Sale sul palco accompagnato dalle note della celebre aria “Nessun dorma” dalla Turandot di Giacomo Puccini, mentre dalla piazza si accendono festanti fumogeni tricolori. Si era già affacciato per salutare il popolo leghista, indossando la felpa della Polizia, ora indossa un maglione e ascolta il grido del “Vincerò” con la mano sul cuore. «La vita è troppo breve per perdere tempo in odio e polemiche. Questa è una piazza di amore e speranza, lasciamo ad altri la violenza» dice lui, ecumenico, modello leader post-dc più che padano Matteo Salvini si mangia con gli occhi, dal palco di Piazza del Popolo, una piazza che va oltre le più rosee aspettative. Complice una giornata di sole, per quanto fredda, e la militare organizzazione leghista che ha portato in piazza 200 pulmann e tre treni da tutt’Italia per un totale di 10mila persone che, sommati ai leghisti ‘romani’ (nuova specie di militanza, mai vista prima) fa almeno 50 mila (per i leghisti, ovviamente, sono almeno il doppio), l’adunata voluta, fortemente, dal leader leghista è un vero successo.
E così, prima Martin Luther King, poi Alcide De Gasperi, quindi Papa Giovanni Paolo II sono le citazioni di Matteo Salvini: qualcuno potrebbe confonderlo con il Walter Veltroni del ‘ma anche’ o con il Jovanotti del “mondo come una grande Chiesa, da Che Guevara a madre Teresa”. Una trasformazione, quella di Salvini, davvero incredibile. «Come diceva il dottor King, non serve fare la guerra per farsi nemici, solo dire quello che si pensa». Poi arriva Gasperi, secondo cui un bravo politico non pensa alle prossime elezioni, ma alle prossime generazioni e, infine, Giovanni Paolo II, un uomo “che oggi alcuni giornalisti lo definirebbero un sovversivo, invece era un visionario”. Non mancano “il Santo Natale” e il “Santo Presepe” come se la Lega fosse diventata, appunto, un partito solo ‘cattolico’. «C’è bisogno di unità e di concordia» afferma il leader leghista, che si sofferma sul ‘buonsenso’ dell’azione di Governo: «Abbiamo cominciato il cammino giusto, se i portavoce di poteri forti sono contro di noi, vuol dire che stiamo facendo le cose giuste per 60 milioni di italiani. E non molleremo mai».
Poi, rivolto alle intemperanze e ai mugugni dell’elettorato del Nord, specie i ceti produttivi, che criticano la Lega dice: «Chiedo ai sindaci di essere uniti, marciare compatti, se stiamo insieme nessuno ci potrà fermare, marciando compatti non dobbiamo avere timore». Prima di Salvini, sul palco lo spazio è tutto per i ministri leghisti: prendono la parola, uno dietro l’altro, Bongiorno, che in pratica parla solo di questioni da “legge e ordine”, Bussetti (che fa l’elogio del crocefisso in classe), Centinaio, Fontana (che rivendica l’idea di mettere i crocefissi in tutte le scuole e urla “Occupiamoci di fare figli, non dei migranti!”), Stefani e Giorgetti, il solo a chiedere “buonsenso” nella trattativa con l’Unione europea, prima del discorso finale del “Capitano”, come lo acclama la folla. Il quale chiede, invece, alla ‘sua’ gente un vero e proprio “mandato a trattare” con la Ue «non come ministro ma a nome di 60 milioni di italiani che vogliono lasciare ai loro figli e nipoti un'Italia migliore. Se c’è il vostro mandato non abbiamo paura di niente e di nessuno». Né si risparmia l'attacco ai poteri forti (“Siamo nel giusto se sono contro di noi”) mentre arriva persino a ringraziare “Luigi” (Di Maio, ndr). Ma rispetto ai 5Stelle e alle polemiche sulla manovra economica manda un avvertimento ai naviganti: “Questo governo non introdurrà alcuna tassa”. Chiude evocando Papa Francesco - non sempre apprezzato dai leghisti - e chiede omaggio alla statua dell’Immacolata in piazza di Spagna (“Se qualcuno di voi vuole restare...”), dato che oggi è il giorno della Festa dell’Immacolata.
Non manca uno sguardo, però, al futuro dell’esecutivo: «Questo governo mantiene tutti i suoi impegni e dura 5 anni, giura Salvini, anche se pochi gli credono, e sarà giudicato dal numero di culle che tornano a riempirsi nel Paese, dal numero di bambini che nascono e tornano ad avere non un genitore 1 e 2 ma una mamma e un papà». Sulla manovra, i deputati leghisti si sono presentati in massa, a piazza del Popolo, anche se alla Camera erano in corso le votazioni finali sulla manovra, il vicepremier leghista assicura che “mette al centro non i poteri forti ma i cittadini, i piccoli e i dimenticati” e che “la tassazione non diventerà più gravosa per i cittadini perché “l’ultima cosa di cui hanno bisogna gli italiani sono nuove tasse” (si vedrà). Naturalmente c’è spazio per il dramma notturno occorso in una discoteca delle Marche dove Salvini deve rintuzzare anche le polemiche infuocate delle opposizioni che, dal Pd a FI, gli hanno chiesto di sospendere la manifestazione in segno di lutto e di rispetto verso le sei giovani vittime. «Non può essere una festa a Roma, afferma il vicepremier, se nella notte sei persone, sei ragazzi, sono rimaste vittime di una tragedia. Quella di oggi è una giornata di affetto, di abbraccio, di riflessione, di costruzione e di preghiera in cui ci stringiamo alle famiglie marchigiane, come a quella siciliane, venete, liguri e toscane, vittime di stupidità, incapacità e avidità». In piazza, però, si pensa poco alle tragedie altrui. Molte le bandiere, con la piazza romana che si tinge tutta di blu, nuovo colore della Lega, finito in soffitta il verde padano.
Gli altoparlanti diffondono musica natalizia, ma anche “Un mondo migliore” di Vasco Rossi (e, anche qui, niente più “Va pensiero”…), alternata a interventi tv di Salvini, i cui passaggi vengono tutti applauditi dalla folla. Tra gli striscioni spicca quello con su scritto “L’Italia non è una colonia” mentre sul palco c’è il titolo della manifestazione, condito dagli slogan “Sei mesi di buonsenso al governo”, “Prima gli italiani” e l’hashtag “Dalle parole ai fatti”. Sotto il palco un grande tricolore recita “Salvini-Lega, Grazie”. E “Sei mesi di buonsenso al governo” s’intitola - con vaghi echi berlusconiani sul ‘Contratto di governo con gli italiani’ - il pamphlet che la Lega stampa e fa distribuire in piazza del Popolo. Nel libricino c'è una introduzione in cui Matteo Salvini elenca i risultati da ottenuti da ministro dell’Interno. Insomma, l’autocelebrazione c’è. “Ora abbiamo rialzato la testa e non intendiamo più abbassarla” scrive il titolare del Viminale. A seguire, molti grafici sul calo degli sbarchi e le nuove norme introdotte dalla legge su sicurezza e immigrazione. Insomma, se il processo di ‘salvinizzazione’ della Lega si può dire ormai concluso, e con successo, quello di ‘santificazione’ del ‘Capitano’ è appena iniziato e sa tanto di ‘amore per il Capo’ lo stesso della vecchia FI per il Cav. Berlusconi che, peraltro, Salvini non cita mai, nel suo discorso, come se appunto non fosse più un attore in scena.
di Ettore Maria Colombo
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