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Salvini e la sua De Santis sotto scacco di Fazio: "Che tempo che fa" è fuori controllo del potere



La passione per il potere, più che per la televisione stessa, di Fabio Fazio è cosa nota. Talmente evidente da aver superato tutte le stagioni della politica restando saldamente al proprio posto. E anche stavolta potrebbe andare allo stesso modo, nonostante La Lega che non lo sopporta e i 5 Stelle che lo tollerano. Tanto che il vertice della Rai vorrebbe farlo saltare per consegnare lo spazio occupato dal conduttore a Massimo Giletti, scalpitante su La7 ma con la voglia matta di tornare sotto le insegne del cavallo di viale Mazzini. Solo che non sanno come fare, al punto che il direttore di Rai Uno, Teresa De Santis, parla di tutto fuorché di Fazio. Ed è tutto dire. E il conduttore ligure, consapevole del quadro generale, ha deciso di giocare la scommessa alzando l’asticella al massimo livello possibile. In pratica il “suo” Che tempo che fa è diventato uno spazio autogestito, buono per soddisfare la sua sete di potere. Prima ha piazzato l’intervista a Macron, mentre domenica 31 marzo ha apparecchiato il tavolo a Jean-Claude Juncker, con una intervista chiaramente anti lega. Dopo gli inchini ad Emmanuel Macron, quelli al presidente della Commissione europea, nemico giurato dell’Italia e del governo gialloverde. La passione per il potere, declinata in salsa televisiva, lo fa godere. E poco importa se il suo è diventato un Servizio pubblico a senso unico, quello in onda su Rai Uno, contro il quale le regole del gioco s’infrangono grazie all’ingegneria contrattuale partorita dalla precedente gestione che impedisce alla Rai di piazzare Giletti alla domenica sera al posto di Fazio. Non a caso sulla vicenda, più d’uno ha scritto che “La missione di Fazio è quella di portare Salvini al 40%! Dopo Macron, Fabiolo ospita 'Gin'-Claude Juncker. Continua la sfilata in Rai di politici stranieri nemici del governo”. Vero, Altrettanto vero il fatto che la Lega sta occupando tutte le poltrone in Rai, fuorché quella di Fazio, però.


di Alberto Milani

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