Ho intervistato per Spraynews il professor Samuele Ciambriello, il passionale, attivissimo, coraggioso Garante dei Diritti dei detenuti della Regione Campania, mio amico e compagno di battaglie nonviolente in difesa degli ultimi della terra, che dopo aver segnalato per primo alla magistratura gli abusi del carcere di Santa Maria Capua Vetere, facendo partire le indagini che ora stanno per diventare un processo, ha appena, come il Ministero della Giustizia ed altri, chiesto di costituirsi in quel processo come parte civile. Abbiamo parlato della situazione carceraria e anche dello sciopero della fame che Rita Bernardini ha lanciato qualche giorno fa, come ci ha raccontato nell'intervista che mi ha concesso ieri.
Come Garante dei Diritti dei Detenuti campano, hai fatto richiesta di costituirti come parte civile nel processo per i pestaggi di Santa Maria Capua Vetere, ci puoi dire il perché della tua scelta?
Io l'ho ritenuto un dovere etico, civico e costituzionale, consequenziale al fatto che, come dicono i magistrati di Santa Maria, tutta l'indagine è partita da due mie denunce, una di carattere generale nei giorni successivi gli episodi di violenza, soprusi e torture del lunedì, sporta già il giovedì, e poi una seconda sentendo le testimonianze dei detenuti, nella quale ho segnalato il nome e cognome di quelli che erano stati picchiati e che avevano subito anche torture. Quindi questa è la motivazione: è chiaro che adesso aspetteremo il giorno 11 gennaio che la Corte si pronunci non solo sulla mia costituzione ma anche su quella del Ministero della Giustizia, del Garante Nazionale, dell'Associazione Antigone, dell'Associazione Il carcere possibile.
Ho l'impressione che il Ministro Cartabia e anche Draghi abbiano fatto dei passi importanti riguardo questa storia, come andare nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Tu cosa ne pensi, credi che siamo su una strada buona per il rispetto dei diritti?
Io sono grato alla magistratura di Santa Maria Capua Vetere, che nelle ore successive alla prima denuncia si è messa già in movimento, non ha insabbiato, non ha perso tempo. Poi sono grato al Governo e al Ministro della Giustizia che stanno dimostrando che non hanno nessuna intenzione di dimenticare, anzi loro con questa costituzione di parte civile stanno dicendo che è necessario esserci su fatti cosi gravi, su questo uso smisurato e insensato della forza, quindi questo è un aspetto molto positivo.
La Polizia Penitenziaria giustamente con i suoi vari sindacati dopo questi episodi ha detto: noi non siamo tutti così. Tu che ti confronti abitualmente con loro ti senti di confermare l'eccezionalità di questo episodio?
Innanzitutto i video delle telecamere di fronte alle quali gli agenti hanno picchiato i detenuti sono la spia che qualcosa non va nelle carceri e che servirebbero azioni ampie, di lungo periodo, di formazione del personale che ci lavora. Due cose che mi hanno letteralmente indignato: i magistrati dicono che tra i 295 che picchiavano i detenuti un solo agente si è frapposto fra di loro, un solo agente! Questo numero ci aiuta a riflettere. L'altra cosa è che non siamo riusciti a risalire agli autori dei reati perché incappucciati, perché con i caschi: allora mettiamo un numero identificativo sui caschi, ma non solo degli agenti di polizia penitenziaria quando entrano per ordine e sicurezza o per altre questioni nelle carceri, ma anche per chi deve gestire in generale l'ordine nelle piazze, come nelle manifestazioni. Auspico poi un indagine ampia, che servirebbe anche per capire cosa è successo negli istituti dove la pandemia ha esasperato la situazione: noi stiamo ancora con 14 morti tutti per overdose, dato poco credibile. Come mai le istituzioni ai vari livelli non si indignano per tutto questo? Non ci può essere giustizia non solo dove c'è abuso, ma anche dove ci sono le omissioni e la reticenza.
Ora, a scanso di equivoci, voglio però dire anche questo: l'anno scorso nei penitenziari della mia regione abbiamo avuto 9 suicidi e 162 tentativi di suicidio, e se non c'è stata una strage è stato per il pronto intervento degli agenti di Polizia Penitenziaria. O anche: adesso ho fatto una mostra di prodotti delle carceri avellinesi, e devo ringraziare l'area educativa, i comandanti della Provincia di Avellino, gli agenti. Io ho empatia con loro, come la ho con le cooperative con cui detenute e detenuti fanno i lavori. Dobbiamo stare attenti di non fare di tutta l'erba un fascio.
Quindi attenzione: il fatto di Santa Maria o altri piccoli fatti circoscritti (si sono aperti in 15 parti d'Italia indagini, a Firenze, a Torino e altre parti, anche nella mia stessa Campania, su singoli episodi) non devono lasciarci pensare che tutto è così: è il carcere che non va, e la pandemia ha esasperato la situazione. Io mi auguro in questo senso che il Ministro trovi il coraggio di prendere alcuni provvedimenti immediati e concreti.
Secondo te quali sarebbero quindi i provvedimenti più immediati e importanti che dovrebbero arrivare?
Primo, la liberazione anticipata da 45 a 75 giorni. Secondo, un giorno di libertà per ogni giorno di covid che il detenuto ha subito, perché anche le stesse persone all'esterno, dai docenti agli agenti, seppur non contagiati, stavano a casa loro in isolamento sanitario e venivano retribuiti. Ora, che tipo di ristoro puoi dare a migliaia di detenuti che hanno contratto il covid? Ci sono detenuti che sono stati più di 60 giorni in isolamento per covid. Questi provvedimenti li vedo immediati, e il terzo provvedimento, sull'onda di quello che si è provato a fare in tutta Europa, sarebbe un anno di libertà per chiunque. Quindi sono tre questioni di cui non si deve occupare un Parlamento e un Senato come se fossero amnistia o indulto, sono provvedimenti che uno può utilizzare per l'eccezionalità della pandemia.
A tal proposito, Rita Bernardini, insieme ad alcuni altri tra cui ci sono anch'io, o il tuo collega Garante piemontese Bruno Mellano, è partita con uno sciopero della fame proprio a sostegno delle detenute di Torino che fanno sciopero del carrello per chiedere l'approvazione della proposta di cui parlavi della liberazione anticipata. Tu ti senti di sostenere questa iniziativa?
Guarda io piuttosto che partecipando allo sciopero della fame sarei sodale facendo altre iniziative. L'anno scorso ad esempio, proprio in questo periodo, il 19 dicembre, davanti a Poggioreale, con don Franco Esposito, gli altri cappellani e il Garante di Napoli Pietro Ioia abbiamo organizzato una manifestazione.
Voglio però far notare una cosa bella: che ancora una volta sono le donne delle carceri, in questo caso di Torino, a mettere in campo una mobilitazione non violenta. Come Conferenza Nazionale dei Garanti abbiamo espresso solidarietà a loro e quindi anche noi chiediamo, come le donne detenute, all'amministrazione penitenziaria e al Ministro di passare dalle buone intenzioni a fatti concreti. Ora che è un anno che sono scoppiate le rivolte, piuttosto che pensare al complottismo del chi c'è dietro pensiamo a questi aspetti positivi.
Allora solidarietà a loro, e ai tanti detenute e detenuti che anche in questi giorni di Natale stanno facendo manifestazione perché la magistratura di sorveglianza possa essere efficace nei provvedimenti e perché il Governo possa passare dalle buone intenzioni a fatti concreti: mi sembra più giusto vivere così un criterio di solidarietà. E poi solidarietà a Rita Bernardini che invitiamo spesso in Campania per quello che fa, però anche qua voglio dire: l'altra volta Rita ha fatto un mese di sciopero, il Ministro l'ha alla fine ricevuta, ma non sono arrivati i risultati sperati, solo qualche piccola cosa, per quanto importante. Ecco perché io dico che il mio messaggio è: caro Ministro tra il dire e il fare non c'è più di mezzo il mare, tra il dire e il fare anche delle buone intenzioni c'è di mezzo il coraggio! Quindi abbia coraggio che noi siamo con lei!
Di Umberto Baccolo.
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