Ma lei sarebbe salito su un palco elettorale brandendo il rosario?
«Non ne avrei avuto bisogno. La gente avrebbe saputo quale era il mio riferimento. Con Salvini non è così» ci risponde Paolo Alli, presidente di Alternativa popolare, commentando l’utilizzo elettorale del rosario da parte del leader della Lega, sabato scorso a Milano.
Quel gesto di Salvini è stato stigmatizzato duramente dalla Chiesa. Ed oggi il presidente della Cei Gualtiero Bassetti, nella sua introduzione alla 73/a Assemblea generale della Conferenza episcopale, ha messo in guardia dai «richiami a tradizioni e simboli religiosi» e dalle «forme di comportamento esteriori».
Insomma quel rosario sul palco sa tanto di appropriazione indebita.
«Evidentemente Salvini è quanto di più distante ci possa essere dai valori autentici della tradizione cristiana e cattolica. Diciamola tutta, sui tempi più delicati della solidarietà e della famiglia non è che sia un esempio da seguire».
Peraltro usa modalità e un linguaggio che riporta forse al medioevo, quando i prelati benedivano le armi prima delle battaglie.
«Anche ai tempi della Dc che pure aveva l’aggettivo cristiano nella denominazione del partito non c’erano questi eccessi. Non ce n’era neppure bisogno, si sapeva quali erano gli schieramenti in campo. Salvini parla chiaramente a una parte consistente dell’elettorato cattolico che lo vota. La domanda che faccio a me stesso come cattolico è questa: se io avessi votato Salvini come avrei reagito ad una esagerazione così?».
E che risposta si è data?
«Avrei reagito sicuramente in modo non positivo, con fastidio. Credo però che Salvini abbia fatto un altro conto. Poiché l’uso del Vangelo nella precedente campagna elettorale gli aveva portato, almeno a detta di tutti gli osservatori, numerosi consensi, lui ha pensato bene di tirarlo fuori in un momento in cui è in visibile e crescente difficoltà. Non credo che questo gesto avrà la stessa efficacia di quello precedente».
Dal cattolicesimo di base alle gerarchie, passando per i parroci più impegnati sul fronte dell’immigrazione. Mai come oggi il clima tra Lega e mondo cattolico è stato così glaciale. Non pensa che quello di Salvini sia stato un autogol? Che al dunque perderà parecchi voti cattolici?
«E’ una possibilità, ma non ci scommetterei. Devo dire che soprattutto al Nord, per quella che è la mia sensibilità e la conoscenza di alcune realtà, una parte ancora rilevante dell’elettorato cattolico è sensibile al richiamo salviniano. Quindi continuerà a prendere voti di cattolici della base, delle parrocchie, della gente normale. Anzi, potrebbe perfino capitare che le esternazioni in senso contrario degli alti prelati gli portino ancora più consensi. Il problema vero è Salvini è – come Trump peraltro - un politico divisivo: divide il mondo in buoni, la sua parte, e cattivi, tutti gli altri, e la Chiesa, a mio modesto avviso, non deve cadere in questa trappola. Il manicheismo di Salvini non fa bene alla politica e bisogna battersi per non farlo divenire sentimento prevalente nella società».
Da cattolico come giudica la contrapposizione fatta da Salvini tra Papa Francesco e i pontefici precedenti. Come a dire io sto con loro, con la tradizione, con la Chiesa “conservatrice”?
«Non mi faccia fare l’avvocato difensore di Salvini! Anche nel passato recente la sinistra ha utilizzato le stesse modalità che usa oggi il vicepremier leghista. La strumentalizzazione delle parole dei papi per prenderne quello che si ritiene possa essere utilizzato dalla propria parte politica è uno sport a cui siamo abituati da molto tempo. Per fortuna lo Spirito Santo non ha questo criterio nel giudicare i pastori che manda sulla terra».
Le incursioni di Salvini nella simbologia cattolica, al di là della vicenda elettorale stretta, pongono una questione, ovvero se la riorganizzazione del centro sia oggi ancora possibile. Rifare la Dc non è una ambizione fuori dalla storia?
«Rifare la Dc, concordo con lei, è fuori dalla storia, ma ricostruire un centro moderato no. Quella è una ambizione possibile. E il tentativo che noi di Alternativa popolare con il Popolo della famiglia di Adinolfi abbiamo fatto è esattamente di rimettere assieme due pezzettini che si riferiscono agli stessi ideali e valori. Ideali e valori praticati e non sbandierati, sperando che possano costituire un contributo, un piccolo mattone utile a chi –laici e cattolici - non si riconosce nelle offerte politiche oggi presenti sul mercato».
Alli, lei ha seguito la vicenda dell’elemosiniere del Papa, il cardinale Konrad Krajewski, che ha riallacciato la corrente in uno stabile occupato nel quartiere Esquilino di Roma, spiegando che il suo gesto era per restituire la luce alle famiglie che abitano nel palazzo dove si trovano anche 98 bambini. Per questo rischia di essere indagato. Che ne pensa?
«Penso che è giusto e corretto che la Chiesa cattolica si preoccupi delle esigenze dei più poveri perché è la sua missione. Certamente è un gesto che ha una portata politica. Che sia stato giusto da un punto di vista giuridico non lo so. Però noi dobbiamo sempre tenere presente che una cosa è il rispetto delle regole giuridiche e un’altra cosa è la moralità. Salvini quando respinge i migranti fa un gesto forse giuridicamente corretto, ma immorale. Il cardinale Konrad Krajewski ha fatto un gesto, probabilmente, giuridicamente scorretto ma morale».
Un’ultima domanda: pensa che sul voto europeo peserà più la vicenda del rosario o le inchieste in Lombardia sugli amministratori leghisti?
«Il risultato della Lega non sarà così eclatante come ci spiegavano i sondaggi solo poche settimane fa. Sarà importante ma non eclatante. Quanto peseranno le polemiche sull’uso disinvolto del rosario è difficile dirlo. Ma mi creda, peseranno parecchio di più gli arresti in Lombardia».
di Giampiero Cazzato
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