Scotto, Massimo D’Alema dixit. Articolo Uno si sta riavvicinando al Pd e progetta un ritorno alla casa madre?
Stiamo parlando di una festa, che facciamo ogni anno e, dentro quell’annuale momento di festa e di condivisione, ciascuno ha manifestato il proprio pensiero, rispetto agli appuntamenti del 2022. Ha parlato D’Alema, ha parlato Pier Luigi Bersani, ha parlato Roberto Speranza, ci ha fatto un grande regalo Maurizio De Giovanni. Noi siamo un’organizzazione politica democratica e tutte le decisioni le prenderemo in sede congressuale, in piena autonomia rispetto al Pd e a tutti i soggetti politici. Fatta questa doverosa premessa, mi riesce difficile capire come una non notizia sia diventata virale. Capisco che, a cavallo di Capodanno, le notizie scarseggiano e qualcosa si deve pur dire, ma noi è da maggio, che abbiamo stabilito e intrapreso il percorso delle agorà, lanciate dal segretario del Pd Enrico Letta. Non c’è, quindi, nessuna novità particolare. A valle di questo percorso, decideremo se ci sono le condizioni per costruire insieme al Pd una nuova casa progressista.
Nel caso, tornereste a far parte del Pd solo perché credete nel progetto del segretario o anche perché quello di Articolo Uno non è decollato?
Tralasciando il fatto che personalmente al Pd non sono mai stato iscritto, il tema non è il fallimento, ma le novità politiche oggettive rispetto alle stagioni precedenti, dall’abbandono della vocazione maggioritaria al dialogo con il M5s e ad alcune scelte coraggiose sul piano economico e sociale. Con queste novità bisogna farci i conti e, forse, il merito è anche di chi, come Articolo Uno, in questi anni ha lavorato da fuori per spostare l’asse del centrosinistra in una direzione diversa, rispetto agli anni bui del renzismo.
Sui Cinquestelle voi siete stati in qualche modo premonitori?
Quando dieci anni fa noi dicevamo che bisognava aprire un dialogo, venivamo presi per matti dai Cinquestelle e anche dal Pd. Oggi mi pare sia un dato acquisito l’esistenza strutturale di un’alleanza progressista e la ricomposizione di un campo unitario anche con Il M5s. Quando noi dicevamo che bisognava investire sul Governo giallorosso, quella scelta allora era contrastata, mentre oggi, è, invece, data per acquisita. Il prossimo schieramento di centrosinistra sarà composto dalle forze tradizionali e dal Movimento Cinque Stelle. Questa è una novità positiva, che è frutto anche della nostra azione. Mi riesce, quindi, difficile parlare di fallimento.
Veniamo, nello specifico, a Massimo D’Alema che ha detto che oggi la riconfluenza è possibile, perché il Pd è guarito dalla malattia del renzismo. Anche per lei quella del renzismo è stata una malattia?
Io so che quella è stata una stagione negativa per la sinistra italiana. Lo dicono non solo i risultati elettorali, ma anche le tante scelte, che hanno prodotto una frattura con il mondo del lavoro e con larghi strati della società. Penso, ad esempio, al job act e al tentativo, fortunatamente respinto, di forzare per via referendaria la Costituzione per andare verso un modello di presidenzialismo mascherato. Oggi quella stagione si è chiusa e ci sono le condizioni potenziali per una ricomposizione del campo progressista.
La strada intrapresa da Articolo Uno mi pare conduca, al di là delle necessità di sciogliere via via i nodi, a un ricongiungimento. Le chiedo se pensa che saranno solo rose e fiori, considerando che, forse, qualcuno a questo vostro rientro è contrario, come, probabilmente, quei renziani, che hanno scelto di restare nel Pd.
Chiariamoci. Qui nessuno sta fuori la porta a bussare. C’è la politica, ci sono le scelte, ci sono le novità, che noi misureremo. Noi non vogliamo confluire. Noi vogliamo influire sulla linea politica di un rinnovato campo progressista. Non credo che qualcuno ci chiederà il green pass per entrare. Da parte nostra, formalmente e legittimamente, decideremo, se ci sono le condizioni. Se ci saranno, bene, se non ci saranno, faremo altro. Non credo, comunque, che ci siano veti e, comunque, non li accetteremo mai.
Scotto sia sincero, che effetto le ha fatto la reazione, per così dire plateale, di Renzi, dopo che D’Alema aveva definito il renzismo una malattia?
Renzi scatta sempre quando sente la parola D’Alema, perché evidentemente, non avendo più nulla da dire, si attacca a D’Alema. E’ il riflesso condizionato di un uomo politico che mi pare sia orientato, in questo periodo, a flirtare con la destra per l’oggi e per il domani. Non vale neppure la pena di commentarlo e, se lui pensa di recuperare un briciolo di consenso polemizzando con Massimo D’Alema e con noi, evidentemente è politicamente alla disperazione. E’ un problema che potrà risolvere solo, guardandosi allo specchio e ripensando a tutti gli errori che ha commesso.
di Antonello Sette
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