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SANREMO: ATTI OSCENI


di Michele Lo Foco

Esiste, e non è escluso per i dirigenti Rai, il bene collettivo del pubblico pudore, vale a dire quel sentimento di riservatezza in ordine a ciò che attiene alla morale sessuale.

Si applica la reclusione da tre mesi a tre anni a chi:

1) Adopera qualsiasi mezzo di pubblicità atto a favorire la circolazione o il commercio degli oggetti indicati

2) Da’ pubblici spettacoli teatrali o cinematografici, ovvero audizioni o recitazioni pubbliche, che abbiano carattere di oscenità.

L’oscenità viene a realizzarsi qualora le opere rappresentino manifestazioni della sfera sessuale con modalità espresse, simboliche o verbali anche durante spettacoli destinati alla riproduzione cinematografica.

Il reato è anche considerato “di pericolo” quando esista anche solo la possibilità che i minori assistano agli atti osceni.

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Rimettiamo i fatti nell’ordine giusto:

a) Il festival di Sanremo è l’appuntamento televisivo più importante dell’anno. Viene trasmesso su RaiUno per cinque serate e pubblicizzato massicciamente.

b) Dovrebbe essere una competizione canora preceduta da una selezione effettuata dal direttore responsabile

c) La trasmissione è tradizionalmente a carattere familiare, fatto questo sottolineato nel lanciamento del programma.

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Quest’anno, per raggiungere il massimo dello share possibile, la Rai ha scelto un sistema sicuro: lo scandalo, ottenuto tramite la presenza, pagata a cifre pazzesche, di tutti coloro che della provocazione hanno fatto un mestiere.

E come si crea scandalo? Facilmente tramite la nudità, le deviazioni sessuali, le invettive verbali, le parole delle canzoni, la violenza.

Amadeus ha utilizzato questi sistemi, ovviamente studiati a tavolino e lì ha scientificamente messi in pratica, disinteressandosi delle conseguenze, della scia di polemiche, dell’eco mediatico, delle ripercussioni sociali.

Si è servito di coloro che di scandalo si nutrono ed in particolare della famiglia Ferragni, che ormai certa del proprio sistema, non ha lesinato oscenità: prima lei nuda, e non è un grande spettacolo, poi lui in penetrazione anale e lingua in bocca con un tizio non propriamente riservato, poi sempre lui scatenato ad insultare un viceministro e un onorevole dell’attuale governo, come se dalla sua condizione di nano tatuato potessero scaturire autorevoli critiche.

Ma non basta tutto questo: a peggiorare il reato Amadeus ci mette i suoi commenti, frutto della arroganza dello share, e dice al ministro Salvini “se non gli piace Sanremo non lo guardi” e successivamente “da qualunque critica mi difende lo share”. Amadeus pertanto, e con lui Coletta, pensano che lo share sia lo scudo di Rai Uno, e non si rendono conto che la Rai deve fare “servizio pubblico” e non solo ricoprire di soldi i Ferragni.

Lo share è la pasticca di “estasi” che ha preso il presentatore e che non gli fa più capire nulla.

Foto sui giornali, la moglie arrazzatissima, interviste ovunque.

Una follia che non ha ragion d’essere, frutto di un equivoco: la televisione non è il campo da golf di Lucio Presta, il cui lavoro, la cui funzione, sono ancora da accertare legalmente, come spiega bene l’ultimo libro del prof. Assumma.

Solo in Rai gli agenti ricevono conferma della loro esistenza e vengono ricoperti di soldi: un giorno qualcuno capirà il perché.

Quello che invece è certo è il reato di pubblicazioni e spettacoli osceni, che con l’aggravante del pericolo che minori possano assistere agli atti osceni porta la pena massima a quattro anni e sei mesi.

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