E il giorno dopo Matteo Salvini ripunta i riflettori sul tema numero uno del suo programma: la sicurezza. Ricorda che solo per le scuole sono stati spesi 2 milioni e mezzo. Il ministro dell’Interno e vicepremier si mostra tranquillo evidentemente perché sa bene che né sicurezza né immigrazione, i suoi vessilli numero uno, sono oggetto delle sforbiciate di Bruxelles. Continua a rassicurare Luigi Di Maio: «Non faccio cadere il governo per un sondaggio». Ma di fatto si riapre un altro fronte interno sulla giustizia. Perché Salvini ai Cinque Stelle ricorda, come del resto era nei patti, che non ci sarà nessun blocco della prescrizione «senza la riforma del processo penale». E osserva: «Sarà la riforma più complicata e complessa…». Perché secondo il ministro dell’Interno e vicepremier, mentre «la stragrande maggioranza degli operatori di giustizia tiene la politica fuori dai tribunali, c’è qualcuno che è ancorato a vecchi schemi e pensa di usare la toga per fare quello che gli italiani non hanno fatto in cabina elettorale».
Parole dure, sulle quali è difficile pensare non abbia pesato anche quell’attacco a freddo dei pentastellati sulla vicenda dei fondi del Carroccio. Ma intanto sulla manovra Salvini sembra essere il meno penalizzato nell’equilibrio dei rapporti di governo. Quota 100 per le pensioni, tema caro alla Lega, certo è stata ridimensionata. Ma la riforma della legge Fornero pur essendo un architrave del programma leghista non è per Salvini al primissimo posto come lo è invece il reddito di cittadinanza per Luigi Di Maio. La bandiera numero uno dei Cinque Stelle passa da circa 9 miliardi a 7. Un bel taglio. Di più: secondo i maliziosi ora il capo pentastellato, vicepremier e pluriministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, se la dovrà vedere anche con la “stella nascente” di Giuseppe Conte, il premier finito in primo piano per la trattativa con Bruxelles, che secondo il tam tam del Palazzo potrebbe essere un giorno il nuovo leader incoronato da Casaleggio, per evitare che Di Maio continui a perdere colpi sotto l’offensiva del protagonismo leghista. Comunque sia, Salvini il giorno dopo il vertice notturno con Conte, di ritorno da Bruxelles, e Di Maio dove Palazzo Chigi ha rassicurato che è stato trovato l’accordo su tutto, però, in vista dell’arrivo nelle prossime ore della manovra in Senato, avverte Bruxelles: «Mi auguro che la partita sia chiusa, abbiamo fatto quello che dovevamo fare. Mi auguro che a Bruxelles ci sia buon senso e non ci siano figli e figliastri, perché a noi ci contano anche i peli sul naso mentre i francesi possono spendere e spandere…».
Ma alla fine la marcia indietro che il governo giallo-verde è stato costretto a fare non sembra impensierire più di tanto il Carroccio, dove ai piani alti sembra che avessero già messo in conto di arrivare a un deficit intorno al 2 per cento. Salvini sull’Europa aveva già cambiato un po’ tono usando parole più concilianti e meno barricadere l’8 dicembre alla manifestazione di piazza del Popolo a Roma. E la Lega “di lotta e di governo” sta suscitando sempre più sospetti tra i pentastellati che vedono in Giancarlo Giorgetti, il potente sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, il campione numero uno di quella “Lega di governo” che mantiene rapporti con il Quirinale e Mario Draghi a Fancoforte, mentre Salvini si esercita di più nella parte della “Lega di lotta”, vera macchina da guerra acchiappavoti. Del resto, lo schema duale è da sempre una specialità leghista dai tempi di Umberto Bossi e Roberto Maroni. Resta il fatto che la Lega nazionale di Salvini, pur fortissima nei sondaggi, ora ha dovuto rialzare la guardia sul suo Nord, la sua storica base. Proprio per parlare a quelle categorie produttive deluse da una manovra dalla quale si aspettavano una vera flat tax, sembra che Giorgetti soprattutto per rassicurare il suo Nord abbia sferrato l’altra sera quell’attacco al reddito di cittadinanza, sul quale i Cinque Stelle masticano ancora molto amaro e cercano ora di recuperare con il taglio alle cosiddette “pensioni d’oro”, altra cosa che fa venire l’orticaria al Carroccio. Silvio Berlusconi mette il dito sul vero nervo scoperto dell’ancora alleato a livello locale. In un’intervista a Vittorio Amato dell’agenzia giornalista AdnKronos fa una secca bocciatura della manovra: «Il governo si rimangia le sceneggiate elettorali». E dopo aver ricordato che se verrà evitata la procedura d’infrazione “sarà solo una minima riduzione del danno”, il Cav avverte Salvini di non venir meno al “rispetto” delle promesse “fatte agli elettori di centrodestra”. Pena un giorno il rischio della perdita di consenso. Dice il Cav: «Salvini oggi gode di consenso personale grazie al suo dinamismo e alla sua capacità di intercettare alcuni umori dell’elettorato, ma commetterebbe un grave errore se ritenesse di poterlo mantenere pur continuando a venir meno alle attese degli elettori di centro-destra, dal taglio delle tasse, alla semplificazione burocratica, alle grandi opere». Per Berlusconi l’esecutivo invece sta andando nella direzione opposta al programma di quella coalizione di centrodestra «arrivata prima, ricorda, alle elezioni». E sottolinea ancora una volta che «questo governo non è stato scelto dagli italiani che non hanno votato questa maggioranza, l’ultimo governo scelto dagli italiani fu il mio nel 2008».
Il leader azzurro e ex premier dopo aver detto che secondo i sondaggi oggi «il centrodestra ha una maggioranza assoluta» e che quindi «sarebbe logico che un nuovo governo ne fosse l’espressione», tiene a precisare rispetto agli eventuali arrivi di altri grillini in un gruppo di responsabili: «Non si può assolutamente parlare davvero di campagna acquisti». Perché «parecchi di loro si stanno ponendo il problema di come salvare se stessi e l’Italia, attraverso scelte a favore del Paese». Dura sulla manovra anche la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni: «È partita male fin dall’inizio. I nostri voti non ci sono». Berlusconi rivela che con Salvini e Giorgia Meloni si è sentito in questi giorni e presto si deciderà sui candidati alle regionali. E assicura, dopo che c’erano state alcune polemiche a livello locale, che per lui la candidatura in Abruzzo di Marco Marsilio di Fratelli d’Italia “è la migliore”. Intanto, c’è attesa sull’eventuale presenza di Berlusconi al ricevimento al Quirinale di mercoledì 19 dicembre quando Sergio Mattarella (che parlando al corpo diplomatico ha criticato il sovranismo perché «i singoli paesi non vincono le sfide») farà gli auguri alle alte cariche istituzionali e ai rappresentanti delle forze politiche. Il Cav aveva detto, precisando però che si tratta solo di sue opinioni e non di quelle del Colle, che se questo governo andasse in crisi, alla fine secondo lui il capo dello Stato potrebbe optare per un esecutivo di centrodestra e non per nuove elezioni.
di Paola Sacchi
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