Come se non gli bastassero i guai che gli sta procurando l’affaire Russian connection, Matteo Salvini ha deciso di ergersi – novello Mussolini che i sindacati, prima ancora di abolirli, li incontrava a palazzo Vidoni perché, per incidens, era anche ministro del Lavoro – a unico interlocutore delle parti sociali (sindacati e imprenditori, appunto, in un’ottica post-fascista, quelle delle “categorie produttive”, appunto). Il premier, Giuseppe Conte, che dell’incontro sapeva da tempo e che non aveva fatto, tranne qualche sfogo in qualche retroscena giornalistico, neppure un plissé (come pure, del resto, il ministro ‘titolare’ del Lavoro, Di Maio) perde le staffe, a scoppio ritardato, e verga una nota dura, durissima, in cui stigmatizza il ‘fattaccio’, che pure sapeva. Del resto, come cantava Fabrizio De André, “la paura dà il coraggio di arrivare fino al bosco”: Salvini è, oggi, sporcato dalla Russian connection, ergo Conte fa la voce grossa. Ma meglio riannodare le fila e raccontare prima dell’incontro.
Una giornata di ascolto, ma convocata al Viminale…
Salvini – in teoria ministro dell’Interno e vicepremier, pur se ‘anziano’, come ci tiene a sottolineare, cioè come se fosse, per ragioni anagrafiche, rispetto a Di Maio, che è vicepremier ‘junior’, più titolato del pentastellato - incontra le parti sociali e le categorie produttive a “casa sua”. Una giornata di ascolto, convocata al Viminale, sede assai irrituale per il confronto, tanto più perché si parla della prossima manovra economica, quella che – scritto il Def – andrà materialmente vergata da settembre in poi, presentata in Parlamento a ottobre e approvata entro il 31 dicembre. In attesa della delicatissima legge di bilancio, dunque, il leader leghista tenta, già che si trova, anche una manovra diversiva per non parlare del caso Russia, dopo che ieri Giuseppe Conte e Luigi Di Maio si sono smarcati sulla vicenda dei presunti fondi russi alla Lega e hanno chiesto a Salvini di riferire in Parlamento per fornire i dovuti chiarimenti. Richiesta subito rispedita al mittente, da parte di Salvini.
“Mi occupo di vita reale e non di spionaggio o di fantasia, c’è un’inchiesta e attendiamo sereni la sua conclusione” ha detto ieri sera il vice-premier leghista, che si trovava a Spoleto per il concerto finale del Festival dei Due Mondi, aggiungendo che – oggi, appunto, al Viminale - “incontro 40 rappresentanti economici al ministero. Io penso ad occuparmi solo di tasse, lavoro, crescita e sicurezza”.
Sindacati e imprenditori accettano l’invito di Salvini
Presenti al tavolo – come se tutto quello che sta accadendo, dentro il governo, non fosse mai esistito - diverse sigle, da Cgil, Cisl e Uil a Confindustria, da Confartigianato all’Abi, fino a Confedilizia, Legacoop, Confcooperative e l’Ania. Insomma, tutte le sigle che contano, praticamente. Le stesse che, di solito, non sono use andare al palazzo del Viminale, ma a palazzo Chigi, dove si trova l’apposito “tavolo verde” che proprio a quello serve: far incontrare le parti sociali con il governo. Di solito, premier e ministro del Lavoro. Ma, in tempi di governo gialloverde, ‘todo cambia’. E così, ecco che i sindacati e gli imprenditori – da Landini a Boccia, leader che di solito criticano, duramente, il governo Conte- non fanno una piega e si accomodano al desco di Salvini. Al fianco del vicepremier, in sovrannumero, fa il suo ritorno pure Armando Siri, ex sottosegretario leghista alle Infrastrutture costretto alle dimissioni dopo una lunga battaglia politica, perché indagato per corruzione e cacciato dal governo su input e precisa richiesta di Di Maio che chiese e ottenne, mesi fa, la sua testa, ma che sempre quello fa, di mestiere: il ‘consigliori’ economico della Lega. Fanno parte della delegazione leghista anche Massimo Garavaglia, Massimo Bitonci, Claudio Durigon, Alberto Bagnai, Claudio Borghi, Dario Galli e Guido Guidesi. Insomma, i vertici economici leghisti, sia che siedano al governo sia no.
La presenza di Siri e le proposte leghiste sulla flat tax
“Vogliamo che la manovra economica sia molto anticipata, vogliamo definirne i punti tra luglio e agosto e vogliamo raccogliere i vostri suggerimenti” dice il vicepremier aprendo il tavolo, che sarà seguito da un secondo round entro fine mese. “E’ l’inizio di un percorso, non vogliamo sostituirci al presidente del Consiglio”, aggiunge Salvini. Peccato che, come vedremo, Conte sia a dir poco furioso.
E tocca proprio ad Armando Siri illustrare la proposta leghista sulla flat tax: “Il nostro obiettivo è la flat tax con un’unica deduzione fiscale che assorbirà tutte le detrazioni. Vogliamo portare al 15% l’aliquota fino a 55.000 euro di reddito familiare. Ci saranno benefici per 20 milioni di famiglie e 40 milioni di contribuenti. Ci sarà un grande impulso ai consumi e risparmi per 3.500 euro per una famiglia monoreddito con un figlio. C’è l’intenzione di portare nelle tasche degli italiani 12-13 miliardi di euro”.
Il sottosegretario al Tesoro, Massimo Bitonci, spiega, inoltre, che il governo lavora alla ‘fase due’ della pace fiscale per chiudere i contenziosi delle imprese con un intervento di natura forfettaria, intervento che, per Bitonci, riguarderà solo i casi di evasione fiscale, e dice anche che “far emergere 150 miliardi dalle cassette di sicurezza, l’emersione di tale contante, è un obiettivo prioritario”.
I 5Stelle snobbano l’incontro, Di Maio ci va giù duro
Fonti 5 Stelle lamentano e commentano la presenza di Siri al tavolo del Viminale dicendo che “dimostra che è un incontro politico, non di governo, scevro da ogni carattere istituzionale”. E quindi, in altre parole, non vincolante, un ‘divertissement’ salviniano, che invece ci crede moltissimo.
Ma Di Maio capisce che la posizione del Movimento, rispetto al reato di ‘lesa maestà’ (il titolare del dicastero del Lavoro, in teoria, è lui…), e troppo debole e così sbotta: “Parlino pure con Siri, parlino pure con chi gli vuole proteggere le pensioni d’oro e i privilegi. Hanno fatto una scelta di campo, la facciamo pure noi! Per quanto mi riguarda, basta recite, pensiamo a governare!”. E, sulla flat tax aggiunge: “Se la Lega è pronta facciamola subito, anche prima di settembre. Basta che aiuti le famiglie normali e non si facciano scherzetti agli italiani”.
I sindacati, a loro volta, s’arrabbiano ma con Di Maio…
L’opposizione, nel senso di quella dem, che peraltro si sente assai ‘scippata’ della sua costituency (il dialogo con le parti sociali) prova a ‘buttarla in caciara’ e attacca senso e contenuti dell’incontro. Il segretario dem, Zingaretti dice: “La pagliacciata di oggi del vertice ombra di Salvini è una beffa a danno dei lavoratori e delle imprese”. Invece, Antonio Misiani, senatore e responsabile economico del Pd, su Twitter prova a fare ironia: “Al vertice di Matteo Salvini con le parti sociali è intervenuto l'ex sottosegretario Siri, indagato per corruzione. Rimane inspiegabile l’esclusione dall'incontro di Gianluca Savoini, il massimo esperto della Lega in materia di commercio internazionale...”.
Ma la vera reazione, la più piccata, arriva dai sindacati. Molto dura, infatti, è la risposta di Cgil, Cisl e Uil: davanti a Salvini non fanno una piega, invece attaccano… Di Maio. I tre sindacati confederali, in una nota unitaria, sottolineano “di essere stati convocati oggi dal vice presidente del Consiglio Matteo Salvini insieme ad altre 40 organizzazioni di rappresentanza in vista della prossima legge di bilancio, incontro peraltro ampiamente annunciato nei giorni scorsi. Appaiono, quindi – continua la nota - del tutto inaccettabili ed offensive, nei toni e nella sostanza, le osservazioni nei confronti dei sindacati avanzate oggi dal vice premier Di Maio, al quale ricordiamo che siamo stati ricevuti quindici giorni fa dal presidente del Consiglio Conte, insieme allo stesso vice premier Di Maio, e siamo ancora in attesa di ricevere la calendarizzazione degli incontri specifici, così come aveva garantito il presidente del Consiglio per affrontare i temi contenuti nella nostra piattaforma unitaria, illustrata peraltro già tre volte al presidente del Consiglio”.
Conte perde le staffe per il caso Savoini e per l’incontro
Ma se i sindacati si sentono irritati per ‘lesa maestà’, è la reazione proprio del premier Conte quella più furibonda. Il premier, già irritato perché, sui giornali di oggi, era uscita la ‘velina’ padana di un incontro tra lui e Salvini per parlare del ‘caso Russia’ e, soprattutto, perché Salvini lo giudica “scorretto” (“Ma come fa a dire una cosa del genere?!” è l’osservazione tra l’irritazione e l’incredulità di Conte) per la nota di palazzo Chigi che attribuiva solo a Salvini la responsabilità della presenza di Savoini alla cena con Putin (“la mia nota era stata concordata con Salvini nei dettagli”), quando scorre le agenzie di stampa e si accorge, dalle foto diffuse dall’entourage del leader del Carroccio, che si staglia la nitida figura di Armando Siri, seduto accanto a Salvini, perde le staffe: “È inaccettabile”, dice. Perché aveva già bollato l’annuncio del summit come una sgrammaticatura istituzionale, ma che – e in una posizione chiave - vi fosse proprio l’uomo dimissionato dal suo governo perché reo di reati, la misura, per Conte, è colma. Segue briefing con i suoi e la scelta di una linea durissima. “Se qualcuno pensa che non solo si raccolgono istanze da parte delle parti sociali, ma anticipa temi, dettagli di quella che ritiene dovrebbe essere la manovra economica, questo non è corretto affatto, si entra sul terreno di scorrettezze istituzionali”, tuona l’Avvocato del popolo, aggiungendo che “se è stato un incontro governativo la presenza di Siri non ci sta bene”. E, a quel punto, Conte tira fuori quegli ‘attributi’ che, a lungo, gli vengono rimproverati non avere. Risponde poi con un eloquente “perché no” alla domanda se Salvini dovesse presentarsi alle Camere per riferire sul Russiagate: “Tutte le occasioni e tutte le sedi, in primis il Parlamento, sono le sedi giuste per onorare le linee guida dell’assoluta trasparenza e dell’assoluta fedeltà agli interessi nazionali che ispirano il mio governo”.
In più, dal suo staff si risponde che non c’è bisogno di nessun incontro, Conte non ha nulla da chiarire perché tutto è già chiaro, non sono in agenda e nemmeno all’orizzonte vertici di governo a tre per spiegarsi: la manovra si fa tra il Tesoro e Palazzo Chigi, sulla Russia serve che la Lega faccia chiarezza. È, al momento, una ‘linea dura’ quella scelta dal premier, più che ‘irritato’ dalle mosse di Salvini. Morale: al voto anticipato non si andrà, ma i rapporti, dentro il governo e dentro la maggioranza, sono al livello di ground zero. Sarà un’estate calda e un inverno caldissimo.
di Ettore Maria Colombo
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