E dopo il blocco dei porti ecco quello degli aeroporti. In un clima che sembra ripiombato nel post guerra fredda, con rigurgiti di dogane, blocchi d'ingresso, dazi e quant'altro, il già difficile scenario in casa Ue si arricchisce di un nuovo capitolo di un romanzo dal volume ormai stratosferico. La notizia è quella del mancato consenso da parte dell'Italia a far atterrare, e quindi tornare, i famosi migranti registrati da noi una volta sbarcati sulle coste e solo in seguito spostatisi verso il Nord dell'Europa, Germania in primis. I cosiddetti movimenti secondari hanno interessato la gran parte dei summit europei sull'immigrazione, visto che il trattato che li regolarizza, la convenzione di Dublino, è stato più volte messo in discussione dai Paesi rivieraschi, i primi approdi, che si ritrovano a pagare l'onere di un'organizzazione sommaria e molto poco condivisa del problema. In soldoni, i migranti approdati in Italia, dove sono registrati e fanno domanda d'asilo, devono restare in Italia fino al completamento delle procedure burocratiche di accertamento della possibilità di godere dello status di rifugiato e vedersi quindi accettata la domanda d'asilo. Come è però noto, molti migranti usano l'Italia, la Grecia o la Spagna come porto di primo approdo per raggiungere in seguito altri Paesi europei. La Germania in particolare, il Paese da cui giungono più "ritorni" verso l'Italia, da qualche mese ha intensificato di molto le procedure, sino a operare in deroga ai voli charter previsti dall'accordo (due voli mensili con a bordo venticinque migranti ciascuno), arrivando ad imbarcare i clandestini anche in voli di linea. Il risultato: da inizio anno sono ben più di 2mila i migranti rispediti al mittente. Questo è principalmente dovuto all'opera del ministero degli Interni tedesco, presieduto dall'intransigente ministro Seehofer, che ha puntato molto su questa operazione in risposta ai malumori dell'elettorato, in vista delle elezioni che si terranno domenica.
Un'intensificazione dei rimpatri che non è certo andata giù dalle parti del Viminale, con Salvini che si è fatto portavoce delle lamentele a riguardo e che si è da sempre battuto per il superamento di Dublino. E, come ormai ci ha abituato, dopo le minacce sono arrivati i primi provvedimenti: fonti del Viminale hanno infatti rivelato che «giovedì non ci sarà alcun volo in arrivo dalla Germania a Fiumicino (o in altri scali italiani) e non ci saranno aerei di questo tipo nemmeno la settimana prossima» e ha sottolineato come «la programmazione di questi voli non è frutto di accordi politici sottoscritti dall'attuale governo». Già in estate la Merkel, fiutando il tracollo, aveva ribadito la necessità di nuovi accordi bi o trilaterali che potessero sanare un conflitto che non si è risolto nelle sedi opportune di Bruxelles.
Negli ultimi quattro mesi sono già tre i charter arrivati dalla Germania, a cui si sommano i migranti fatti viaggiare su voli di linea, numeri che fanno vacillare la sicurezza del governo e del vicepremier leghista in merito alla questione che costituisce un altro tassello del mosaico di problemi che affliggono dall'interno la Comunità europea, apparentemente preda di una paralisi comunicativa che sta logorando i rapporti tra Paesi membri.
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