriere di pubblici ministeri e giudici. Bisognerà anche trovare forme di soluzione delle controversie diverse dal processo penale in senso stretto e avere contemporaneamente il coraggio di promuovere una forte campagna depenalizzazione. Nulla sarebbe, però, risolutivo senza mettere mano al controllo dell’efficienza del sistema giustizia e, quindi, anche dei magistrati che lo gestiscono. Un sistema, al momento, totalmente privo di qualsiasi anche minima verifica.

Un Sistema abbandonato a se stesso?

Sì, perché nel Csm si fanno accordi e si cerca di non danneggiare nessuno.

Il regno del cerbiottismo?

Assolutamente sì. E’ il luogo dove le correnti dominano e in cui gli otto membri eletti dal Parlamento vengono ritenuti degli intrusi, come ho provato sulla mia pelle nel quadriennio 2010-2014. Pensano di trasformare il Csm una sorta di Anm con l’aggiunta di qualche ospite indesiderato, come sono per loro i componenti di nomina politica. Una visione completamente contraria non solo allo spirito della Costituzione, ma anche a un sistema efficiente.

Come sa, Luca Palamara vuole portare la sua battaglia di verità anche all’interno del Parlamento. Come giudica la sua candidatura alle elezioni suppletive nel collegio di Roma Primavalle?

Sono scelte personali su cui non esprimo una valutazione specifica. L’unica cosa che le posso dire è che finalmente Palamara si è svegliato dal lungo sonno della ragione nel quale aveva vissuto, quando era stato Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati e membro del Csm. Se ha aperto gli occhi e ritiene di portare la sua esperienza in Parlamento, potrà fare qualcosa di utile.

Se abitasse a Primavalle, lo voterebbe?

Ci penserei sopra. Non lo escludo.


di Antonello Sette

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