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Salvini usa la crisi libica per chiudere i porti alle navi italiane, Mare Jonio la prima indiziata



Mentre il ministro della Difesa Elisabetta Trenta sollevava la questione di una possibile "marea umana" che potrebbe riversarsi in Europa – e in particolare in Italia – qualora la crisi libica dovesse ulteriormente degenerare, con i "migranti" che diventerebbero "rifugiati", e quindi maggiormente tutelati dal diritto internazionale che, in materia, non lascia spazio a dubbi o interpretazioni, il titolare del Viminale, dal canto suo, prosegue sulla scia delle dichiarazioni rilasciate negli scorsi giorni, non solo confermando il blocco dei porti senza se e senza ma, ma aggiornando la vicenda con una ultima rivelazione. Una direttiva espressamente rivolta alla Mare Jonio, la nave della ong Mediterranea, un monito affinché si attenga alla normativa vigente in merito al «coordinamento delle attività di soccorso in mare e di idoneità tecnica dei mezzi impiegati» e rispetti «le prerogative di coordinamento delle autorità straniere legittimamente titolate ai sensi della vigente normativa internazionale al coordinamento delle operazioni di soccorso in mare nelle proprie acque di responsabilità dichiarate e non contestate dai paesi costieri limitrofi e non reiterino condotte in contrasto con la vigente normativa». Ergo, un invito, su carta bollata, perché la Mare Jonio non sovverta le indicazioni ormai chiare che provengono dal Viminale, che persiste nel considerare la Libia e la sua Guardia Costiera interlocutori credibili, a discapito degli appelli delle principali organizzazioni mondiali che vigilano sulla questione migratoria e sul rispetto dei diritti umani. Nella direttiva, appunto, si ricorda all'imbarcazione della ong italiana, che dopo la vicenda giudiziaria dello scorso mese aveva riottenuto il permesso a tornare in mare, di non ostacolare il meccanismo di salvataggio e presa in custodia dei migranti in acqua extraterritoriali da parte della Guardia costiera libica. Ma non solo, sfruttando la possibile impennata delle partenze in caso di guerra in Libia, con il rischio di infiltrazioni terroristiche tra quanti cercheranno rifugio verso l'Europa, il ministero dell'Interno sta gettando le basi, in analogia con quanto fatto dalla Francia con le frontiere italiane, perché le acque italiane possano essere off-limits anche per una imbarcazione italiana che dovesse operare in acque Sar di competenza di un altro Stato.


Ciò, oltre a confermare la linea Salvini, che vorrebbe sopravvivere anche all'escalation di violenza e caos che stanno investendo la Libia, evidenzia un difetto di comunicazione nella squadra capitanata da Giuseppe Conte, in cui due ministeri così interconnessi, come quello della Difesa e quello degli Interni, sembrano non solo avere due visioni opposte sul tema, ma mancare totalmente di comunicazione e comunione di intenti, relegando le questioni internazionali di massima importanza a spot elettorali.

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