Non ci sarà nessun calumet della pace, "stupefacente" o meno. Nonostante Salvini rassicuri l'ansimante platea di giornalisti dicendo che sono gli altri a voler «mandare a casa questo governo e a farci litigare», la situazione in casa Gialloverde, secondo quanto filtra da occhi e orecchie attenti, sarebbe da separati in casa o poco ci manca. E perché nessun divorzio allora? Ma per il piccolo, si intende. E se il bimbo in questione è il governo della Repubblica italiana c'è da stare allegri. L'ultima scusa per non mandarsele a dire è giunta dal disegno di legge depositato dal deputato M5S Matteo Mantero, dall'inequivocabile titolo: «Disegno di legge per legalizzare la coltivazione, la lavorazione e la vendita della cannabis e dei suoi derivati». Una battaglia, quella per la legalizzazione delle droghe leggere (denominazione per altro appianata dalla famigerata Bossi-Fini) che ha fatto più "morti" del colera. Tra i suoi strenui paladini si ricordano ovviamente le gesta del Radicalissimo Marco Pannella, e i suoi scioperi della fame e i suoi "lanci del panetto" nei comizi restano scolpiti nel libro mastro delle avventure repubblicane. Oggi il giovane Mantero, classe 1974, riporta in auge una questione che ha da sempre diviso il Paese. Il primo a rispondere all'atto, giudicato ai limiti dell'eversione, è stato uno dei fedelissimi del capitano leghista Matteo Salvini, il Ministro per la Famiglia e le Disabilità Lorenzo Fontana. Per l'uomo che non crede nelle famiglie arcobaleno, nemmeno fossero Ufo, e che odia la legge Mancino, la "fumosa" questione è «un tema che non è nel contratto del governo e che non è nell'agenda della Lega. Ci sorprende quindi che vengano presentati disegni di legge che sembrano più provocazioni che altro».
Provocazioni, appunto. Quelle che invoca Salvini come pretesto degli "altri" per far traballare il governo fino alla caduta. Passano due giorni di sostanziale silenzio prima che il vicepremier leghista si sbilanci sulla questione, forse perché infastidito dalle libertà che gli alleati iniziano a prendersi sotto al suo naso da dopo che il premier Conte aveva di fatto autorizzato lo sbarco di parte dei migranti a bordo della Sea Watch mentre il titolare del Viminale era in Polonia a rinsaldare l'asse con l'ultradestra in vista delle Europee. L'uomo che ha sigillato i porti e che ha trasformato la scena politica in una campagna continua di accalappiaggio del consenso, traccia una linea da non oltrepassare: «La proposta M5S sulla cannabis non passerà mai e non è nel Contratto». Questione di contratto, quindi, con più di un occhio all'elettorato del centrodestra appena uscito dallo shock della tanto improbabile alleanza con i grillini e di certo non propenso ad avallare un provvedimento tanto schierato. Intanto la deputata del Pd Giuditta Pini, tramite Facebook, centra un punto nevralgico della questione, domandandosi «se il M5s difenderà compatto la legge o piegherà la testa per tenere salda l'alleanza con la Lega per tenersi le poltrone». Mistero della fede.
di Alessandro Leproux
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